martedì 30 settembre 2008

L'11 OTTOBRE A ROMA!

Ordine del giorno sull'11 Ottobre, approvato dal Coordinamento nazionale GC

In questi primi mesi di attività il governo Berlusconi ha già eroso alcuni dei pilastri fondamentali della nostra Costituzione democratica. Il decreto sicurezza, che con le schedature e le impronte ai rom, adulti e bambini, e l'introduzione del reato di immigrazione clandestina, ha alimentato in misure intollerabili i fenomeni di razzismo e sessismo (come ci dimostrano gli assalti ai campi rom, la vicenda di Abdul Guibrè, ucciso qualche giorno fa a Milano, le aggressioni ai gay nelle strade di diverse città italiane). La «manovra finanziaria» che, a fronte di una crisi economica mondiale senza precedenti, aggrava le condizioni materiali di vita dei lavoratori, dei pensionati e dei giovani, non intervenendo sul «caro vita» e nello stesso tempo riducendo le risorse per i beni pubblici. Il federalismo stesso, che si prospetta minaccioso poiché contribuisce a tagliare risorse ai Comuni spingendoli a ridurre i servizi sociali, a privatizzare le municipalizzate e ad alienare il patrimonio pubblico. L’attacco concentrico al contratto collettivo nazionale e al ruolo del sindacato, come dimostra la vicenda Alitalia. Il disegno di legge Aprea, che trasforma le scuole in fondazioni, con l’ingresso dei privati nei C.d.A.
Si tratta di un vero e proprio «laboratorio» di politiche di destra, aggressive e populiste, avallato in tutto dalla Confindustria, che trova crescente consenso facendo leva sulle paure e le insicurezze degli strati sofferenti della popolazione.
A questo non si è contrapposta sino ad ora alcuna reale opposizione parlamentare. Non quella del Pd, che ha scelto una linea emendativa, che considera Berlusconi un avversario normale, non comprendendo la eccezionalità e la profondità della modificazione intervenuta nel Paese (un vero e proprio «regime leggero», come lo ha definito Fausto Bertinotti sull’ultimo numero di Alternative), e che spesso gli si è contrapposto scavalcandolo a destra, come sui temi della violenza negli stadi e del rapporto tra Italia e Libia.
Non l’Italia dei Valori, da un lato imbrigliata nel puro giustizialismo e dall’altro lato – sul terreno delle proposte di carattere economico e sociale – ancorata ad una prospettiva classicamente moderata e conservatrice.
Qui si colloca il ruolo di Rifondazione Comunista e del fronte ampio della sinistra alternativa. Nelle settimane scorse è stato promosso un appello – lanciato attraverso la grande assemblea del Brancaccio del 14 settembre – teso ad attivare forze per una mobilitazione di lungo periodo contro il governo Berlusconi e le politiche della Confindustria. Un appello, cui il Prc ha immediatamente aderito, compilato allo scopo di segnare un colpo dopo il disastro di aprile e di ricostruire, nella pratica del conflitto di piazza, un fronte largo di opposizione.
La manifestazione dell'11 ottobre nasce dalla volontà di ricostruire una presenza adeguata della sinistra – e in particolare del Prc – nell’agenda del conflitto politico e sociale, e per questo individua con chiarezza le priorità di lotta: razzismo e pace, lavoro, caro-vita e salari, scuola, autodeterminazione delle donne e lotta alla violenza maschile, lotta contro le leggi ad personam e il rischio di uno snaturamento anticostituzionale della nostra democrazia.
Per dare voce e corpo ai problemi concreti che coinvolgono la vita quotidiana di donne e uomini, comunità e soggetti a cui vogliamo dare rappresentanza politica una manifestazione non è sufficiente. Ma oggi, in questo stato di crisi e regressione democratica, la manifestazione dell’11 ottobre risulta essenziale.
Essenziale per il Paese, per i lavoratori, i giovani precari, i disoccupati, ed essenziale per il nostro Partito, che ha pagato – con la sconfitta traumatica di aprile – tutta la fragilità del progetto dell’Arcobaleno e la sua incapacità di provare una qualche utilità sociale e di suscitare rapporti di «connessione sentimentale» con il nostro elettorato.
A questa manifestazione aderiamo convintamente come Giovani Comuniste/i, lavorando per mobilitare il più ampio numero di compagne e compagni e per costruire in piazza un nostro spezzone (che abbia per tema innanzitutto l’opposizione alla riforma Gelmini, al ddl Aprea e ai tagli di Tremonti) aperto a tutte/i coloro che condividono con noi la volontà di aprire una fase di conflitto sociale e politico, in primo luogo nelle scuole, nelle università, nei luoghi del lavoro precario e in tutti gli spazi della nostra generazione.

Simone Oggionni
Amedeo Babusci
Iacopo Di Gaspero
Daniele Maffione
Alessandro Serra

venerdì 26 settembre 2008

continuiamo a seguire la storia della famiglia Rom pestata e denunciata a Bussolego (VR) Ancora in carcere le vittime del pestaggio!

Pestati e denunciati, rimangono in carcere

di Paola Bonatelli

su Il Manifesto del 24/09/2008



Non finisce l'odissea dei rom malmenati dai cc

Potrebbe essere Garage Olimpo o il Cile di Pinochet ma anche Guantanamo o Bolzaneto. Invece, più prosaicamente, si tratta di Bussolengo, un paesotto sulla strada che da Verona conduce al lago di Garda. E' lì, nella piazza delle giostre, che il 5 settembre scorso tre famiglie italiane con un sacco di ragazzini e roulotte al seguito si incontrano per pranzare in compagnia. Particolare essenziale: sono rom. Fanno parte di una famiglia allargata, genitori, figli minori e figli grandi già con famiglia, fratelli con mogli e bambini, amici. Prima arrivano i vigili municipali che li invitano ad andarsene. Non è forse Bussolengo la patria di quei consiglieri comunali che considerano un obiettivo delle istituzioni locali (dall'allegato alla deliberazione n. 24 del 29 aprile 2008) «l'eliminazione della sosta degli zingari sul nostro territorio»? Ma i vigili se ne vanno rassicurati, le famiglie si fermano solo il tempo di mangiare insieme. Poi arrivano i carabinieri e lo scenario cambia. Le testimonianze dei rom, trasformatesi in regolare denuncia e attualmente oggetto di due inchieste, una della Procura di Verona, l'altra interna ai carabinieri, sono agghiaccianti. Un crescendo di inaudita violenza fisica e verbale, botte, insulti e minacce prima nella piazza, dove i carabinieri avrebbero distrutto anche l'interno delle roulottes, poi, in caserma, vere e proprie torture, ancora botte e due ragazzi minorenni della famiglia Campos sottoposti alla tristemente famosa «tortura dell'acqua» (i testi delle denunce, impressionanti quelle dei tre fratelli Campos, e le foto dei corpi seviziati su http://sucardrom.blogspot.com e sul sito del settimanale Carta). Il tutto termina con l'arresto di tre componenti del gruppo, Angelo Campos e la moglie Sonia, e Denis Rossetto. Sono accusati di resistenza, la donna anche di tentato furto dell'arma di un militare. Secondo il rapporto dei carabinieri (il testo sempre sul sito citato), i rom li avrebbero prima derisi rifiutandosi di consegnare i documenti, poi aggrediti, e ci sarebbe stata anche una fuga con tanto di inseguimento fino ad un paese vicino. Ma il calvario dei rom è appena cominciato, alleviato soltanto dalle molte manifestazioni di solidarietà, che hanno a loro volta suscitato l'interesse dei media e di alcuni esponenti politici. Ieri si è tenuta la seconda udienza del processo ai tre arrestati - alla prima udienza, celebrata a porte chiuse il 16 settembre scorso, le associazioni che lavorano con i rom e parecchie decine di attivisti erano tenuti a bada dalle forze dell'ordine - conclusasi con l'ordine di scarcerazione per la signora Sonia, mentre i due uomini restano in carcere. Il processo è stato rinviato al 30 settembre. Fuori dal tribunale c'è una piccola folla, i parenti degli imputati, le associazioni che tutelano le popolazioni rom e sinte - Neve Gipe, Sucardrom, il gruppo ecclesiale veronese fra i sinti e i rom - gli attivisti antirazzisti cittadini, il consigliere comunale di Mantova Iuri Del Bar, sinto, eletto per il Prc, il consigliere del Pdci Graziano Perini, Piero Pettenò, consigliere regionale di Rifondazione e Renato Cardazzo, dirigente nazionale Prc. Sono tutti visibilmente sconvolti, in parte sconcertati per il prolungarsi del processo e della detenzione dei due rom. Gli avvocati difensori hanno scelto la linea del patteggiamento e si discute della scelta: «Il rischio che si sta correndo - sostiene Carlo Berini di Sucardrom - è lo stesso che abbiamo già visto a Lecco (il caso del presunto rapimento di una bambina da parte di una donna rom, ndr ). Le persone patteggiano per uscire dal carcere. La Procura generale di Lecco ha invalidato il primo processo perché ha capito che il patteggiamento era forzato, l'ammissione di colpa non giustificata da fatti chiari e certi. Confidiamo che la Procura di Verona, che sta affrontando in maniera decisa l'accusa formulata dai carabinieri, affronti con altrettanta forza le accuse presentate dai rom». Piero Pettenò pone l'accento sul clima generale: «E' una vicenda inaudita - dice - ma simbolica rispetto a ciò che si vive nel Paese, Veneto e Verona in prima fila. Chi è vittima diventa responsabile, io sono stato in carcere a trovare i rom e raccontano tutti gli stessi gravissimi fatti, su cui chiediamo sia fatta piena luce. Bisogna rompere il muro di omertà». «E dire chiaramente - interviene Cardazzo - come del resto ha già scritto il Times , che ci sono infiltrazioni di stampo neonazista nelle forze dell'ordine del nostro Paese». Nel comunicato di Prc, Comunisti italiani, Circolo Pink e La Chimica, diffuso ieri in serata, la domanda è: se i rom incarcerati non avessero denunciato i carabinieri di Bussolengo sarebbero adesso in libertà?


Che aggiungere?

manca molto all'arrvo dei colonelli?

dopo Genova sapevamo che la fiducia era a l minimo, adesso non ci sono più parole.

Ci sarà pur un giudice a Berlino, ops a Bussoleno!


venerdì 19 settembre 2008

non tutti sono degli "zio tom"


"I neri van bene quando c'è da raccogliere i pomodori a 500 lire il quintale,perchè son robusti, van bene a morire giù da un ponteggio perchè son mansueti, a rimanere schiacciati alla pressa, perchè non protestano.
Van bene quelli istruiti che però vendono gli accendini perchè son gentili, non come gli albanesi o i romeni...."
Ma quando ne ammazzano come cani 5 con le mitragliette a bhe allora son TRAFFICANTI DI DROGA,son pericolosi, la gente ha paura.
Non è una strage tremenda dalla camorra, ma un regolamento di conti tra criminali.
Ma chi li doveva difendere questi operai, muratori braccianti ?
Ma la sicurezza è un diritto solo per gli Italiani bianchi?

I nodi prima o poi vengono al pettine e non tutti sono degli Zio tom. Per fortuna!

vuoi fare l'infermiere? allora bada bene di essere ANTICOMUNISTA!

pubblichiamo su segnalazione del compagno Cianù della sez. "Lev Davidovich" del PCL di Massa Carrara

Dal “Manifesto” del 18.9.’08


LA SAPIENZA

Selezione politica nei test per diventare infermiere

Nel quiz di ingresso domande sull'anticomunismo

Sara Menafra

ROMA

Facciamo un test. Volete fare l'infermiere, oppure l'ostetrico o meglio ancora il fisioterapista. E il 9 settembre scorso avete deciso di provare il quiz di ammissione per una laurea triennale delle Professioni sanitarie, all'università la Sapienza di Roma. A voi, come alla studentessa E. V. e ad altri tremila ragazzi, viene sottoposto un questionario in cui vi chiedono di ricordare l'articolo di Asor Rosa sul manifesto - e pazienza se non lo comprate e volete solo fare gli infermieri: «Prescindendo dal pensiero difficilmente condivisibile di Asor Rosa - vi chiede il questionario già alla quarta domanda - che dimentica certe leggi fasciste che poco ebbero a che fare col bene della nazione», la sua dichiarazione sul «fascismo migliore del governo Berlusconi» ha come «possibile spiegazione» (possibile, avete letto bene) che il fascismo proponeva: a) di dare nuovo spazio a quel socialismo a cui aveva aderito il giovane Mussolini; b) di rendere l'Italia autarchica; c) di dichiarare guerra alle plutocrazie occidentali; d) di mettere fine ad un sistema, quello liberale, opposto alla logica marxista; e) di mettere fuori legge la massoneria. Oppure, dovete decidere quale sia il principale paradosso dell'ultimo documentario sulle Brigate rosse («Il Sol dell'avvenire» quello criticato dal ministro Bondi): a) la diaspora comunista non consente interviste; b) la diaspora socialista non consente interviste; c) non si cita la teoria degli "opposti estremismi"; d) i dirigenti politici di sinistra dichiarano di non ricordare; e) la diaspora democristiana non consente interviste. O, ancora, attenzione perché qui c'è un tranello: Ignazio Silone - dice l'autore del quiz - è stato un intellettuale anticomunista, differente dall'intellighenzia di sinistra «prostrata davanti a Togliatti». Di questa «tendenza anticomunista democratica e laica decisiva per la libertà e democrazia dell'Occidente funestato dai totalitarismi» facevano parte anche: a) Quasimodo, Vincenzo Monti; b) Repaci, Alessandro Manzoni; c) Moravia, Leopardi; d) Carducci, Arthur Miller; d) Camus, Orwell. «Se vogliamo dire che chi era contro il comunismo sovietico era anticomunista, allora la risposta è l'ultima. Ma mi pare una definizione opinabile Orwell ha combattuto in Spagna coi trozkisti», spiega Pierpaolo Poggio, ricercatore della Fondazione Micheletti. E scettico è pure lo storico Giovanni De Luna: «Senza troppe sottigliezze possiamo dire che nel '900 un antisovietico era un anticomunista, quello che non capisco è perché proporre una domanda così complessa a degli aspiranti fisioterapisti. Sarebbe una domanda difficile persino per i miei studenti di storia». «Perché?» è esattamente la domanda che si è fatta E. V. la studentessa che, dopo aver partecipato all'esame, ha inviato una copia del quiz al manifesto : «Ho passato l'estate a studiare, ho risposto a centinaia di domande di cultura generale, ma non capisco perché sugli 80 quesiti che mi hanno proposto 33 fossero di questo tono». E. V. voleva fare l'infermiera: «E non capisco perché un infermiere debba conoscere nel dettaglio questi argomenti». Pochi suggerimenti arrivano dalla facoltà Medicina e Chirurgia 1 dell'università la Sapienza di Roma. «Il test di quest'anno non può essere diffuso, i risultati sono stati pubblicati sul sito internet della facoltà due giorni fa». Al rettorato, invece, chiariscono che il questionario di ammissione alle lauree di primo livello nelle «Professioni sanitarie» era lo stesso per tutti i corsi. Ed è stato scritto dai docenti della facoltà. Forse sono loro, i professori, a sapere quale sia la risposta giusta ad una domanda dedicata al perché i giovani di Berlino abbiano «una idea positiva ed idealizzata della Repubblica democratica tedesca». «Perché la loro rappresentazione del passato è influenzata: a) dal ricordo felice dell'ordine garantito dalla polizia segreta; b) dal progresso garantito dall'economia statale; c) dai numerosi premi Nobel in medicina conseguiti; d) dalle grandi realizzazioni del comunismo internazionale; e) più dai ricordi nostalgici di nonni e genitori, che dai libri di storia». Chi non sa risolvere l'arcano è, di certo, il professor Asor Rosa, tirato in ballo dal questionario: «Mi chiedo - risponde - se questo test sia: a) ai limiti della follia; b) ai limiti dell'idiozia; c) ai limiti della disonestà; d) ai limiti della fornicazione. E sulla fornicazione berlusconiana avrei qualcosa da dire».

giovedì 18 settembre 2008

Continua l'infamia


con due articoli fotocopia, report fotocopia e foto fotocopia Repubblica e Corriere danno notizia del corteo per ricordare un ragazzo ucciso dal Razzismo, che tanto efficacemente hanno sparso in questo pese i loro colleghi pennivendoli, solo per dare risalto al fatto che è stato sporcato con vernice l'ingresso del locale, definito questo gesto col la plateale definizione di "disordini".
guardate inoltre le foto per i giornalisti non sono più di 200 i giovani in corteo.

Complimenti per professisonalità, onestà intellettuale e coerenza!

ABBA VIVE!

mercoledì 17 settembre 2008

Scuola, Università, Ricerca: come difendere il carattere pubblico dell’istruzione?

Sabato 20 ore 14.00
Centro Congressi S. Spirito, piazzale Frondizzi Festa nazionale "essere comunisti" Gubbio

Scuola, Università, Ricerca:
come difendere il carattere pubblico dell’istruzione?

  • Maria Campese Insegnante, Direzione nazionale Prc
  • Riccardo Messina Coordinatore nazionale Fgci
  • Federica Musetta Coordinatrice nazionale Udu
  • Francesco Epifani Senatore Accademico Studenti di Sinistra - Firenze
  • Simone Oggionni coordinamento nazionale Gc
  • Coordina Stefano Carlesi dottorando Università di Pisa, G&C essere comunisti

Nei pochi mesi estivi il governo di centro-destra ha attaccato frontalmente il già debole sistema di istruzione pubblica dalle elementari all'Università: in giugno con la manovra finaziaria di Tremonti e il decreto Aprea, in agosto attraverso il disegno di legge presentato dal Ministro Gelmini contenente provvedimenti urgenti su scuola, Università e ricerca.

Con questi tre provvedimenti riprende immediatamente la demolizione da dove l'aveva lasciata la Moratti, ossia dal ribaltamento del concetto di'istruzione pubblica sancito dagli articoli 3, 30 e 33 della Costituzione. Il fine è quello di introdurre in Italia un modello scolastico di ispirazione anglo-americana fondato sul dualismo pubblico privato dove la parola "pubblico" significa: "istruzione al consumo, all'adattamento e la formazione tecnicistica" per i più, mentre "privato" "istruzione di qualità per i pochi che sono disposti ad investire sul proprio futuro, o tramite danari familiari o tramite prestito".

Di fronte ad un attacco a tutto campo contro i pilastri del sistema pubblico dell'istruzione democratica e all'affermazione di una scuola leggera che punta alla preparazione per un lavoro flessibile e alienato piegato alle esigenze della produzione senza più badare all'uomo e al cittadino, la sinistra politica, quella sindacale e quella di movimento non sembrano trovare un terreno comune di collaborazione per salvaguardare e rilanciare un'IDEA di scuola pubblica democratica. Dopo soli 4 mesi di governo dell'attuale maggioranza, in uno scenario politico e sociale inedito, riteniamo che sia già adesso irrevocabile la ricerca di uno spazio condiviso per aprire un confronto tra tutti i soggetti che vivono attivamente il sistema di istruzione italiano dalle elementari all'Università.

Non abbiamo pretese di risolvere il problema, sappiamo che la realtà alle volte è peggio di quanto sembri, ma da comunisti pensiamo che oggi sia più che opportuno un dialogo franco e allargato con tutte quelle forze che cercano di difendere il sistema pubbico dell'istruzione. Con laicità e massima disponibilità mettiamo a disposizione un momento della nostra festa nazionale per rilanciare e difendere la formazione pubblica democratica. Il 20 settembre a Gubbio, alla festa nazionale della rivista "Essere Comunisti".

martedì 16 settembre 2008

Ultras liberi!

Ricomincia il campionato
e parte subito la campagna orchestrata dall'ottima categoria del Benpensate italucus "e dagli a quel cane"!

sky+mediaset+ministero degli interni, insomma la triplice alleanza per l'ottenimento del tifoso anestetizzato da TV, ce la stanno mettendo tutta e come se non bastase dedicano uno spot "ad hoc" per l'ootenimento dello scopo stadi vuoti poltrone piene.


Questo calcio modferno fa proprio skyfo!
Ultras Liberi!

domenica 14 settembre 2008

Giustizia per ABBA !

Continua a mietere vittime la follia razzista e xenofoba in cui sembra oramai sprofondato definitivamente questo paese.
L'ultima vittima è un ragazzo di 20 anni.
Ma per i geni illuminati che siedono in parlamento non si tratta di un problema generale della società ma solo di schegge impazzite!

Giustizia per ABBA!



L'articolo della Repubblica a riguardo !
Sono stati volontariamente ommessi gli incresciosi commenti del "mondo della politica ufficiale"





Milano, giovane di colore ucciso a sprangate
fermati i due aggressori: padre e figlio

Il dolore dei parenti e degli amici: "Una morte assurda"
La condanna di Fassino: "Un gesto di razzismo, ecco dove porta l'odio"

Milano, giovane di colore ucciso a sprangate fermati i due aggressori: padre e figlio

I rilievi della polizia sul luogo dell'aggressione a Milano
MILANO - Sono stati fermati dalla polizia i due uomini, padre e figlio, responsabili della morte di un giovane italiano, Abdul William Guibre, 19 anni, originario del Burkina Faso, aggredito e ucciso stamani con una mazza di legno e una spranga in via Zuretti, a Milano. L'omicidio, accompagnato da insulti razzisti, è avvenuto questa mattina verso le 6. Il giovane è stato subito ricoverato all'ospedale Fatebenefratelli dove è morto qualche ora dopo. Nel pomeriggio i due, uno di bassa statura di circa 25 anni, l'altro più alto, con i capelli bianchi e di circa 40 anni, probabili proprietari di un furgone bar, sono stati individuati e fermati dagli agenti che gli davano la caccia.

FOTO - Il luogo dove è avvenuta l'aggressione

Secondo la ricostruzione degli agenti della questura di Milano, Abdul era con altri due amici di colore, John K., 21enne del Ruanda, e Samir R., 19 anni di Reggio Calabria, dopo aver trascorso la notte in un locale in corso Lodi. A bordo dei mezzi pubblici erano arrivati in via Zuretti, vicino alla Stazione Centrale, con l'intenzione di andare al centro sociale Leoncavallo. A quel punto i tre sono stati avvicinati da un furgone bar da cui sono scesi due uomini, forse italiani, che li hanno accusati di avere rubato della merce.

I due sono passati alle vie di fatto e hanno cominciato a colpire il giovane lanciando epiteti razzisti: "Sporchi negri vi ammazziamo". I tre ragazzi hanno cercato di fuggire ma i due sono riusciti a raggiungere Abdul e lo hanno colpito ripetutamente con le spranghe alla testa. Gli aggrediti sono riusciti ad annotarsi parte della targa del furgone.

Parenti, amici e conoscenti di "Abba", così era soprannominato Abdul, si sono ritrovati all'esterno dell'ospedale. "La morte di Abba è assurda" ha detto sconvolto lo zio Zacaria. "Abba era un ragazzo sempre gentile - ha detto in lacrime il suo amico Francesco -, un ragazzo vero, generoso, pronto sempre ad aiutare le persone che lo circondavano. Eravamo molto amici e una cosa del genere mi fa temere per la mia incolumità. Milano è una città violenta".

Un altro amico di Abdul, Prince, era con lui stanotte in un noto locale in zona Porta Romana. "Ci siamo lasciati alle 4.30, lui era diretto al Leoncavallo per continuare la serata. Non ci credo ancora - ha detto Prince - sono andato a dormire tranquillo e mi sono risvegliato con un caro amico morto. E' incredibile che Abba sia morto per un episodio così spregevole di razzismo. Lui ha sempre odiato ogni tipo di discriminazione ed evitava sempre discussioni con persone che definiva incivili". Abdul guadagnava qualche soldo compiendo qua e là lavoretti saltuari. Era un ragazzo curioso e apprezzato dalle persone adulte per la sua maturità.

Aster Malandilla, padre di Francesco, così ricorda la giovane vittima. "Accompagnavo spesso - ha detto Aster - mio figlio e Abba quando avevano bisogno di un passaggio per andare a ballare. Ero tranquillo quando sapevo che Francesco era con Abba, era un ragazzo coscenzioso ed educato. E' assurdo che in un paese come l'Italia possa essere successo una tragedia come questa. Spero che qualcuno ci aiuti davvero a capire".

giovedì 11 settembre 2008

ITALIA , anno del signore 2008, ma che senso ha essere ancora Antifascisti?


Perchè in italia a oltre 60 anni dalla fine del 2° conflitto mondiale continuiamo a dirci ANTIFASCISTI!



Questo è il motivo
e leggete perchè non possiate dire "io non sapevo!":

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Si erano fermati fuori del paese, vicino Verona, solo per mangiare. Sono stati picchiati, sequestrati e torturati dai carabinieri per ore. La loro testimonianza
Venerdì 5 settembre 2008, ore 12. Tre famiglie parcheggiano le roulotte nel piazzale delle giostre a Bussolengo [Verona]. Le famiglie sono formate da Angelo e Sonia Campos con i loro cinque figli [quattro minorenni], dal figlio maggiorenne della coppia con la moglie e altri due minori, infine dal cognato Cristian Udorich con la sua compagna e i loro tre bambini. Tra le roulotte parcheggiate c’è già quella di Denis Rossetto, un loro amico. Sono tutti cittadini italiani di origine rom.
Quello che accade dopo lo racconta Cristian, che ha trentotto anni ed è nato a San Giovanni Valdarno [Arezzo]. Cristian vive a Busto Arsizio [Varese] ed è un prete tra le comunità rom e sinte della Lombardia. Abbiamo parlato al telefono con lui grazie all’aiuto di Sergio Suffer dell’associazione Nevo Gipen [Nuova vita] di Brescia, che aderisce alla rete nazionale «Federazione rom e sinti insieme».
«Stavamo preparando il pranzo, ed è arrivata una pattuglia di vigili urbani – racconta Cristian – per dirci di sgomberare entro un paio di ore. Abbiamo risposto che avremmo mangiato e che saremmo subito ripartiti. Dopo alcuni minuti arrivano due carabinieri. Ci dicono di sgomberare subito. Mio cognato chiede se quella era una minaccia. Poi cominciano a picchiarci, minorenni compresi».
La voce si incrina per l’emozione: «Hanno subito tentato di ammanettare Angelo – prosegue Cristian – Mia sorella, sconvolta, ha cominciato a chiedere aiuto urlando ‘non abbiamo fatto nulla’. Il carabiniere più basso ha cominciato allora a picchiare in testa mia sorella con pugni e calci fino a farla sanguinare. I bambini si sono messi a piangere. È intervenuto per difenderci anche Denis. ‘Stai zitta puttana’, ha urlato più volte uno dei carabinieri a mia figlia di nove anni. E mentre dicevano a me di farla stare zitta ‘altrimenti l’ammazziamo di botte’ mi hanno riempito di calci. A Marco, il figlio di nove anni di mia sorella, hanno spezzato tre denti… Subito dopo sono arrivate altre pattuglie: tra loro un uomo in borghese, alto circa un metro e settanta, calvo: lo chiamavano maresciallo. Sono riuscito a prendere il mio telefono, ricordo bene l’ora, le 14,05, e ho chiamato il 113 chiedendo disperato all’operatore di aiutarci perché alcuni carabinieri ci stavano picchiando. Con violenza mi hanno strappato il telefono e lo hanno spaccato. Angelo è riuscito a scappare. È stato fermato e arrestato, prima che riuscisse ad arrivare in questura. Io e la mia compagna, insieme a mia sorella, Angelo e due dei loro figli, di sedici e diciassette anni, siamo stati portati nella caserma di Bussolengo dei carabinieri».
«Appena siamo entrati,erano circa le due – dice Cristian – hanno chiuso le porte e le finestre. Ci hanno ammanettati e fatti sdraiare per terra. Oltre ai calci e i pugni, hanno cominciato a usare il manganello, anche sul volto… Mia sorella e i ragazzi perdevano molto sangue. Uno dei carabinieri ha urlato alla mia compagna: ‘Mettiti in ginocchio e pulisci quel sangue bastardo’. Ho implorato che si fermassero, dicevo che sono un predicatore evangelista, mi hanno colpito con il manganello incrinandomi una costola e hanno urlato alla mia compagna ‘Devi dire, io sono una puttana’, cosa che lei, piangendo, ha fatto più volte».
Continua il racconto Giorgio, che ha diciassette anni ed è uno dei figli di Angelo: «Un carabiniere ha immobilizzato me e mio fratello Michele, sedici anni. Hanno portato una bacinella grande, con cinque-sei litri di acqua. Ogni dieci minuti, per almeno un’ora, ci hanno immerso completamente la testa nel secchio per quindici secondi. Uno dei carabiniere in borghese ha filmato la scena con il telefonino. Poi un altro si è denudato e ha detto ‘fammi un bocchino’».
Alle 19 circa, dopo cinque ore, finisce l’incubo e tutti vengono rilasciati, tranne Angelo e Sonia Campos e Denis Rossetto, accusati di resistenza a pubblico ufficiale. Giorgio e Michele, prima di essere rilasciati, sono trasferiti alla caserma di Peschiera del Grada per rilasciare le impronte. Cristian con la compagna e i ragazzi vanno a farsi medicare all’ospedale di Desenzano [Brescia].
Sabato mattina la prima udienza per direttissima contro i tre «accusati», che avevano evidenti difficoltà a camminare per le violenze. «Con molti familiari e amici siamo andati al tribunale di Verona – dice ancora Cristian – L’avvocato ci ha detto che potrebbero restare nel carcere di Verona per tre anni». Nel fine settimana la notizia appare su alcuni siti, in particolare Sucardrom.blogspot.com. La stampa nazionale e locale vigliaccamente tace non scrive nulla, salvo l’Arena di Verona. La Camera del lavoro di Brescia e quella di Verona, hanno messo a disposizione alcuni avvocati per sostenere il lavoro di Nevo Gipen.
di Gianluca Carmosino (Carta)


lunedì 8 settembre 2008

La nostra Resistenza



Esattamente sessantacinque anni fa, durante le giornate dell’8 ed il 9 settembre 1943, all’indomani della proclamazione dell’armistizio con gli Alleati, l’Italia venne occupata dalle truppe naziste. In quelle giornate piccoli gruppi di antifascisti, capeggiati dai dirigenti liberati dal confino, presero l’iniziativa e cominciarono a radunare uomini ed armi, preparando il terreno per quel movimento di massa che fu la Resistenza.

L’inizio, però, fu tutt’altro che semplice. Proprio nel pomeriggio dell’8 settembre gruppi di antifascisti, in appoggio a reparti di ciò che rimaneva del Regio Esercito, si opposero in armi all’occupazione delle truppe hitleriane a Roma, segnando con la battaglia di Porta San Paolo e delle vie consolari del Testaccio un primo fondamentale episodio di aperta ostilità al nemico. La battaglia fu inevitabilmente perduta, visto che gli alti ufficiali delle forze armate, fedeli alla monarchia ed a Badoglio, si rifiutarono di opporre resistenza all’invasore. Così non fu per i soldati ed alcuni ufficiali, che scelsero di darsi alla macchia ed unirsi alle formazioni partigiane. Ma tra gli animatori della battaglia di Roma troviamo dei futuri protagonisti e comandanti partigiani della Resistenza tra cui, solo per citarne alcuni, Longo e Secchia per i comunisti, Pertini per i socialisti, La Malfa per gli azionisti.

Nella notte fra il 9 ed il 10 settembre ’43 gruppi di patrioti, esasperati dalla fame, dai bombardamenti e dalla miseria della guerra, presero d’assalto la caserma del Vasto a Napoli, procurando le prime munizioni per i resistenti che, durante le Quattro giornate, scacciarono l’invasore. In tutta Italia i soldati ed i civili si diedero alla macchia per sfuggire ai bandi di arruolamento forzato della Wermacht ed ai rastrellamenti delle S.S..

Tutte le organizzazioni antifasciste dovettero fronteggiare difficoltà enormi per stabilire contatti e collegamenti con coloro che, anche tentando la fuga verso i monti, tentavano di resistere al nemico. Inoltre, quando venne costituita la Repubblica di Salò, tutta la marmaglia radunata da Mussolini, costituita da criminali liberati dalle carceri in compenso di vitto ed alloggio, pianificò il terrore tra la popolazione civile, aiutando i nazisti a saccheggiare, depredare e massacrare il nostro popolo, già martoriato da venti anni di fascismo e dalla Seconda guerra mondiale.

Soltanto il Partito Comunista Italiano, forte di una ventennale esperienza di cospirazione al regime, ebbe la capacità di organizzare la lotta, sia sul piano civile, tra gli operai, le donne ed i giovani, sia sul piano militare, costituendo da subito le Brigate d’assalto Garibaldi ed i Gruppi di azione patriottica, pianificando azioni di guerriglia in montagna ed in pianura. Gli Alleati angloamericani, che sbarcarono in Sicilia e risalirono lentamente la penisola, incontrando gravi difficoltà nell’avanzata, mantennero sempre un atteggiamento ambiguo nei confronti della Resistenza, se non di aperta ostilità: distribuivano aiuti economici alle organizzazioni moderate e conservatrici, come i monarchici ed i democristiani che tendevano ad impedire la lotta armata, per paura che i comunisti e le sinistre riuscissero a conquistare la coscienza politica del nostro popolo, con il risultato di accelerare la sconfitta dei nazifascisti e radicalizzare il conflitto di classe nel paese.

Nonostante il boicottaggio alleato, l’attesismo dei partiti conservatori, la furia sanguinaria e davastatrice dei nazifascisti quel piccolo pugno di rivoluzionari, che per anni si era opposto al regime, sfidandone la polizia, la rete di delatori, le botte, le galere ed il confino, riuscì a costruire un vero e proprio esercito partigiano, che umiliò un nemico inizialmente invincibile, e lo cacciò per sempre dalle nostre terre. Si pose, inoltre, alla testa del nostro popolo, che conquistò il diritto a decidere del proprio destino, liberandosi della monarchia, e scrisse, nero su bianco, quei diritti affermati con la lotta.

Al revisionismo contemporaneo, che presenta ai giovani la Resistenza come un secondo Risorgimento, quando semmai è stato l’unico reale processo di unificazione nazionale nella coscienza civile degli italiani, non si può rispondere soltanto invocando la “memoria”. Tutte le tradizioni per vivere in un popolo devono essere rinnovate; l’antifascismo, con tutto il patrimonio di progresso politico e sociale di cui si fa portatore, non può essere contemplato come un’idea astratta, che improvvisamente ha mutato l’ordinamento politico e sociale del nostro paese. Questa è l’ipocrita lettura che danno le istituzioni borghesi, per lavarsi la faccia di fronte alle organizzazioni combattentistiche e dei deportati, mentre tagliano i fondi all’A.N.P.I., riscrivono i libri di testo scolastici, presentando i partigiani ed i repubblichini come figli di una comune “passione” politica, mentre lasciano agire impuniti i gruppi neofascisti, ringalluzziti dal clima politico, che pestano ed uccidono giovani ed immigrati.

No, per noi comunisti l’antifascismo non può essere questo. Per noi l’antifascismo è l’insegnamento che di fronte alla situazione più disperata ed alle difficoltà più grandi esiste sempre la speranza di cambiare le cose. E l’unico modo per farlo è lottare, restituendo agli sfruttati nuova linfa per il riscatto di massa.

Antifascismo per noi oggi significa lottare con più forza ed organizzazione contro vecchi e nuovi oppressori, contro Berlusconi ed il governo delle destre, contro i padroni, che fanno lavorare tanto e pagano poco, uccidendo padri di famiglia. Antifascismo significa prepararsi a qualsiasi difficoltà, tenere duro quando gli altri mollano, combattere quando gli altri si arrendono. L’antifascismo per noi, e per tutti coloro che non accettano l’ingiustizia della realtà, significa continuare quella lotta cominciata sessant’anni fa e mai conclusa. Forse è per questo che la parola Resistenza per noi non è una lapide da commemorare, ma una parola che descrive il passato, il presente ed il futuro.

8 settembre 2008,

Daniele Maffione

Tornano i manganelli



Da Milano a Vicenza, a difesa di Fascisti e Basi militari straniere, torna di moda il manganello.
Sotto il nuovo governo Berlusconi gli apparati con il monopolio della violenza sembrano tornare ai vecchi fasti di un tempo quando molte storture della società si appianavano a colpi di...manganello.
Solo sabato in ben due città la polizia risfodera con piacere i vecchi strumenti, e così si colpisce chi lotta ogni giorno contro razzisti e prepotenti.
Come sinceri democratici non possiamo che condannare questi metodi brutali di risoluzione delle controversie sociali. Manifestare è un diritto costituzionale eccessivamente limitato da leggi fasciste fuori dal tempo e lontane dalla realtà.
Non possiamo quindi che solidarizzare e dimostrare vicinanza a tutti i pestati nella giornata di sabato 6 settembre.

Mai un Passo indietro!


a Milano (per maggiori info clicca qui)


e a Vicenza:
(per maggiori info clicca qui)

giovedì 4 settembre 2008

Rudolf Jacobs

ANPI Sarzana, Libreria del Fumetto Comic House, Liceo Classico T. Parentucelli

Sono lieti di invitarVi

alla presentazione del libro a fumetti

Rudolf Jacobs. Un ricordo indelebile

Lunedì 8 settembre, ore 18,00

Piazza Luni, Sarzana

con il patrocinio del Comune di Sarzana


Il volume è in vendita, al costo di 7 euro presso :

Libreria del Fumetto “Comic House” a Sarzana (SP), via Gramsci 25/a

tel. 0187.62212166 - info@comichouse.it

ANPI – Associazione Nazionale Partigiani, sezione di Sarzana (SP) in via Lucri 7

tel. 0187.4141129 - anpigiosarzana@libero.it; denigiraffa@alice.it

per maggiori informazioni su Rudolf_Jacobs clicca qui.


martedì 2 settembre 2008

Cortei Antifascisti

Da Roma alla Versilia pronta la risposta alle aggressioni Fasciste:




Cronaca del corteo dal sito dadaviruz

Più di trecento persone hanno sfilato in corteo, ieri 31 agosto, a Marina di Pietrasanta dal pontile di Tonfano fino alla Versiliana di Fiumetto, per ribadire un no secco al ritorno del fascismo. Il corteo partito alle 17.40 è giunto intorno 19 alla Versiliana, chiusa a dire di Simoni per motivi d’ordine pubblico. Davanti ai cancelli del “caffè” è stata ricordata l’aggressione squadrista di alcuni esponenti di AN a danno di alcuni militanti antifascisti che, il 19 agosto, durante la commemorazione del fucilatore di partigiani Giorgio Almirante contestarono democraticamente l’iniziativa. La partecipazione al corteo è stata alta se consideriamo anche che si trattava dell’ultima domenica d’agosto. Il corteo è stato unitario, nonostante le diverse sensibilità. Aperto da uno striscione: “Ieri come oggi antifascisti contro ogni ritorno” firmato antifascisti versiliesi. A seguire i partiti: PCL, CARC e PRC quest’ultimo partecipando ha smentito i vendoliani che annunciavano un semplice presidio. Lo spezzone più grande è stato quello dell’antagonismo sociale che oltre a Dada Viruz Project e il SARS ha visto la partecipazione anche dei compagni dei centri sociali di Massa, Lucca e Pisa. Questo spezzone cerca di attualizzare le pratiche dell’antifascismo contestualizzandole alle lotte quotidiane contro CPT, impronte digitali, aggravanti di clandestinità, esercito per le strade e tutte le perverse logiche di guerra e repressione che il governo sta attuando. Alla manifestazione erano presenti anche i compagni di Sinistra Critica, Lotta e Unità, Giovani Comunisti e ARCI in fine a chiudere uno spezzone anarchico con lo striscione antifascista e antiautoritario.

e la cronaca del corteo romano:
Accoltellati tre ragazzi «Siete solo delle zecche»
La matrice è fascista, i giovani erano al concerto in ricordo di Biagetti
GIACOMO RUSSO SPENA
ROMA
da il manifesto

Tre coltellate alla coscia destra. Da dietro. All'improvviso. Il tempo di dire «Ma sei impazzito?». Dopo, la lama affonda altre tre volte. Uno squarcio di dieci centimetri, chiuso da quindici punti qualche ora dopo, nell'ospedale romano del Cto. Fabio Sciacca, ventottenne attivista dei centri sociali, è l'ultima vittima di una lunga lista d'aggressioni fasciste. Venerdì sera, insieme ai suoi compagni dello squat Laurentino 38, era andato al concerto in ricordo del suo amico Renato Biagetti, assassinato il 27 agosto di due anni fa fuori da un locale di Focene, sul litorale romano. Alla serata commemorativa, al parco Schuster, in zona Ostiense, hanno partecipato migliaia di persone: c'era musica, comici (fra gli altri Andrea Rivera), persino un po' di allegria. «Come sarebbe piaciuto a Renato», dicono i giovani del centro sociale Acrobax, quello Renato. Fabio era lì. Era anche salito sul palco, verso l'una, aveva raccontato un suo ricordo dell'amico ucciso. Finita la festa verso le due, smontati gli stand e pulito il parco, si era trasferito con un'altra cinquantina di persone nel vicino centro sociale Pirateria, per continuare a sentire un po' di musica. In compagnia. Fino alle tre e mezza.
A quell'ora Fabio decide di tornare a casa. Si incammina con due amici, Emiliano M. (27 anni) e Milvio M. (30), a prendere la macchina che è rimasta parcheggiata vicino il parco Schuster. All'improvviso, all'altezza della facoltà di Economia di Roma Tre, appare un gruppo di persone. Sono una decina.Da dietro, da un angolo di strada non illuminato. Urlano «pezzi di merda, zecche infami». Pochi secondi dopo, l'attacco con catene, oggetti contundenti e un coltello. Quello cha andrà a ficcarsi nella coscia destra di Fabio che, dopo sei colpi, cade a terra. A quel punto gli sferrano un calcio in faccia.
Intanto anche Emiliano viene spintonato a terra da tre assalitori: riceve una serie di pestoni. Se la caverà con molti lividi sul fianco destro. Va meglio, per fortuna, a Milvio che riesce a divincolarsi. Poi all'improvviso gli assalitori svaniscono nel nulla. «Qualcuno era rasato, altri avevano un cappelletto», racconta Emiliano, comunque «erano tutti fascisti, vestiti da pariolini», è la sua descrizione. Polo nere, magliette Fred Perry e pantaloni di marca a tre quarti. Tutti tra i venti e i trenta anni. E a volto scoperto. Come fossero sicuri che questo gesto non avrebbe avuto alcuna conseguenza. «Quello che mi ha dato le coltellate - dice Fabio dal letto d'ospedale in cui è ricoverato (e lo sarà ancora un po', almeno fino a quando non ci sarà più il rischio di un'infezione interna) - aveva più o meno l'età mia». Dieci minuti dopo l'aggressione arriva prima l'ambulanza e poi una volante dei carabinieri che ora stanno indagando sull'episodio. «E pensare che un anno e mezzo fa mio figlio è andato a vivere il Chiapas, nel Messico», dice Teresa, la mamma di Fabio. «Ero preoccupata, credevo fosse pericoloso». Il pericolo era qua, nella sua città, dove Fabio è tornato per le vacanze. «È stato un agguato fascista premeditato - denunciano i centri sociali -. Hanno rivendicato a coltellate l'assassinio di Renato».
Ma ora la polemica è anche sulle forze dell'ordine, presenti in gran numero durante l'iniziativa al parco: otto blindati e alcune volanti fra polizia e carabinieri. E tanta Digos 'visibile' tra gli stand. Eppure non hanno evitato l'aggressione. L'ennesima. La questura si difende sostenendo che «l'episodio è avvenuto dopo il servizio di sicurezza pubblica per il parco. La festa era finita alle due di notte». Quindi non era più loro competenza difendere l'incolumità dei giovani. Ora i carabinieri stanno visionando i nastri delle telecamere a circuito chiuso dell'università, che potrebbero aver ripreso qualche particolare dell'aggressione.
«Non sono stati in grado di fermare la mano assassina» attacca il comitato Madri per Roma Città Aperta, di cui fa parte Stefania Zuccari (la mamma di Biagetti), che poi si rivolge al sindaco Alemanno: «Vogliamo una risposta sui provvedimenti che il sindaco intende prendere verso questi individui che praticano l'uso della lama e della violenza». Dal canto suo il Campidoglio esprime «ferma condanna» per l'accaduto e dà «piena solidarietà alle vittime dell'aggressione». Parole giudicate ipocrite e respinte al mittente dai ragazzi dei centri sociali: «E' lui - dicono - il mandante politico di queste azioni».
In serata da parco Schuster verso Santa Maria in Trastevere è partito un corteo contro «la violenza nera». «Agosto 2006-agosto 2008, stesse lame, stesse trame» è lo striscione di apertura. Ma i manifestanti attaccano l'inutile militarizzazione della città, ricordando anche il recente pestaggio e strupro dei due turisti olandesi: «Pacchetto sicurezza - sicuri da morire», è un altro dei loro striscione.