lunedì 21 aprile 2008
ARIA NUOVA!
Adesso ognuno, dopo aver riflettuto a mente fredda, può prendersi le sue responsabilità e sciegliere cosa fare.
Arrendersi a Silvio e all'odio legista e lasciare il suo destino delle mani della sterile e morbida opposizione del PD.
L'idea di una sinistra non omologata al sistema di cose presenti ha bisogno della partecipazione e del contributo di ognuno come ogni sfruttato ha bisogno di una sinistra forte presente e radicata.
SCEGLI!
MA SAPPI CHE ANCHE LA NON AZIONE E' UNA SCELTA,
UNA SCELTA CHE EQUIVALE A CONSEGNARSI A Silvio e al PD.
Passa il documento Ferrero - Grassi. Ora il Comitato di garanzia fino al Congresso
Il Comitato politico nazionale di Rifondazione comunista ha approvato il documento con il quale si comporrà il comitato di garanzia che guiderà il partito sino al congresso. Ha avuto la meglio, con 98 voti, il documento presentato dal ministro Paolo Ferrero e dal senatore Claudio Grassi che ha battuto quello presentato dalla segreteria fermo a 70 consensi. Il documento presentato dall'aerea dell' 'Ernesto' ha preso invece 16 voti, quello di Bellotti 5, e quello di Franco Russo 1. Faranno parte del comitato di garanzia, in quota proporzionale rispetto ai risultati del comitato politico nazionale, 12 elementi di cui 6 dell'area che ha presentato il documento presentato da Ferrero e Grassi, 5 dell'area dell'ex segretario Giordano e uno dell'area dell'Ernesto. Il Cpn ha anche approvato a larga maggioranza un dispositivo che prevede l'elezione del comitato di garanzia "per dare continuità all'attività ordinaria del partito". Fissati anche i giorni del congresso nazionale dal 17 al 20 luglio: il dispositivo stabilisce infine che per il 3 e 4 maggio venga convocato un altro Comitato politico nazionale "per la definizione della modalità del percorso congressuale".
il documento:
La sconfitta elettorale che abbiamo subito nelle elezioni
del 13 e 14 aprile ha dimensioni storiche. Per la prima
volta nell’Italia repubblicana la sinistra non è
rappresentata in Parlamento. Tutto questo mentre la destra
populista di Berlusconi vince con grande consenso popolare e
al suo interno una forza xenofoba come la Lega raddoppia i
suoi consensi cambiando ulteriormente il panorama politico
del nord Italia.
Le cause della nostra sconfitta vanno indagate a fondo
perché riguardano l’essenziale, cioè il nostro
rapporto con la società, con i mutamenti sociali di fondo.
Non si esce dalla situazione in cui siamo senza un
approfondito lavoro di inchiesta, di lettura partecipata
delle dinamiche sociali. Questo lavoro dovrà
caratterizzare il nostro impegno politico nella prossima
fase. Riteniamo infatti che il punto centrale che ha pesato
sul negativo risultato elettorale è il fatto che nel
concreto contesto politico, istituzionale e sociale, non è
stata riconosciuto l’utilità sociale della sinistra.
E’ quindi sulla nostra utilità sociale, sul ruolo che la
sinistra ha nella società che occorre riflettere e
proporre per rientrare in gioco.
Nell’immediato non si può non vedere come abbia pesato
negativamente la nostra incapacità di utilizzare la
presenza in maggioranza e la partecipazione al governo per
dare una risposta ai principali problemi sociali del paese.
La risicata vittoria del 2006 non chiedeva solo, per avere
un senso, la sconfitta di Berlusconi, ma anche la sconfitta
delle politiche berlusconiane. Il governo e la maggioranza
nel loro operare concreto non hanno risposto a questa
esigenza e si sono al contrario piegati alle esigenze dei
poteri forti su tutte le principali questioni sociali:
redistribuzione del reddito, lotta alla precarietà,
tassazione delle rendite, laicità dello stato per non fare
che alcuni esempi. La nostra azione politica si è mostrata
inefficace e in questo contesto è maturata la non
percezione dell’utilità sociale della sinistra. Si è
così consumata una crisi, la cui profondità non abbiamo
saputo vedere, del nostro rapporto con il paese reale e in
particolare con i movimenti e con le lotte. L’utilità
dell’esperienza di governo come possibilità per
invertire le politiche degli ultimi quindici anni si è
rivelata, alla luce dei fatti, impossibile da realizzare e
la nostra permanenza nel governo si è trasformata in un
problema sia per noi che per i movimenti.
A questo si è sommato il sistema elettorale bipolare e la
campagna mediatica sul voto utile portata avanti non solo
dai PD e PdL ma dal complesso dei mezzi di comunicazione di
massa. Le elezioni sono state cioè un punto di passaggio
per la costruzione di quel bipolarismo tra simili che è
l’obiettivo delle classi dominanti di questo paese da
almeno un quindicennio. Rendere le istituzioni impermeabili
al conflitto sociale e rendere la politica uno strumento
inservibile per l’emancipazione degli strati subalterni
è l’obiettivo di questo bipolarismo che ha agito
pesantemente nella campagna elettorale.
E’ evidente inoltre che il modo in cui ci siamo presentati
alle elezioni non ha funzionato. Di questo mancato
funzionamento si danno letture tra di loro diverse e persino
diametralmente opposte, ma il punto politico fondamentale
è che comunque l’operazione è fallita, e che agli
occhi di tutti è risultata una operazione politicista che
non ha intercettato la crisi sociale.
Il complesso di questi elementi, l’incapacità a
trasmettere l’utilità sociale di una nostra
affermazione, ha fatto si che noi abbiamo perso voti in
tutte le direzioni: verso il non voto da parte di chi pensa
che “siete tutti uguali”.
Verso il PD da parte di chi, pur condividendo i nostri
contenuti, ha ritenuto quello un voto più utile per
battere Berlusconi.
Addirittura verso la Lega da parte di ceti proletari che
sentendosi non difesi dalla sinistra hanno pensato che visto
che non si riescono a cambiare con un’azione generale le
cose più importanti, almeno si migliorano le cose “a
casa propria”.
Ripartire dal sociale
Questa sconfitta storica non è avvenuta in una fase di
stabilizzazione economica e sociale. Noi non siamo dentro un
ciclo di crescita economica che riduce le contraddizioni
sociali. Al contrario siamo in una fase di crisi, con una
insicurezza sociale e personale che sfiora l’angoscia. In
quel sentirsi soli di fronte al pericolo è stato sconfitto
il nostro progetto e la destra ha vinto le elezioni.
Il punto è però che queste contraddizioni nella prossima
fase sono destinate ad aumentare. Problemi di salario,
precarietà, casa, ristrutturazione mercantile del welfare,
aggressione del territorio e sua militarizzazione, sono
destinati ad aumentare. Il nodo è se di fronte a questo
inasprirsi della crisi sociale sarà la destra populista a
farla da padrona con la proposta della guerra tra i poveri e
la costruzione di capri espiatori, oppure se saremo in grado
di ricostruire forme di solidarietà, di conflitto, di
movimento, capaci di ricostruire una identità e una
utilità sociale della sinistra.
A partire da questo punto di fondo occorre definire
attraverso quali strumenti si riorganizza il campo politico
della sinistra. E’ infatti evidente che il rischio che
stiamo correndo è che, dopo la sconfitta nella società,
ci sia la disgregazione del tessuto militante e l’
evaporazione della sinistra politica in una babele di
linguaggi e di proposte.
Il punto non è quindi l’accelerazione non si sa bene
vero che cosa, ma la definizione di percorsi concreti, che
ridiano un senso di appartenenza ad una comunità e che
siano efficaci socialmente.
1 - In primo luogo occorre rilanciare il PRC come corpo
collettivo. Il tema della rifondazione comunista non sta
dietro di noi ma dinnanzi a noi nella sua dimensione di
progetto politico, culturale, sociale e nella sua dimensione
comunitaria. Riattivare il Partito della Rifondazione
Comunista come progetto politico necessario alla sinistra in
Italia per l’oggi e per il domani è un punto decisivo da
cui non si può prescindere, in tutti i suoi aspetti, dal
tesseramento all’iniziativa sociale, politica e culturale.
Riattivare il Partito della Rifondazione Comunista dando
certezze alle donne e agli uomini che hanno scelto di
appartenere a questa comunità e dunque sgombrando il campo
dalle ipotesi di dissolvenza e superamento, che hanno
connotato la fase che abbiamo alle spalle, si sono
esplicitate durante la campagna elettorale, contribuendo al
disorientamento e alla demotivazione.
Riattivare Rifondazione Comunista, riaffermando un’etica
della politica, nella coerenza tra ciò che si enuncia e
ciò che si pratica come nel quotidiano esercizio e
rafforzamento della democrazia interna, rilanciando il
percorso di Carrara. Riattivare il conflitto di genere
dentro il partito, perché diventi realmente un soggetto
sessuato in cui le donne non siano né fiori
all’occhiello, né quote. Un partito che assuma il
femminismo come punto di vista da cui rileggere il mondo e
si faccia attraversare quotidianamente dalla critica delle
donne alla politica. Occorre sapere con precisione che il
PRC è strumento indispensabile ma non sufficiente per la
ricostruzione di una ampia sinistra anticapitalista in
questo paese. Indispensabile e non sufficiente: i due
termini non delineano uno spazio geometrico ma una cultura
politica da cui siano banditi tanto il settarismo quanto il
liquidazionismo.
2 - Contemporaneamente occorre porsi il compito di
riaggregare il campo della sinistra. La domanda di unità
che è emersa nel corso della campagna elettorale e che
emerge oggi va raccolta perché è una grande risorsa per
uscire dalla sconfitta. Il PRC è indispensabile ma non
sufficiente, sia perché la sinistra politica è più
ampia dei soli comunisti, sia perché le forme concrete di
impegno a sinistra vanno ben oltre quelle codificate
dall’appartenenza ad un partito. Movimenti, comitati,
collettivi, associazioni, militanza sindacale, vertenze
territoriali ed ambientali: mille sono i modi in cui si fa
politica oggi a sinistra. Pensiamo solo a cos’è il No
Dal Molin a Vicenza o il No TAV in Val di Susa.
Aggregare quindi il campo della sinistra a partire dalla
valorizzazione di ciò che, a tutti i livelli, esiste e
delle esperienze innovative che in questi anni ci sono
state: basti pensare alla Sinistra Europea che proprio su
questa idea è nata e ha fatto i suoi primi passi in questi
anni.
Ripartire dalla costruzione di spazi comuni della sinistra,
di forme concrete di lavoro di inchiesta, di lavoro politico
sociale e culturale sul territorio per costruire un
percorso, non fagocitato da scadenze elettorali, che punti
alla costruzione. dell’unità possibile di tutte le forze
disponibili sulla base di contenuti, obiettivi, pratiche
realmente condivisi. Un percorso unitario rivolto a tutti
coloro che hanno sostenuto la Sinistra Arcobaleno e non
solo. Un processo di aggregazione unitario che eviti la
spaccatura tra chi propone la costituente della sinistra e
chi propone la costituente comunista. Sono due proposte che
frammenterebbero ulteriormente la sinistra, avrebbero
effetti disgregatori nello stesso corpo di Rifondazione, il
cui progetto politico è per noi prioritario rilanciare,
dividerebbero la nostra gente sulla base di riferimenti
ideologici privi di una consistente base politica. Due
proposte che non affrontano il nodo principale: come
ricostruire l’utilità sociale della sinistra.
Occorre partire subito con un percorso di riaggregazione, le
cui forme e modalità saranno riconsegnate alla libera
discussione di tutte e di tutti nel percorso congressuale,
che non commetta gli errori di politicismo e di verticismo
che abbiamo avuto nella fase precedente. La sinistra può
nascere solo come strumento di partecipazione, solo se le
sue organizzazioni sono guidate dai principi democratici e
dalla trasparenza, senza il predominio degli apparati, con
le loro logiche di cooptazione. Per questo indichiamo la
costruzione di una discussione, sia interna al partito che
coinvolgente tutta l’area della sinistra arcobaleno, come
priorità politica delle prossime settimane. Occorre
riprendere la discussione.
Indichiamo parimenti la partecipazione a tutte le
manifestazioni del 25 aprile e del 1° maggio presenti sul
territorio con u messaggio chiaro:
La destra populista cresce sui bassi salari, sulla
precarietà, sulla mancanza di case e di servizi.
Costruiamo l’opposizione sociale al governo Berlusconi.
Imma Barbarossa, Roberta Fantozzi, Loredana Fraleone, Fabio
Amato, Ugo Boghetta, Bianca Bracci Torsi, Stefania Brai,
Alberto Burgio, Maria Campese, Giovanna Capelli, Guido
Cappelloni, Carlo Cartocci, Bruno Casati, Aurelio Crippa,
Paolo Ferrero, Eleonora Forenza, Claudio Grassi, Ramon
Mantovani, Laura Marchetti, Citto Maselli, Giovanni Russo
Spena, Bruno Steri, Luigi Vinci
venerdì 18 aprile 2008
Fino al Cuore della Rivolta
Ecco finalmente il programma della versione primaverile del festival della Resistenza “Fino al cuore della rivolta”. Quest'anno la mostra sarà dedicata alla fotografia, con una installazione tratta dai nostri archivi audiovisivi, che s’inaugura sabato 19 aprile con “I giorni cantati di Calvatone e Piadena" in concerto. Il 25 aprile ci sarà l'ormai tradizionale concerto con i gruppi musicali (Mosche da Bar, Movimento Unico Sud, Tandarandan, Antonio Lombardi, Apuamater, Les Ondes Martenot) che divideranno il palco con gli interventi dei partigiani e delle partigiane. Il 63° Anniversario della Liberazione si tinge in questi giorni di un significato particolare. Il nostro motto sarà ancora una volta: «ora e sempre Resistenza!» (Per il programma completo vai alla pagina del sito)
martedì 15 aprile 2008
...e il bello deve arrivare!
Adesso si possono fare solo due cose: o chinare il capo, arrendersi alzare bandiera bianca,
oppure darsi una svegliata, alzare la testa e cominciare a lottare.
Anzitutto ognuno potrà farsi un esame di coscienza e vedere se ha fatto il possibile,
se ha fatto la cosa giusta.
Ognuno, perché le responsabilità qui sono di tutti, in particolare di chi ha dato sempre troppo per scontata la presenza di una opposizione di sinistra all'attuale sistema di cose presenti.
Poi verranno i processi hai Responsabili, nel senso di dirigenti, ma chi ha votato Pd o non ha votato è così a posto?
Lottare!
adesso toca rimboccarsi e Lottare fare agire, ma per cosa?
Per tutto!
Per tutto perché adesso come adesso non abbiamo nulla da perdere e tutto da conquistare.
Adesso è il momento di ripensare la sinistra fare i conti con il passato, ma sopratutto è il momento di scavare le trincee per non lasciare all'odio alla paura all'intolleranza il nostro paese.
Il Pd è l'opposizione necessaria per contrastare lega e pdl, ho qualche dubbio!
continua...
domenica 13 aprile 2008
Un'indegna campagna di demonizzazione della Repubblica Popolare Cinese è in corso
Si agita la bandiera dell’indipendenza (talvolta camuffata da «autonomia») del Tibet, ma se questo obbiettivo venisse conseguito, ecco che la medesima parola d’ordine verrebbe lanciata anche per il Grande Tibet (un’area tre volte più grande del Tibet propriamente detto) e poi per il Xinjiang, per la Mongolia interna, per la Manciuria e per altre regioni ancora. La realtà è che, nel suo folle progetto di dominio planetario, l’imperialismo mira a smembrare un paese che da molti secoli si è costituito su una base multietnica e multiculturale e che oggi vede convivere 56 etnie. Non a caso, a promuovere questa Crociata non è certo il Terzo Mondo, che alla Cina guarda con simpatia e ammirazione, ma l’Occidente che a partire dalle guerre dell’oppio ha precipitato il grande paese asiatico nel sottosviluppo e in un’immane tragedia, dalla quale un popolo che ammonta ad un quinto dell’umanità sta finalmente fuoriuscendo.
Sulla base di parole d’ordine analoghe a quelle oggi urlate contro la Cina, si potrebbe promuovere lo smembramento di non pochi paesi europei, quali l’Inghilterra, la Francia, la Spagna e soprattutto l’Italia, dove non mancano i movimenti che rivendicano la «liberazione» e la secessione della Padania.
L’Occidente che si atteggia a Santa Sede della religione dei diritti umani non ha speso una sola parola sui pogrom anticinesi che il 14 marzo a Lhasa sono costati la vita a civili innocenti compresi vecchi, donne e bambini. Mentre proclama di essere alla testa della lotta contro il fondamentalismo, l’Occidente trasfigura nel modo più grottesco il Tibet del passato (fondato sulla teocrazia e sulla schiavitù e sul servaggio di massa) e si prosterna dinanzi a un Dio-Re, impegnato a costituire uno Stato sulla base della purezza etnica e religiosa (anche una moschea è stata assaltata a Lhasa), annettendo a questo Stato territori che sono sì abitati da tibetani ma che non sono mai stati amministrati da un Dalai Lama: è il progetto del Grande Tibet fondamentalista caro a coloro che vogliono mettere in crisi il carattere multietnico e multiculturale della Repubblica Popolare Cinese per poterla meglio smembrare.
Alla fine dell’Ottocento, all’ingresso delle concessioni occidentali in Cina era bene in vista il cartello: «Vietato l’ingresso ai cani e ai cinesi». Questo cartello non è dileguato, ha solo subito qualche variante, come dimostra la campagna per sabotare o sminuire in qualche modo le Olimpiadi di Pechino: «Vietate le Olimpiadi ai cani e ai cinesi». La Crociata anticinese in corso è in piena continuità con una lunga e infame tradizione imperialista e razzista.
Domenico Losurdo, filosofo
Gianni Vattimo, filosofo
Luciano Canfora, storico
Carlo Ferdinando Russo, direttore della rivista "Belfagor"
Angelo d’Orsi, storico
Ugo Dotti, storico della letteratura italiana
Guido Oldrini, filosofo
Massimiliano Marotta, presidente della Società di studi politici
Federico Martino, storico del diritto
Fosco Giannini, senatore PRC, direttore della rivista “l’Ernesto”
Fausto Sorini, membro del Comitato politico nazionale del PRC, direzione area “l’Ernesto”
Sergio Cararo, direttore della rivista “Contropiano”
Alessandro Leoni, Segreteria regionale toscana PRC
Valter Lorenzi, Rete nazionale “Disarmiamoli!”
Luca Gorlani, educatore, Chiari (BS)
Marco Benevento, Direttivo FIOM Roma Nord
Manlio Dinucci
Luciano Vasapollo, docente Università La Sapienza, Roma
Stefano G. Azzarà, Università di Urbino
Filippo Lai, ricercatore, Cagliari
Pilade Cantini
Vincenzo Simoni, Segretario nazionale dell’Unione Inquilini
Alfredo Tradardi, ISM-Italia
Francesco Zardo, giornalista e scrittore
Marie-Ange Patrizio, psicologa e traduttrice, Marsiglia
Giancarlo Staffolani, Collettivo “B. Brecht”, Veneto orientale
Andrea Fioretti, FLMU-CUB Sirti/assemblea lavoratori autoconvocati
Andrea Martocchia, astrofisico, INAF-IASF Roma
Serena Marchionni, bibliotecaria, Fac. Matematica, Università di Bologna
George Philippou, Atene
Luigi Pestalozza, musicologo
Libero Traversa, della redazione di “Marxismo Oggi”
Sergio Manes, editore (La Città del Sole)
Antonella Ghignoli
Andrea Parti
Aldo Cannas, Cagliari
Hisao Fujita Yashima, professore associato di Analisi Matematica, Università di Torino
Marco Ghioti
Leo Giglio
Armando Gattai, Prato
Niccolò Zambarbieri, Giovani Comunisti di Pavia
Claudio Del Bello, editore (Odradek)
Lin Jie
Mauro Gemma, redazione di Resistenze.org
Antonio Ginetti, Pistoia
Riccardo Fabio Franchi, studente, Bologna
Silvio Marconi, antropologo, operatore di cooperazione allo sviluppo e intercultura, Roma
Francesco Saverio de Blasi, ordinario di Analisi Matematica, Universita' di Roma "Tor Vergata
Claudia Cernigli, giornalista, Trieste
Z. Shiwei
Edoardo Magnone, chimico, Italy-Japan Joint Laboratory on Nanostructured Materials for Environment and Energy (NaMatEE) and "Research Center for Advanced Science and Technology" (RCAST), University of Tokyo
Rosanna Deste
Marco Costa – PRC, Assessore ai Lavori Pubblici, Comune di Busana (RE)
Fulvio Grimaldi, giornalista
Antonio Casolaro, Caserta
Antonio Caracciolo, ricercatore di Filosofia del Diritto, Università di Roma La Sapienza
Alessandra Orlandini, infermiera, Ancona
Gianni Monasterolo, musicista e poeta
Stefano Franchi, segreteria PRC Bologna
Marina Minicuci, giornalista
Francesco Maringiò, coordinamento nazionale Giovani Comunisti/e
Adriano Benayon, Brasília, Brésil
Francesco Rozza, Caserta
Gian Mario Cazzaniga, professore di Filosofia morale, Università di Pisa
Annie Lacroix-Riz, storica
Simone Bruni, operatore e mediatore socio-culturale per Arci Toscana
giovedì 10 aprile 2008
Gravissimo episodio a Massa
L’aggressione, che e’ costata sette giorni di prognosi aggiornabile al rappresentante del Carc, e’ avvenuta dopo una serie di aggressioni verbali e scambi di accuse tra i rappresentanti del Carc e “La Destra”. Ci sono state alcune aggressioni verbali – ha spiegato Ceccarelli stamani mattina – ci sbeffeggiavano con il saluto romano e al grido “Viva Mussolini”.
Durante il mio intervento ho ribadito, piu’ che parlare di programmi e turismo, che Massa e’ una citta’ anti-fascista ma nessuno dei candidati, seduti vicino a me, ha preso le mie difese o ha ribadito il no ai rigurgiti fascisti.
All’improvviso, dalla platea, un uomo mi ha tirato un pugno e sono finito al pronto soccorso. (AGI)
Dagli antifascisti carrarini la più sentita e profonda solidarietà al Compagno Francesco Ceccarelli!
Mai un passo indietro !
mercoledì 9 aprile 2008
Astensionismo cosciente???

Di seguito una bellissima mail che affronta il tema dell'astensionismo cosciente con una prospettiva di classe.
Caro xxx,
come ti auspicavi, prendo spunto dalla tua lettera dove, qualche giorno fa, spiegavi i motivi per cui avresti annullato la tua scheda elettorale.
La mia non sarà una replica soltanto teorica, ma anche emotiva, visto che hai toccato delle corde che appartengono a tutti coloro che si dicono comunisti.
Non mi dilungherò, perché ritengo che i temi che hai sollevato, a prescindere dalla loro condivisibilità, vadano trattati in momenti e sedi apposite. Se non altro perché non possono essere liquidati da uno scambio di mail e perché è giusto coinvolgere tutti coloro che ne sentono la necessità in una forma più democratica.
Pur accettando il fondamento delle tue critiche, che condivido circa i limiti con cui nasce e si presenta alle elezioni il cartello de la Sinistra l’Arcobaleno, ritengo la tua proposta verso un “astensionismo cosciente” molto sterile.
Non lo dico per offendere il tuo punto di vista, che rispetto, ma per dimostrarti che annullando la scheda o non partecipando alle operazioni di voto non si favorisce tanto il partito di “Veltrusconi”, quanto proprio la “classe nemica” che dici di voler avversare, che sia il P.d., sia il Pd.l. rappresentano.
Quindi, per paradosso, il tuo astensionismo sarebbe una scelta prima di tutto individuale, cioè slegata da un’azione di massa, ed in secondo luogo entrerebbe perfettamente nella logica del “voto utile”, perché favorirebbe, anziché cercare di contrastare, l’ascesa del corporativismo anti-operaio nel Parlamento italiano.
La verità è che questa è una fase di resistenza: a tutti noi piacerebbe avere una forza rivoluzionaria in ascesa ed una passione collettiva verso un ideale. Ma, almeno per il momento, è bene guardare la realtà così com’è: nulla è più come prima.
Le colpe sono molteplici, ma sullo sfondo c’è un capitalismo arrogante, assassino e sempre più sfrontato. Ed è questo il primo nemico da combattere. Non dimentichiamolo!
Non credere che i compagni che militano da anni in Rifondazione comunista siano entusiasti di questa fase o del ritorno di Bertinotti che, per quello che mi riguarda, è l’espressione della mancanza di una coscienza critica di massa a sinistra.
Tuttavia, paragonare questa epoca, che non è solo politica, ma storica, all’esperienza del P.C.I. mi sembra fourviante anche perché il P.C.I. non ha mai detto a nessuno dei propri iscritti o simpatizzanti di “astenersi con coscienza”, bensì ha sempre chiesto sostegno agli sfruttati per essere più forte nella propria lotta contro la borghesia nella stanza dei bottoni.
Anche per questo motivo è cresciuto al punto di divenire una forza organizzata del proletariato con milioni d’iscritti .
Dicevi che è giusto riprendere l’azione di massa e l’opposizione sociale per rispondere alla deriva parlamentarista. Occorre recuperare le forze perdute e tornare nelle contraddizioni prodotte dal capitalismo.
Condivido, ma non crediamo che si un problema risolvibile con formule teoriche o nostalgismi di sorta: l’attuale fase capitalista vede una battuta d’arresto pesante delle forze di sinistra ed una rinnovata arroganza padronale, che cerca di trasformare la concertazione da modello economico (consolidato da anni di pratica coi sindacati) ad assetto politico.
Non sarà semplice mobilitare i lavoratori nei prossimi mesi, anche perché dimentichiamo che il più grande sindacato italiano è legato nei suoi vertici dirigenti al Partito democratico e che la sinistra (genericamente intesa) non ha ancora dato vita ad un progetto forte tra i lavoratori.
Quindi, manca quell'elemento di coscienza di classe a cui pure fai riferimento e che non può nascere in modo spontaneo sulla scorta dei sentimenti di opposizione che nutriamo.
E noi, che siamo consapevoli dell’importanza di far sviluppare la lotta di classe contro il capitale, ci dovremmo tirare indietro proprio quando dobbiamo motivare gli oppressi a combattere?
No, non posso essere d’accordo. Il 13 ed il 14 aprile bisogna andare a votare contro gli “inciuci” della borghesia, contro i padroni e per scuotere la sinistra italiana, intorpidita da anni di sconfitte e di scelte sbagliate; sì, perché solo votando la Sinistra l’arcobaleno si potranno mettere i partiti che vi si riconoscono di fronte alle proprie responsabilità ed imporre un cambio di strategia.
La vera battaglia di opposizione politica e sociale incomincerà il 15 aprile, chiunque vinca. Di questa lotta, che soltanto nel tempo e con un progetto politico serio potrà ottenere dei risultati, tutti dovremo essere protagonisti.
Se vogliamo realmente che le istituzioni borghesi non divengano la tomba della sinistra italiana dobbiamo batterci per far sì che questa sia forte e rilanci il proprio progetto tra gli oppressi. Non ci sono alternative.
Altre strade non esistono oppure sono soluzioni individuali prive della concezione leninista della costruzione dei “rapporti di forze”: di questo passo non passerebbero anni, ma secoli prima d’intraprendere un nuovo “assalto al cielo”.
Se non crediamo in noi stessi, se non ci rimbocchiamo le maniche ed incominciamo a lavorare tra le macerie lasciate cadere dal Muro di Berlino in poi, non solo siamo dei disfattisti, ma non siamo neanche all’altezza della situazione.
Non vedo allora in cosa starebbe il nostro dirci comunisti: in una litania di “com’era bello il P.C.I.” e di come si stava bene quando c’era l’Unione sovietica? Se siamo conseguenti con questa gloriosa storia e non crediamo giusto veder morire il nostro ideale nella socialdemocrazia, riproposta da opportunisti e trombati di turno, dobbiamo batterci.
Incominciando proprio dal voto, che è un diritto politico ed ideologico che si esercita a prescindere dai simboli elettorali. Per questo, credo sia necessario oggi più che mai aggregare le nostre energie e non disperderle in una sterile (quanto ridicola, visti i numeri) distinzione tra comunisti “puri” e comunisti “impuri”!
Con coscienza dobbiamo chiederci: cosa sono morti a fare gli operai, gli studenti, i partigiani ed i rivoluzionari che hanno lottato in nome della giustizia proletaria e dei diritti democratici se siamo noi i primi a sputarci sopra?
Di fronte a questa riflessione la risposta sta alla coscienza di ognuno di noi.
Ma una cosa è certa: il 13 ed il 14 aprile il mio voto lo do contro i padroni! E per una sinistra di classe, che è quella che da anni stiamo cercando di costruire! Di sicuro non mi rassegno!
Il comunismo è un fiore che germoglia nella lotta.
Spero che allo sconforto ed alla rassegnazione, che attanaglia individualmente ognuno di noi, prenda il sopravvento la coscienza politica e tanta fiducia nell’avvenire, che sarà migliore soltanto se saremo capaci di costruirlo!
Con stima ed affetto rivoluzionario.
A pugno chiuso!
Daniele
Un altra medaglia d'oro ci ha lasciato!
Ciao Roberto!
di seguito una descrizione di Luciano Pucciarelli pubblicata sull'ecoapunao del settembre 2007
Roberto Vatteroni, quando fu decorato
di Medaglia d’oro al Valor
Militare, aveva meno di vent’anni.
Ne aveva poco più di diciassette
quando, in combattimento contro i nazisti,
a Bardine di S. Terenzo, perse il
braccio sinistro, a causa di una raffica.
Ricordando ciò, viene fatto di pensare
alla frase pronunciata dal filosofo idealista
Croce che alla domanda, su quale
fosse il diritto dei giovani, ripose con
aulica naturalezza: “Il diritto dei giovani
è quello di diventare adulti”.
Se Roberto Vatteroni avesse dovuto
prendere alla lettera quell'asserzione filosofica,
che di certo non conosceva, se
ne sarebbe stato a casa, ad attendere anagraficamente
la maggiore età e quindi il
diritto a pensare. Ma non fu soltanto lui
ad agire, a scegliere la strada della lotta,
mosso come gli altri giovani, dal desiderio
di vedere il proprio paese liberato da
chi impediva l’esercizio della libertà e
solidarietà ed anche perchè, nonostante
l’eta aveva cognizione sufficiente per
sapere che il non andare poteva rappresentare
un segno, questo sì, di grande
immaturità.
La decisione non nacque da un impeto
ben preciso, ma come sbocco naturale,
nel corso dalle riflessioni che egli aveva
avuto la possibilità di fare, fin da ragazzo,
grazie a ciò che vedeva muoversi attorno.
domenica 6 aprile 2008
è uscito il nuovo numero dell'ecoApuano
Se non lo doveste trovare in edicola segnalatecelo qui:
collettivo.carrara@gmail.com
In questo numero:
-Solidali con Caffaz
-Le insanabile contraddizione dell'aristocrazia operaia
-Camperisti: per me sì, per i rom no
-Ma Giulio ci fa o ci è?
-Arci c'è
-Massa: destre il programma del nulla
-Musetti Scrocco come tutti
-Area retroportuale. Perché sul pubblico lucra sempre il privato?
-CNA: porto turistico e commerciale ARea La storia
-doppie Candidature : Pucci e Buffoni
-La spezia. I n'è mae da pesi...
-Come voteranno i giovani?
-Di che rifiuto sei?
-Elettorando. Speciale elezioni da pagina 11 a pg 16
-ROM: Ma è questa l'ospitalità?
-Al Lavoro non alla guerra: Maggior pericolo minor salario
Sicurezza e salute sul posto di lavoro
Extracomunitari: unità e solidarietà di classe
Massa Carrara Crimini da Lavoro
-Il razzismo delle destre
Le cave sono di tutti ma restano ai parassiti
-cavatori le cave sono vostre. Tre storici articoli di vico Fiaschi.
-Bricchette: combustibile alternativo? No contaminante da rifiuti!
Ciao Bagna!
martedì 18 marzo 2008
Ritirato il licenziamento di Andrea Marco Bogazzi!!!

Le prime esternzioni della CGIL Toscana:
Esprime grande soddisfazione in casa la Cgil Toscana per il ritiro del licenziamento di Andrea Marco Bogazzi, delegato della Filt Cgil, da parte della “Porto Spa” di Marina di Carrara.“Il modello di coesione sociale ha vinto una bella sfida”, dice il segretario generale della Cgil Toscana Alessio Gramolati, che aggiunge: “Un ottimo risultato per tutte le parti in causa che cancella un’ingiustizia e apre una prospettiva di miglioramento per lo sviluppo dell’azienda e per la sicurezza dei lavoratori. Merito dell’unità e del ruolo svolto dalle istituzioni, merito della solidarietà. Adesso – conclude - guardiamo avanti, ora dobbiamo vincere quella per lo sviluppo della portualità toscana”.“Il reintegro al proprio posto di Lavoro di Andrea Marco Bogazzi -aggiunge Mario Bartalucci, segretario generale della Filt Cgil Toscana - segna il ritorno alla ragionevolezza, alla logica di un sano e produttivo confronto fra le parti sociali, elemento necessario per lo sviluppo ed il rilancio del porto di Carrara. Era il risultato che la società toscana si aspettava e che meritava di ottenere.Fondamentale anche secondo Bartalucci il ruolo svolto dalle istituzioni locali e regionali, e la decisa presa di posizione contro il licenziamento assunta immediatamente dalle segreterie regionali di Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt Uil della Toscana, così come “determinante è stata la solidarietà dei lavoratori del porto che si è manifestata con uno sciopero di due ore indetto unitariamente da Cgil, Cisl e Uil di Carrara.
lunedì 17 marzo 2008
TIBET

Per saperne di più...
http://www.cnj.it/documentazione/cina.htm#mito
clicca leggi rifletti
il modo migliore per farsi un idea è elaborare autonomamente un pensiero critico partendo da fonti scritte e documentate.
Il TG, la fiction, le "trasmissioni di approfondimento" non forniscono quasi mai la fonte, ne si smentiscono mai, anche di fronte a grossolani -se non addirittura voluti- errori ed omissioni:
la guerra in Kosovo docet!
Resistere al pensiero unico dominante non è facile, alcuni mezzi sono qui forniti, fatene buon uso!
sabato 15 marzo 2008
Risposta ad Assindustria:
dal comunicato diramato deduciamo che:
o le poste hanno impiegato oltre 2 secoli a consegnare la missiva alla stampa locale,
o i nostri imprenditori hanno una strana idea della modernità.
Pare infatti che la sofferta decisione di licenziare un lavoratore sia cosa buona e giusta, un diritto delle aziende, che esercitano con sofferenza un atto necessario al buon funzionamento del sistema, mentre prendere le difese di sacrosanti diritti, ad esprimersi, a criticare, ad essere liberi, e prima ancora a pretendere sicurezza sui luoghi di lavoro, sia una cosa antica vecchia, fuori moda.
Adesso che di moda non siamo mai stati degli appassionati, al contrario di lor signori è cosa risaputa, sartorie ne bazzichiamo poche, con mille euro al mese non è così facile,
ma da qui a farci dare lezioni di modernità da dei padroni del vapore ce ne passa. Gli unici che sfidano il progresso e lo sviluppo dei tempi sono coloro che credono di poter giocare con le vite dei loro dipendenti come si trattasse di cose loro private. Il lavoro invece è la più sociale e pubblica delle attività perché è il fondamento della nostra Repubblica, come recita il primo articolo della costituzione. Sì il primo articolo di una Costituzione così obsoleta e fuori moda che da antifascisti pretendiamo ancora di difendere, perché uno degli ultimi baluardi, assieme allo statuto dei lavoratori, che permette a noi giovani di guardare al futuro, se non con serenità -vista la qualità dell’imprenditoria locale e del potere che i precedenti governi hanno messo loro in mano- almeno con un briciolo di speranza.
Giovani Antifascisti di Carrara
venerdì 14 marzo 2008
Perché in politica non c'è spazio per il secondo sesso
presenta
PRIME DONNE
Perché in politica non c'è spazio per il secondo sesso
Un libro di Ritanna Armeni,sarà presente l'autrice
16 marzo 2008 0re 16
Associazione Briciole
Via Cervara (angolo semaforo lampeggiante Via F.Martini)
Massa
martedì 11 marzo 2008
Giovedì 13 ore 15:00 Presidio alla Porto spa

Carrara 2008
un lavoratore (già vittima di un incidente) viene LICENZIATO dalla PORTO spa perché osa parlare pubblicamente delle condizioni di in-sicurezza sul lavoro nel Porto di Marina.
Questo atto è VERGOGNOSO e riporta indietro la nostra città di 150 anni.
Lasciare che un colosso multimiliardario disponga liberamente della vita di un lavoratore senza far nulla, corrisponde di fatto a schierarsi a favore della prepotenza e dell’arroganza degli “imprenditori” locali.
-Facciamo capire da che parte sta la Città. Dimostriamo con i fatti che siamo nel 2008.
-Facciamo una scelta di parte: manifestiamo per la tutela dei diritti dei lavoratori,
per tutelare i nostri diritti!
Network Giovani Sinistra Arcobaleno Massa Carrara - Giovani Antifascisti!
Aderiamo alla mobilitazione indetta da:
Comitato per la salvaguardia del Litorale Apuano, il PRC, il PdCI e i Cobas.
il Comunicato stampa inviato oggi agli organi di informazione:
Come giovani che si stanno per affacciare sul mondo del lavoro non possiamo che ritenere vergognoso l’atto compiuto dalla Porto spa nei confronti del Lavoratore Marco Andrea Bogazzi, a cui esprimiamo tutta la nostra solidarietà.
Potersi esprimere sulle condizioni di lavoro è un diritto sacrosanto ed è il primo mezzo per combattere la piaga degli incidenti sul lavoro. Non è possibile che quando muoia un operaio Conf-industria e compari si dimostrino addolorati per l’accaduto, ma quando ci sono da mettere in pratica meccanismi seri e trasparenti di prevenzione, si passa all’ostruzionismo o peggio ancora alla persecuzione di quei soggetti che si battono per migliorare e rendere più sicuro l’ambiente di lavoro.
Le parole però in questi momenti non bastano e quindi chiediamo a tutti coloro che si sentono colpiti da questo osceno provvedimento di mobilitarsi, di partecipare al presidio di giovedì 13 Marzo alle ore 15:00 di fronte alla sede della Porto spa (viale da Verazzano), per non far passare sotto silenzio l’ennesimo atto di prepotenza ed arroganza degli “imprenditori”, perché tacere, far finta di non vedere, in certi casi equivale a sostenere gli atti dei potenti, e nessuno a questo punto può dire di non sapere.
Dimostriamo con i fatti che non ci strapperanno tanto facilmente 150 anni di conquiste sindacali,
Facciamo una scelta di parte :manifestiamo per la tutela dei diritti dei lavoratori, per tutelare i nostri diritti!
Giovani Comunisti Massa Carrara
Giovani Antifascisti!-Carrara
lunedì 10 marzo 2008
Carrarese una settimana cruciale
Dopo la sconfitta di Poggibonsi (9.3.07) si consolida una tendenza che sembrava solo un momentaneo sfasamento, e la squadra apuana “consolida” la posizione di pieni play-out.
3 punti in 8 gare un goal dall’inizio del nuovo anno, zero vittorie, questi i numeri della più sorprendente inversione di tendenza verificatasi nei campionati professionistici italiani. Dalle stelle alle stalle in 2 mesi. E pensare che il campionato del centenario era iniziato nel migliore dei modi dal punto di vista dei risultati e del gioco. Una Carrarese che così grintosa non si vedeva da anni, notevole infatti anche l’entusiasmo in città dopo i primi strabilianti risultati, entusiasmo che aveva fatto muovere centinaia di tifosi nelle prime trasferte, tifosi anche dopo i primi segnali di arresto non davano cenni di cedimento non facendo mai mancare il proprio sostegno in ogni occasione. Poi i primi risultati deludenti, complici anche arbitraggi un po’ così e un pizzico di sfortuna che non abbandona mai la compagine giallo azzurra, un campagna acquisti di gennaio incredibilmente risicata, e ora i nodi che vengono al pettine.
La contestazione sacrosanta ad una dirigenza incapace di rispondere alle esigenze contingenti (che poi è la prima caratteristica che si chiede a chi ha l’onore e l’onere della gestione di una società sportiva oramai secolare) e fin troppo tollerata per la totale assenza di programmazione (altro cardine della gestione di qualsiasi società). E così la parabola di una città trova la propria nemesi nella squadra cittadina, un gruppo che avrebbe grandi potenzialità, ma che causa di una guida imprenditoriale miope e concentrata solo sui risultati di bilancio immediati, si ritrova in fondo ad una classifica che vede davanti realtà di piccoli paese montani o sperduti tra le campagne toscane che si fa fatica a trovare sulla cartina, senza nessuna storia né tradizione sportiva di rilevo.
E così su chi si scarica la colpa di tali deludenti risultati?
sul mister Loris Beoni, il primo allenatore che aveva fatto vedere agli sportivi Carrarese il primo calcio decente, dopo anni di 0-0 (quando andava bene) e inguardabili prestazioni. Che aveva fatto sognare per la prima volta nella gestione Fontanili i Play-off.
Se la situazione è arrivata a questo punto la colpa del mister è minima se paragonata a chi da 5 anni è incapace di confezionare una squadra prima della metà di agosto, ed anzi considerando quando è riuscito a prendere in mano l’organico, i risultati ottenuti sono stati superiori ad ogni aspettativa. È però sicuro che se non si allunga la panchina alla prima sosta forzata del pezzo insostituibile di turno il reparto crolla e hai voglia di essere un buon tecnico, con i fichi secchi non si fanno nozze.
Guarderemo se questo gesto è una assunzione di responsabilità della società che saprà trovare un sostituto migliore o solo l’ennesimo atteggiamento di miope gestione dell’oggi fatto solo per prendere un po’ di tempo e tentare di tenere buono il “popolo” gialloazzuro che pretendeva delle “teste” per giustificare il magro bottino del 2008.
Che dire poi dei ragazzi che in campo vestono la maglia azzurra? Di sicuro uno su tutti si dovrebbe vergognare, ancor prima per i gesti da lui esternati domenica, nei confronti chi lo ha sempre sostenuto da Giulianova a Basssano, per il fatto che pur essendo un carrarino non si è impegnato a dovere. Poi un professionista certi gesti li evita a prescindere, nei confronti dei propri tifosi di fronte alla generale prestazione della squadra, diventano un insulto inaccettabile per qualsiasi piazza calcistica. Scusarsi a questo punto servirebbe a poco, avrebbe dovuto farlo in campo a fine partita, chiarire. Come possono testimoniare -uomini, prima ancora che giocatori, meritevoli di rispetto come- il capitano e il numero 1, i tifosi azzurri sono in grado di comunicare civilmente i propri pensieri e di sicuro un chiarimento sarebbe stato gradito. Non è avvenuto, peccato! Mussi potrà meditare sul proprio gesto e prendere le decisioni del caso, di chi manca di rispetto non al presidente o all’allenatore ma al motore stesso della passione che fa girare la palla, gli Ultrà.
Resta da attendere l’assurda decisione di far giocare un derby toscano ostile alla città di Carrara, al dei Marmi, dove lo ricordiamo con i debiti distinguo che si devono a due tifoserie non più gemellate, sia i tifosi Lucchesi che quelli Massesi hanno sempre , anche se i maniera diversa, provocato notevole disturbo all’ordine pubblico negli ultimi anni.
sabato 8 marzo 2008
è uscito il NUOVO numero dell'Eco Apuano!
anno 19 n°1 febbraio/marzo 2008 !
In questo numero:
Massa, Candidature.
Rom, per chi è l'emergenza.
La prima liberazione di Carrara 7-10 novembre 1944 Acura dell'ANPI di Carrara
Ordinaria domenica di follia istituzionale (l'intervista completa ai Barbudos Carrara 1996)
...e molto altro ancora.
Se non dovessi trovare il mensile in edicola scrivici, cercheremo nel possibile di provvedere!
mercoledì 5 marzo 2008
Álvaro Uribe e George Bush vogliono Ingrid Betancourt morta
di Gennaro Carotenuto
di cui si consiglia fortemente la visione (clicca qui)

Il fatto saliente della crisi andina non sono i carrarmati. Il fatto politico saliente è che la Colombia (con la qualificata eccezione degli Stati Uniti) è completamente isolata nel continente. Ed è completamente isolata perché l’ha fatta grossa. Dal Cile al Brasile tutti temono la volontà di escalation militare e il tentativo di incendio della regione voluto da Bogotà ed esprimono tale preoccupazione alla OEA. L’altro fatto politicamente saliente è che, come avevamo anticipato già una settimana fa, il presidente colombiano Álvaro Uribe e quello statunitense George Bush stanno mettendo in atto una strategia che impedisce deliberatamente la liberazione dei sequestrati delle FARC, a partire da Ingrid Betancourt, e anzi ne auspica la morte.
Adesso è tutto chiaro. Secondo quanto ha denunciato il presidente ecuadoriano Rafael Correa le trattative con le FARC per portare alla liberazione di Ingrid Betancourt erano ad un passo dal raggiungere l’obbiettivo. Ha rincarato la dose il portavoce del Ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner: “Álvaro Uribe era a conoscenza del fatto che Raúl Reyes [che appena poche ore prima aveva parlato con il ministro stesso], era il mediatore (come già lo fu per anni nell’epoca di Pastrana)”, ed è per questo che si è preso il rischio di una crisi internazionale uccidendolo.
Quindi il governo colombiano ha innescato una cortina di fumo di menzogne, da quella della morte in combattimento di Reyes, facilmente svelata, i guerriglieri sono stati uccisi nel sonno, a quelle più fantasiose. Tra queste quella che Hugo Chávez starebbe addirittura finanziando la bomba atomica delle FARC. E’ evidente che quando c’è di mezzo il petrolio, gli Stati Uniti cercano sempre di accoppiare il pericolo atomico per trovare buone scuse per un’aggressione militare, diretta o per interposta persona.
Ieri non solo Ecuador e Venezuela, ma con durezza anche Brasile ed Argentina e perfino la moderatissima cilena Michelle Bachelet, solitamente distante dai governi integrazionisti, si sono schierati fermamente contro Bogotà. Lo hanno fatto appoggiando anche le decisioni più dure di Ecuador e Venezuela, come la rottura di relazioni diplomatiche con la Colombia, considerandole giustificate di fronte alla gravità dell’aggressione dell’esercito di Uribe. Questo è l’unico armato fino ai denti nella regione e il rapporto in spese militari tra Colombia e Venezuela, in cifra assoluta, è di 4 a 1, senza contare gli aiuti statunitensi al primo.
Tanto più resta isolato nel continente, tanto più Álvaro Uribe alza i toni e si appoggia a George Bush e alla traballante ideologia della guerra al terrorismo che dall’Afghanistan a Gaza, dall’Iraq alla selva colombiana ha raccolto solo fallimenti e lutti. Ieri, nel vertice della OEA (Organizzazione degli Stati Americani), convocato d’urgenza per discutere dello sconfinamento dell’esercito colombiano in Ecuador, solo un veto da guerra fredda opposto dagli Stati Uniti ha impedito una condanna senza appello della Colombia. Uribe non poteva essere più soddisfatto: “appoggiamo completamente il governo colombiano e il presidente Uribe”, ha affermato l’ambasciatore statunitense alla OEA. Tutto il resto per Uribe non conta.
Non è obbligatorio dar credito alla famiglia Betancourt, che disperatamente denuncia il “sabotaggio” di Uribe alla liberazione di Ingrid. Non è obbligatorio neanche dar credito a Correa quando dice che “la liberazione di Ingrid Betancourt era ad un passo”. Non è neanche obbligatorio dar credito a Chávez o al ministro francese Kouchner. Ma è obbligatorio dar credito ai fatti degli ultimi mesi. Di fronte a una sequenza di aperture da parte delle FARC, due liberazioni di sequestrati in gennaio e quattro in febbraio, e all’azione sempre più positiva di un concerto di paesi che, capitanati dall’odiato Chávez va dalla Francia all’Argentina, dall’Ecuador alla Svizzera, stava aprendo una prospettiva di pace, il regime colombiano ha prima fatto muro e poi è passato all’azione uccidendo l’uomo della mediazione. E lo ha fatto “internazionalizzando il conflitto” che è proprio quello che da oltre un decennio gli Stati Uniti vogliono (dal Plan Colombia in avanti) e soprattutto il Brasile vuole evitare.
In queste ore si possono leggere alcune rivalutazioni da parte di alcuni media, anche di sinistra, che in precedenza avevano scelto di stare con il neoliberale e narcoparamilitare regime colombiano, considerandolo un utile cordone sanitario verso quello bolivariano di Caracas. In questo caso non è questione di esprimere giudizi politici su Hugo Chávez e il suo movimento, i limiti, gli errori o i risultati conseguiti in questo decennio. In questo caso ci troviamo di fronte a due opzioni politiche chiare. Da una parte c’è il partito della guerra al terrorismo, quello di Uribe e Bush, dall’altra c’è quello della trattativa e della persecuzione di un difficile processo di pace in Colombia, che è quello dei governi integrazionisti latinoamericani.
Chi scrive ha più volte espresso un giudizio negativo delle FARC. Nonostante le peculiarità della situazione colombiana e la sterminata violenza della quale oligarchie e narcotraffico sono capaci, per la Colombia una guerriglia con quelle caratteristiche è una parte del problema e non la soluzione. Nonostante sia colpevole in maniera documentata forse del 5% della violenza nel paese, laddove il 95% è documentatamente responsabilità della narcopolitica e del terrorismo di Stato, la guerriglia non aiuta a risolvere i problemi del paese soprattutto quando si macchia di crimini come il sequestro di persona. Detto ciò le FARC esistono e sussistono tutte le condizioni date dal diritto internazionale per considerarle una forza belligerante. Solo l’ipocrisia della guerra al terrore impedisce di farlo. Anche adesso, di nuovo, delle due l’una, o si sta con il dialogo che può aprire una prospettiva di pace, o si sta con l’escalation e lo sterminio, ovvero con Uribe e Bush.