venerdì 30 gennaio 2009

Stone Paper


Ne sentivamo tutti la mancanza ma ecco che arriva la carta fatta di carbonato di calcio,
alias "Stone paper", ovvero carta di roccia.
La geniale innovazione viene presentata come una soluzione più eco compatibile della carta.
Peccato che la carta provenga dalla cellulosa che è di origine vegetale, mentre le rocce aihmè non si riproducono e non ricrescono.

L'OMIA ringrazia
le apuane un po meno.

martedì 27 gennaio 2009

Building Resistance venerdì 30 gennaio, alle 21e30.

venerdì 30 gennaio, alle 21e30.
via Tenerani, 1 a Carrara
nei locali dell’ Underground
(vicino alla scuola Saffi)




Il coordinamento provinciale in sostegno del popolo palestinese
invita la cittadinanza a partecipare alla
proiezione del documentario

Building Resistance
girato in Palestina dal giornalista inviato di Report, Giuliano Marrucci.

Dopo la proiezione interverrà Ronit, una israeliana pacifista

L’iniziativa avrà luogo in via Tenerani, 1 a Carrara
nei locali dell’ Underground
(vicino alla scuola Saffi)

lunedì 26 gennaio 2009

Altro sovversivo articolo filoterrorista da quei comunistacci del Times

Dobbiamo aggiustare l'immagine distorta che abbiamo di Hamas

di William Sieghart

su Times online del 12/01/2009

Gaza è una società laica dove la gente ascolta musica pop, guarda la tv, e molte donne camminano per strada senza il velo.

La settimana scorsa ero a Gaza. Mentre ero lì ho incontrato una ventina di poliziotti che partecipavano a un corso in gestione dei conflitti. Erano ansiosi di sapere se gli stranieri si sentivano al sicuro da quando Hamas era al governo. “Sì, certamente!” ho risposto. Senza dubbio gli ultimi 18 mesi hanno visto una relativa calma per le strade di Gaza; nessun uomo armato per le strade, niente più rapimenti. Hanno sorriso pieni di orgoglio e ci hanno salutato con un arrivederci.
Meno di una settimana dopo tutti questi uomini erano morti, uccisi da un razzo israeliano durante una cerimonia di passaggio di grado. Erano “uomini armati e pericolosi di Hamas” ? No, erano poliziotti disarmati, impiegati pubblici uccisi non durante un “campo di addestramento militante” ma nella stessa stazione di polizia al centro di Gaza City usata dagli Inglesi, dagli Israeliani e da Fatah durante il periodo in cui questi guidavano il paese.
Questa distinzione è cruciale perché mentre le terrificanti scene di Gaza e Israele vengono trasmesse nei nostri schermi televisivi, si sta combattendo anche una guerra fatta di parole che sta oscurando la nostra comprensione della realtà dei fatti.
Chi o cosa è Hamas, il movimento che il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak vorrebbe annientare come se fosse un virus? Perchè ha vinto le elezioni palestinesi e perché permette che vengano sparati razzi su Israele?
La storia degli ultimi tre anni di Hamas rivela come l’incomprensione riguardo a questo movimento da parte dei governi di Israele, degli Stati Uniti e Regno Unito ci abbia condotto alla situazione brutale e disperata in cui siamo.
La storia comincia circa tre anni fa quando “Cambiamento e Riforma”, il partito politico di Hamas, ha inaspettatamente vinto le prime elezioni libere e regolari del mondo arabo, in una piattaforma politica che vedeva la fine della corruzione endemica e il miglioramento dei quasi inesistenti servizi pubblici nella Striscia di Gaza. Contro un’opposizione divisa questo partito apparentemente religioso si è impresso nella comunità a prevalenza laica tanto da guadagnare il 42 per cento dei voti.
v I palestinesi hanno votato per Hamas perchè hanno pensato che Fatah, il partito del governo che hanno bocciato, li ha delusi. Nonostante la rinuncia alla violenza e il riconoscimento dello Stato d’Israele, Fatah non ha realizzato uno Stato palestinese.
v E’ essenziale sapere questo per capire la cosiddetta posizione di rifiuto di Hamas. Che non riconoscerà Israele o rinuncerà al diritto di resistere finchè non sarà sicuro dell’impegno mondiale a raggiungere una soluzione per la questione palestinese.
Nei cinque anni in cui ho visitato Gaza e la Cisgiordania ho incontrato centinaia di politici e di sostenitori di Hamas. Nessuno di loro ha professato lo scopo di islamizzare la società palestinese, in stile talebano. Hamas conta troppo sui votanti laici per fare questo. La gente ascolta ancora la musica pop, guarda la televisione e le donne ancora scelgono se indossare il velo o no.
La leadership politica di Hamas è probabilmente la più qualificata nel mondo. Può vantare nelle sue file più di 500 laureati col titolo di dottorato, la maggioranza fatta di professionisti della classe media (dottori, dentisti, scienziati, e ingegneri).
La maggior parte della leadership di Hamas si è formata nelle nostre università è non ha maturato nessun odio ideologico contro l’Occidente. E’ un movimento basato sul malcontento, dedicato ad affrontare l’ingiustizia compiuta sul suo popolo. Ha coerentemente offerto una tregua di dieci anni per fornire uno spazio di respiro per poter risolvere un conflitto che continua ormai da pià di 60 anni.
La reazione di Bush e Blair alla vittoria di Hamas nel 2006 è la chiave dell’orrore di oggi. Invece di accettare il governo democraticamente eletto, hanno finanziato un tentativo di rimuoverlo con la forza; addestrando e armando i gruppi di combattenti di Fatah per rovesciare militarmente Hamas e imporre ai Palestinesi un governo nuovo e non eletto da loro. Come se non bastasse, 45 membri del Parlamento di Hamas sono ancora detenuti nelle prigioni israeliane.
v Sei mesi fa il governo israeliano ha accettato una tregua, mediata dall’Egitto, con Hamas. In cambio del cessate il fuoco Israele ha acconsentito all’apertura dei valichi e permesso il libero flusso dei beni essenziali dentro e fuori da Gaza. I lanci di razzi sono terminati ma i valichi non sono stati mai totalmente aperti, e la popolazione di Gaza ha iniziato a morire di fame. Questo devastante embargo non è una vittoria della pace.
Quando gli occidentali chiedono che cosa abbiano in mente i leader di Hamas quando ordinano o permettono il lancio di razzi su Israele, non stanno comprendendo la posizione dei palestinesi. Due mesi fa le Forze di Difesa israeliane hanno rotto la tregua entrando a Gaza e cominciando di nuovo il ciclo di uccisioni.
Dal punto di vista palestinese ogni giro di razzi lanciati è una risposta agli attacchi israeliani. Dal punto di vista israeliano è il contrario. Ma cosa significa quando Barack parla di distruzione di Hamas? Significa uccidere il 42 per cento dei palestinesi che hanno votato per esso? Significa rioccupare la Striscia di Gaza da cui Israele si è ritirato così dolorosamente tre anni fa? O significa separare in modo permanente i palestinesi di Gaza e quelli della Cisgiordania, politicamente e geograficamente?
E per coloro il cui mantra è la sicurezza di Israele, quale sorta di minaccia costituiscono i tre quarti di un milione di giovani che stanno crescendo a Gaza con un odio implacabile contro chi li riduce alla fame e li bombarda?
E’ stato detto che questo conflitto è impossibile da risolvere. In realtà, è davvero semplice. Il vertice delle mille persone che governano Israele (politici, generali e lo staff della sicurezza) e il vertice dei palestinesi islamisti non si sono mai incontrati. Una pace che sia tale richiede che questi due gruppi si siedano insieme senza pregiudizi. Ma gli eventi di questi giorni sembra abbiano reso ciò più improbabile che mai. Questa è la sfida per la nuova amministrazione di Washington e per i suoi alleati europei.

William Sieghart

Scontro tra le forze dell'ordine e i profughi ospiti del centro della Croce Rossa Italiana in localita' Partaccia

Ve lo giro come mi è arrivato

Scontro tra le forze dell'ordine e i profughi sbarcati a Lampedusa questa estate e ospiti del centro della Croce Rossa Italiana in localita' Partaccia a Marina di Massa. I profughi, circa 50 tra cui molte donne, hanno manifestato senza autorizzazione, occupando piazza della Liberazione, nel centro di Massa, intorno alle 11, bloccando il traffico. Dopo essere stati piu' volte avvertiti di sgombrare la piazza, le forze dell'ordine, in tenuta antisommossa, hanno proceduto allo sgombero forzato caricando il gruppo di manifestanti. Alcuni di questi sono stati prelevati dai carabinieri e dalla polizia, mentre una parte e' stata scortata al centro CRI dove sono ospiti dal 3 agosto scorso 103 profughi. Non c'e' ancora una stima dei feriti. I profughi manifestavano per il ritardo di richiesta dello status di rifugiato politico. Da oggi hanno detto che inizieranno anche lo sciopero della fame. Repubblica di oggi

Gravissima aggressione delle forze dell’ordine contro un gruppo di immigrati che stavano legittimamente manifestando in difesa dei loro diritti!

Dal compagno dell’Associazione solidarietà proletaria sez di Massa Carrara

“Sono arrivato alle 13,00 sul luogo, i celerini, capeggiati dallo stesso dirigente che tentò di caricare gli antifascisti un anno fa in piazza Mercurio al presidio contro Fiamma Tricolore, brandivano i manganelli non permettendo ai passanti di avvicinarsi in difesa degli immigrati, io stesso sono stato intimato ad allontanarmi, ho protestato dicendo che era in corso una manifestazione di protesta ed era un mio diritto parteciparvi e così mi sono fatto largo.

Erano presenti Alessio Castelli segretario della Fiom di Massa Carrara, il vicesindaco di Massa Martina Nardi e Mario Ricci del Prc, che fondamentalmente stavano facendo un’opera di convincimento per fare desistere con le buone i manifestanti invece di schierarsi dalla loro parte facendo da scudo contro le intenzioni violente della celere.

La scena era commovente, c'erano ragazze giovani, una di queste incinta, ragazzi, uomini, stesi per terra abbracciati l'uno all'altro che resistevano al tentativo di sgombero, erano tutti bagnati da due ore di pioggia.

Il capetto ad un certo punto ha strigliato i celerini indecisi urlando e ordinando l'uso della forza.

A quel punto mi sono gettato a terra anche io unendomi a loro, gridando alla sbirraglia che era un loro diritto protestare per denunciare il mancato rispetto dei diritti umani.

Il capetto a questo punto stizzito urlando ha ordinato il mio arresto.

Tre agenti della Digos mi hanno portato via di peso e mi hanno allontanato di una decina di metri dai manifestanti.

Nonostante le intimazioni ho preteso di rimanere sul posto per accertarmi che non venisse usata violenza contro gli immigrati e così è stato, un agente della Digos mi ha tenuto stretto per un braccio per tutto il tempo.

I profughi del campo della Cri sono stati caricati a forza sulle camionette, sotto i riflettori delle telecamere i celerini ci sono andati cauti, non hanno usato i manganelli, ma qualche figlio di puttana ha approfittato della mischia per tirare dei calci agli immigrati, il tutto sotto gli ordini urlati del dirigente delle operazioni che ammantato della fascia tricolore minacciava di arresto chiunque apriva bocca.”

Questo gravissimo episodio non deve passare nell’indifferenza, questo episodio deve essere denunciato come una grave violazione dei diritti umani, i diritti secondo la Costituzione sono uguali per tutti gli esseri umani e devono essere garantiti e non repressi con la forza.

I diritti umani sono tali a prescindere dal fatto che una persona possa avere o meno un documento in tasca, i diritti umani non hanno colore, lingua, tradizione o permessi bollati, i diritti umani sono di tutti e basta!

Questi rifugiati hanno il diritto di vivere liberi, è illegale tenerli rinchiusi in un campo circondati dal filo spinato, è illegale picchiarli, questi rifugiati devono essere liberi di manifestare per rivendicare i loro diritti, quello che è illegale è illegale è l’operato della celere.

Invitiamo tutti a partecipare domani pomeriggio dalle ore 15.00 in poi, al presidio già previsto per domani 27 gennaio, davanti al Palazzo Ducale di Massa, in occasione del consiglio regionale straordinario dedicato alla memoria del genocidio del popolo ebreo.

Vi invitiamo tutti per manifestare lo sdegno e la rabbia per questa aggressione razzista.

Commemoriamo il genocidio del popolo ebreo denunciando il razzismo, l’intolleranza, il fascismo e la repressione, pretendiamo e lottiamo per conquistare un mondo fatto di pace e di uguaglianza!

No al razzismo!

Libertà per gli immigrati!

Domani martedì 27 gennaio alle ore 15.00

tutti davanti al Palazzo Ducale di Massa!



MASSA - Scontro tra le forze dell'ordine e i profughi sbarcati a Lampedusa questa estate e ospiti del centro della Croce Rossa Italiana in località Marina di Massa. I profughi, circa 50 tra cui molte donne, hanno manifestato senza autorizzazione, occupando piazza della Liberazione, nel centro di Massa, intorno alle 11, e bloccando il traffico.

Dopo aver più volte invitato gli extracomunitari a porre fine alla protesta, le forze dell'ordine in tenuta antisommossa sono intervenute per disperderli. Il gruppo ha però cercato di opporsi sedendosi a terra. Durante l'intervento di polizia e carabinieri alcuni manifestanti sono rimasti feriti, altri sono stati fatti salire su una camionetta e una parte è stata scortata al centro Cri. Feriti ci sarebbero anche fra le forze dell'ordine.

I profughi, per lo più eritrei e somali, manifestavano per il ritardo di richiesta dello status di rifugiato politico e per sollecitare le autorità ad esaminare le loro richieste di permesso di soggiorno.

In mattinata è intervenuta anche la vicesindaco della città, Martina Nardi, per cercare una mediazione. Gli immigrati hanno chiesto di parlare con un delegato dell'Onu e, in attesa, hanno dichiarato lo sciopero della fame. Il gruppo fa parte delle 104 persone arrivate in agosto a Marina di Massa da Lampedusa, perchè il centro dell'isola era sovraffollato.

sabato 24 gennaio 2009

Sabato 24 CARRARA


ORE 17.00 RIDOTTO TEATRO ANIMOSI CARRARA
PROIEZIONE "JENIN JENIN" E "DA QUANDO TE NE SEI ANDATO"
DEL REGISTRA ARABO-ISRAELIANO MOHAMMAD BAKRI
AL TERMINE DIBATTITO.

venerdì 23 gennaio 2009

CELEBRIAMO LA MEMORIA DEI GENOCIDI DI IERI, CONDANNANDO SENZA AMBIGUITÀ I GENOCIDI DI OGGI!

CELEBRIAMO LA MEMORIA DEI GENOCIDI DI IERI, CONDANNANDO SENZA AMBIGUITÀ I GENOCIDI DI OGGI!
MARTEDÌ 27 GENNAIO ORE 15.00 PRESIDIO DAVANTI AL PALAZZO DUCALE DI MASSA

Il 27 gennaio in tutta Italia viene celebrato il giorno della memoria "per non dimenticare" l'olocausto nei confronti del popolo ebreo da parte dei nazisti e dei fascisti.
In Toscana il consiglio regionale tiene una seduta solenne al Palazzo Ducale di Massa alle ore 15.30.
Il Presidio permanente per la Palestina di Massa Carrara intende presenziare con un presidio davanti all’entrata del Palazzo Ducale per tenere alta l’attenzione sui crimini di Israele e il genocidio del popolo palestinese.
Con questa nostra iniziativa intendiamo denunciare i persecutori di oggi, per ricordare degnamente i perseguitati di ieri, questo sarà il messaggio che andremo a portare a tutti quelli che si accingono a celebrare questa data.
Non si possono commemorare le vittime del genocidio del popolo ebreo da una parte e chiudere gli occhi sul genocidio del popolo palestinese dall’altra.
Per questo motivo il Presidio permanente per la Palestina intende consegnare un appello al consiglio regionale della Toscana affinché, nel giorno dedicato alla memoria, questo si faccia promotore di un documento ufficiale in cui si chieda, secondo quanto prevede la Costituzione italiana, l’immediata cessazione da parte dello stato Italiano di ogni collaborazione militare con lo stato di Israele, colpevole di aver commesso e di continuare a commettere, come lo stesso Presidente dell’assemblea generale dell’O.N.U. Brockmann le ha definite, “gravi e smisurate violazioni del diritto umanitario internazionale”.
Chiediamo inoltre che questo consiglio regionale si pronunci chiaramente in difesa dei diritti del popolo palestinese affinché cessi immediatamente il criminale embargo imposto alla popolazione della striscia di Gaza.
Questa presa di posizione da parte della regione Toscana, nella giornata in cui si ricorda l’orrore dell’intolleranza e della sopraffazione contro il popolo ebraico si rende necessaria per evitare che la giornata del 27 non si trasformi in un oltraggio di ipocrisia verso la memoria del genocidio ebraico. Che senso ha celebrare il ricordo di un genocidio di ieri se si tengono poi gli occhi chiusi davanti ai genocidi di oggi?
Che senso ha spendere centinaia di migliaia di euro per curare negli ospedali della Toscana qualche bambino palestinese se poi si vendono ad Israele le bombe per ucciderne altri a centinaia?
Proprio nel settantesimo anniversario delle leggi razziste emanate dal regime fascista in Italia contro gli ebrei, intendiamo combattere l’indifferenza, l’ambiguità e il silenzio vergognoso “professato” dalle istituzioni durante i giorni del massacro di Gaza, atteggiamento che continua tutt’oggi con il proseguire degli accordi militari ed economici portati avanti dallo stato Italiano con lo stato di Israele.
Il 27 gennaio intendiamo quindi commemorare nel modo più degno la tragedia del popolo ebraico, il 27 gennaio intendiamo condannare pubblicamente il razzismo, il fascismo e l’antisemitismo con forza e senza mezzi termini, ma soprattutto il 27 gennaio, non staremo in silenzio.
Per questo motivo invitiamo tutti la cittadinanza democratica ad unirsi a noi per condividere la nostra richiesta al consiglio regionale affinché il ricordo del genocidio ebraico possa essere celebrato degnamente e non finisca imbalsamato nel “museo” di un cerimoniale puramente ideale e indifferente alla realtà.
CONTRO L’EMBARGO CRIMINALE IMPOSTO ALLA POPOLAZIONE DELLA STRISCIA DI GAZA!
PER IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI DEL POPOLO PALESTINESE!
Presidio permanente per la Palestina (Massa Carrara)

La CGIL non è sola, ma il PD che fa?

contro l'accordo separato si èschierata per adesso la CGIL, e l'unico partito che ha ufficialmente preso le parte del sindacato è il PRC, ma PD e Di Pietro che fanno?
Si attendono delucidazioni!


CONTRATTI: FERRERO, PERCHE' PD TACE SU ACCORDO SEPARATO?

"L'accordo sulla contrattazione firmato ieri senza Cgil servira' solo a dirottare i costi della crisi verso i lavoratori e le loro famiglie, indebolendoli ulteriormente rispetto alle imprese. Perche' il Pd continua a tacere? Si tratta dell'effettivo compimento della linea del governo Berlusconi e della sua intenzione di dividere i sindacati". E' quanto afferma il segretario del Prc, Paolo Ferrero, che aggiunge: "E' un accordo sbagliato nel merito, in quanto taglia il salario reale non consentendo il recupero dell'inflazione. Ed e' un accordo sbagliato nel metodo perche' taglia fuori la Cgil, il maggior sindacato italiano. In questo modo sono solo i lavoratori a trovarsi in condizione di ulteriore debolezza rispetto alla crisi: divisi e sottoposti a ricatti, arbitrarieta', volubilita' delle imprese. Ma cosa dice il Pd? Rifondazione comunista e' a fianco della Cgil e s'impegna sin d'ora nella battaglia contro l'accordo e i suoi effetti sulle condizioni dei lavoratori e delle famiglie. Vogliamo augurarci - conclude Ferrero - che tutta l'opposizione faccia sentire unitariamente la propria voce al fianco dei lavoratori e della Cgil, che Pd e Idv si pronuncino chiaramente contro l'accordo e s'impegnino da subito a contrastarlo in modo risoluto e efficace".

giovedì 22 gennaio 2009

Gravissima decisione del Comune di Pisa

Appello e iniziative contro la negazione della Biblioteca comunale per presentare libro sulle foibe.

Alla riunione svoltasi oggi nella sala riunioni del II Liceo erano presenti rappresentanti della Rete dei Comunisti, A.N.P.I., PRC, Associazione comunista Pianeta Futuro, Sinistra critica, circolo agora’, Associazione marxista Politica e Classe, Osservatorio sull’antifascismo.

Di seguito elenchiamo gli obiettivi prefissati per dispiegare sul territorio una campagna contro un provvedimento comunemente giudicato, nel metodo e nel merito, gravemente lesivo di della libertà di parola e del diritto ad esprimere, sulla base di una circostanziata ricerca storica, il punto di vista degli antifascisti su di una vicenda, quella delle foibe, distorta e stravolta scientemente da un revisionismo storico imperante nell’attuale establishment italiano.

1) raccolta di adesioni di singoli ed organizzazioni su appello in calce alla presente mail

2) presenza collettiva alla discussione che si svolgera’ in Consiglio Comunale giovedì 22 gennaio ore 15. Al secondo punto dell’OdG e’ prevista la discussione sulle motivazioni che hanno spinto la Giunta a negare la biblioteca - SOLLECITIAMO TUTTI A PARTECIPARE ATTIVAMENTE A QUESTO CONSIGLIO COMUNALE

3) richiesta ufficiale di incontro al Sindaco ed all’Assessore alla Cultura del Comune di Pisa inoltrato da tutte le realta’ che sottoscrivono l’appello per sabato 24 gennaio e contestuale convocazione di una prima conferenza stampa dei firmatari sotto il comune di Pisa

4) valutare tutti i possibili ricorsi e vie legali contro la negazione della Biblioteca – Possibile ricorso al TAR e / o richiesta di intervento al difensore civico

5) sollecitare partiti, associazioni, singoli intellettuali a prendere la parola attraverso lettere e dichiarazioni pubbliche da inviare ai mass media

6) conferenza stampa di alcune figure di rilievo tra gli aderenti al convegno (abbiamo pensato di contattare Margherita Hack da tenersi sabato 31 gennaio di fronte al comune di Pisa

7) presentazione del libro alla biblioteca comunale o in altra sede nella data prestabilita: giovedi 5 febbraio

CHIEDIAMO A TUTTI COLORO CHE RICEVONO LA PRESENTE MAIL DI INVIARE LA PROPRIA PERSONALE ADESIONE ALL'APPELLO E DI DIFFONDERNE IL TESTO IN TUTTE LE MAILING LIST DI RIFERIMENTO.

Di seguito, il testo dell’appello:

Per una biblioteca pubblica al servizio del confronto delle idee.
Appello in difesa del diritto di espressione.

Lo scorso 10 gennaio l’Assessore alla Cultura del Comune di Pisa, a nome dell’Amministrazione comunale, ha deciso di negare l’uso della Biblioteca comunale per la presentazione di un libro che raccoglie gli atti di un convegno nazionale tenutosi nel febbraio 2008 a Sesto San Giovanni (MI).

Prima di entrare nel merito dei contenuti di un convegno di cui si vogliono rendere pubblici gli atti, vorremmo esprimere la nostra profonda perplessità ed inquietudine per un provvedimento che appare, a tutti gli effetti, atto negazione di un diritto elementare: quello della libera espressione delle idee e della ricerca storiografica, in questo caso supportate da storici di fama internazionale.

Censure di questo rilievo e livello sono legittime e possibili, nel nostro paese, se ad essere proposte fossero idee dichiaratamente anticostituzionali, perché di stampo fascista, nazista, xenofobo o discriminatorio verso minoranze etniche o religiose.

Il testo per il quale è stata richiesta la sala della Biblioteca comunale, dal titolo “Foibe, revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica – Atti del convegno Foibe: la verità. Contro il revisionismo storico”, tratta invece di un evento della storia italiana reso di stridente attualità a causa di una profonda rilettura di quel particolare periodo.

L’Assessore alla Cultura del Comune di Pisa, Silvia Panichi, a nome dell’Amministrazione Comunale, esplicita il diniego della sala con la seguente motivazione: “…Si tratta di un argomento particolarmente doloroso e ancora in via di elaborazione storiografica per cui un analisi troppo netta e orientata rischierebbe di offendere la sensibilità di alcuni, soprattutto in prossimità della data del 10 febbraio, scelta in modo ufficiale come giorno del ricordo”, riferendosi alla Giornata del Ricordo istituita con legge n. 92 del 30.4.04. per l’istituzione del quale è stata evidentemente accettata una elaborazione storiografica.
Le tesi sostenute dal convegno al quale si nega oggi una sala pubblica contestano quella elaborazione storiografica.

Impedire la libera espressione delle idee, in questo caso attraverso un punto di vista storiografico alternativo a quello ufficiale, se fatto nel rispetto dei principi costituzionali e con il rigore scientifico che riconosciamo all’opera, significherebbe operare un vulnus senza precedenti nella storia democratica della nostra città.

I sottoscrittori del seguente appello chiedono agli organi politico/istituzionali alla guida del Comune di Pisa di concedere la sala della biblioteca Comunale per la presentazione degli atti di questo importante convegno storico, preservando così il carattere aperto, di palestra delle idee che da sempre ha caratterizzato la nostra città.

Prime adesioni individuali
Giorgio Vecchiani, Presidente A.N.P.I. Pisa, Manlio Dinucci, saggista; Cinzia Della Porta, presidente del Circolo agorà, Andrea Venturi, consigliere comunale della Rete dei Comunisti a S. Giuliano terme

Prime adesioni di organizzazioni
Rete dei Comunisti, Osservatorio sull’antifascismo, RdB CUB, Associazione comunista Pianeta Futuro, Sinistra Critica, circolo agorà Pisa, Associazione marxista Politica e Classe, Confederazione COBAS, PRC, PdCI, Associazione Italia Cuba sez. Pisa.

SABATO 24 GENNAIO CORTEO ANTIFASCISTA A PRATO

In merito ai fatti di mercoledì 14 gennaio (aggressione da parte di due naziskin al Collettivo
Studentesco Autonomo riunito nella sede di Rifondazione Comunista di V.M.Nistri a Prato
e ferimento di uno studente), l'assemblea, riunitasi giovedì 15 presso gli stessi locali,
convoca una MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA per il pomeriggio di SABATO 24
GENNAIO in forma di CORTEO per le vie del CENTRO CITTADINO.


La piattaforma della manifestazione (denominata “PRATO ANTIFASCISTA”, come riporterà lo striscione d'apertura del corteo) è stata redatta sulla base degli interventi effettuati durante l'assemblea stessa e costituisce la base sulla quale aderire.


1. Condanniamo in maniera netta l'aggressione subita dai giovani compagni del Collettivo
Studentesco Autonomo, sottolineando che questo è solo l'ultimo di una serie di episodi di
violenza che hanno come obiettivo il “diverso” e che, negli ultimi anni, si sono verificati semprepiù spesso nella nostra città. Sarebbe sbagliato valutare il fatto, come spesso accade in questi casi da parte dei media e di certa parte della politica istituzionale, come una “guerra trabande”, una “ragazzata”, un episodio di “bullismo” o “violenza di strada”.


Ricordiamo infatti negli ultimi anni: il migrante pestato e abbandonato sulle rotaie da parte di
ragazzi della “Prato-bene”, l'uccisione di due senzatetto ed il ferimento di una terza, le
minacce ricevute da appartenenti al “Comitato gay e lesbiche Prato” e altri ragazzi e ragazze
appartenenti alle comunità gay lesbiche bisessuali trans queer (GLBTQ), le offese e le
aggressioni ad appartenenti alla comunità cinese, le minacce subite quotidianamente dai
ragazzi impegnati nei collettivi studenteschi di sinistra da parte di coetanei dichiaratamente
neofascisti, le provocazioni a suon di saluti romani nelle Case del Popolo e alle feste di partito,la comparsa di numerose svastiche, croci celtiche e scritte razziste sui muri di varie parti della città.


2. Da una lettura sistematica dei fatti, non possiamo poi non notare come questi avvenimenti (ormai comuni in molte parti del Paese) siano sintomo evidente di una deriva morale e culturale della nostra società e le cui cause vanno ricercate in una serie di fattori:


- Alle condizioni di vita precarie di larghi strati di popolazione, legate allo sfruttamento dei
lavoratori, alla perdita di diritti sul lavoro, ai costi di una crisi capitalista che come sempre
viene scaricata sui più deboli. Ma anche alle difficoltà nel potersi permettere una casa (affitti
alle stelle, per non parlare dei mutui), agli oneri sempre più alti di chi studia o intraprende
carriere accademiche e si trova a dover dipendere dalle famiglie.


- Alla precarietà materiale si accompagna una precarietà culturale ed intellettuale,
responsabili i mezzi di informazione di massa (o sarebbe meglio chiamarli di
disinformazione? o, meglio ancora, di distrazione, vista la mole di notizie oscurate o
manipolate e la quantità di idiozie propinateci giornalmente), così come larga parte della
classe politica che, tanto a livello nazionale come locale, ha passato gli ultimi anni ad
equiparare Partigiani e repubblichini, riformare i programmi scolastici in senso revisionista e
sottovalutare , se non quando spalleggiare, i movimenti di estrema destra, concedendo loro
anche spazi pubblici e/o istituzionali.


- Al lavoro dei vari governi e la legiferazione delle ultime legislature, mirati alla difesa degli
interessi del capitale piuttosto che delle popolazioni, al predominio del commercio rispetto
alla difesa dei diritti delle comunità, alla prepotenza proibizionista e alla repressione invece
che all'educazione al bene comune e alla responsabilità individuale, alla paura e diffidenza
verso lo “straniero” piuttosto che all'integrazione e alla valorizzazione dell'interculturalità.


3. L'Antifascismo, valore costituzionale e fondamento dell'Italia repubblicana si vede in tale
tragico contesto relegato a valore “di parte” e “vecchio, fuori tempo”, anziché universale e
attuale come crediamo sia; crediamo inoltre che, separato da altre rivendicazioni di tipo
sociale, politico, economico ed ambientale che da sempre, seppur con mille differenze e
specificità, caratterizzano i partiti e le aggregazioni politiche e sociali figlie della Resistenza, l'antifascismo diventi solo un fantoccio svuotato di ogni significato reale, buono per essere sventolato in occasione delle ricorrenze o commemorazioni ufficiali, o per convenienze politico-elettorali;

ripudiamo infine l'antifascismo “da salotto”, quello fatto a parole e nonpresente fisicamente e culturalmente sul territorio, nelle strade, nelle piazze, nei circoli.


Chiediamo quindi alle istituzioni che governano la città e la provincia il fermo impegno a
contrastare la crescita di qualsiasi movimento, associazione od organizzazione politica che
si richiami o faccia riferimento a principi di stampo fascista, nazista, razzista, sessista.
Ciò a partire dal divieto di aperture di eventuali sedi che, come si è visto in realtà a noi vicine
(Lucca, Pistoia) altro non portano che a un incremento di episodi violenti di matrice squadrista e xenofoba, oltre al divieto di ogni attività promozionale e di propaganda e alla non concessione di spazi pubblici e/o istituzionali per iniziative pseudo-politiche o pseudo-culturali di stampo revisionista o inneggianti a supposte supremazie etno-culturali.


Si richiede inoltre l'impegno nella costruzione di iniziative e percorsi finalizzati all'integrazione e al mantenimento della memoria storica, nonché alla valorizzazione dei principi costituzionali di uguaglianza e antifascismo.



Chiediamo pertanto a tutte le forze politiche, associazioni, movimenti, singole/i che si
riconoscono nei valori della Resistenza e dell'Antifascismo e che concordano con quanto
esposto dalla piattaforma l'adesione formale al corteo di Sabato 24.


Specifichiamo che per noi la manifestazione non è un punto d'arrivo bensì di partenza per un
percorso che porti alla costituzione di un'assemblea permanente antifascista pratese (o come vorrà chiamarsi una volta costituitasi) la quale si porrà come obiettivi:

*

il monitoraggio continuo su ciò che accade in città e dintorni che possa essere ricollegato
all'attività di aggregazioni neofasciste
*


- ferma opposizione all'apertura di sedi o qualsiasi attività propagandistica della destra estrema
- denuncia di qualsiasi episodio (di revisionismo, discriminazione, etc.) possa fomentare
l'espansione del razzismo e neofascismo
*


- promozione di iniziative volte a mantenere alta l'attenzione sul fenomeno delle nuove destre
radicali e che respingano la cappa di revisionismo, autoritarismo, intolleranza che si fa ogni
giorno più pesante togliendo il respiro al nostro futuro.
*


E' evidente che una massiccia partecipazione alla manifestazione darebbe maggiore slancio alla costituzione dell'assemblea permanente e al suo radicamento sul territorio.
*


Promotori dell'assemblea del 15 gennaio e della proposta di manifestazione:
*


Colletivo Studentesco Autonomo
Rete Antifascista Pistoia-Agliana-Prato
Partito della Rifondazione Comunista
Partito dei C.A.R.C.
Comitato Antimperialista Antifascista “29 martiri di Figline”
Hanno partecipato attivamente all'assemblea del 15/1 e contribuito alla stesura della piattaforma:
C.S.A., R.A.F. Pt-Po, P.R.C., C.A.R.C., Comitato Antimperialista Antifascista 29 martiri, P.dC.I., P.M.L.I.,
C.G.I.L., singoli.
Presenti ma non intervenuti rappresentanti di:
centri sociali, individualità anarchiche e movimenti sociali non pratesi.

mercoledì 21 gennaio 2009

dalla stampa Israeliana, Haaretz

Il tempo dei virtuosi

di Gideon Levy

Haaretz, 9/1/2009

Questa guerra, forse più delle precedenti, mette a nudo i veri profondi stati d'animo della società israeliana. Razzismo e odio alzano la testa, così come l'impulso per la vendetta e la sete di sangue. L'inclinazione di coloro che comandano nelle Forze di Difesa Israeliane ora è “uccidere il più possibile”, come raccontano i corrispondenti militari alla televisione. E anche se il riferimento è ai combattenti di Hamas, questa propensione resta agghiacciante.

L'aggressione e la brutalità sfrenate si giustificano come “prestare attenzione”: lo spaventoso bilancio di sangue – circa 100 palestinesi morti per ogni israeliano ucciso non solleva alcuna obiezione, come se avessimo deciso che il loro sangue vale 100 volte meno del nostro, riconoscendo così il nostro innato razzismo.

Destroidi, nazionalisti, sciovinisti e militaristi sono i soli legittimi bon ton sulla piazza. Non infastiditeci con umanità e compassione. Solo ai margini del campo si può udire una voce di protesta – illegittima, ostracizzata e ignorata dai media – di un piccolo ma coraggioso gruppo di ebrei e di arabi. Accanto a tutto questo echeggia un altra voce, forse la peggiore di tutte: è quella dei virtuosi e degli ipocriti. Ari Shavit, mio collega, sembra esserne l'eloquente portavoce. Questa settimana, Shavit ha scritto su questo giornale (“Israele deve duplicare, triplicare, quadruplicare il suo aiuto medica a Gaza”, Haaretz, 7 Gennaio): “L'offensiva israeliana in Gaza è giustificata . . . . Solo un'iniziativa umanitaria immediata e generosa dimostrerà che anche durante la guerra brutale che ci è stata imposta ci siamo ricordati che dall'altra parte ci sono esseri umani.”

Per Shavit, che ha difeso la giustezza di questa guerra, insistendo che non dovesse essere perduta, il prezzo è irrilevante, come lo è il fatto che non ci sono vittorie in guerre così ingiuste. E osa, allo stesso tempo, predicare “mitezza”.

Desidera forse che uccidiamo senza tregua, e in seguito impiantiamo ospedali da campo e spediamo medicine per curare i feriti? Sa che una guerra contro una popolazione inerme, forse la più inerme al mondo, che non ha dove fuggire, può solo essere crudele e spregevole. Ma costoro vogliono sempre uscirne bene. Sganceremo bombe sulle abitazioni, e poi cureremo i feriti a Ichilov; bombarderemo miseri locali di rifugio nelle scuole dell'ONU, e poi riabiliteremo i disabili a Beit Lewinstein. Spareremo per poi piangere, uccideremo per poi deplorare, abbatteremo donne e bambini come macchine assassine automatiche, mantenendo pure la nostra dignità.

Il problema è che in questo modo proprio non funziona. Queste sono un'ipocrisia e un autocompiacimento sfacciati. Quelli che invocano in modo incendiario una violenza sempre maggiore, senza considerarne le conseguenze, dovrebbero almeno essere più onesti a questo riguardo.

È come volere la botte piena e la moglie ubriaca. La sola “purità” in questa guerra è la “purificazione dai terroristi”, che nella realtà significa causare spaventose tragedie. Ciò che accade a Gaza non è una calamità naturale, un terremoto o un'alluvione, in cui sarebbe nostro dovere e diritto tendere una mano per soccorrere i colpiti, mandare squadre di soccorso, come tanto amiamo fare. Fra tutte la peggiori sfortune, tutti i disastri che accadono adesso a Gaza sono causati dall'uomo: da noi. Non si può offrire aiuto con mani macchiate di sangue. Dalla brutalità non può nascere compassione.

Eppure ci sono ancora alcuni che vogliono l'uno e l'altro. Uccidere e distruggere indiscriminatamente e pure uscirne apparendo buoni, con la coscienza pulita. Andare avanti con i crimini di guerra senza percepire affatto il grave senso di colpa che dovrebbe accompagnarli. Ci vogliono nervi saldi. Chiunque giustifichi questa guerra giustifica anche tutti i suoi crimini. Chiunque la sostenga, credendo che i massacri compiuti siano giusti, non ha alcun diritto di parlare di moralità e mitezza. Non è possibile uccidere e nutrire nello stesso momento. Questa posizione rappresenta in modo fedele come pensano di base in modo doppio gli israeliani, da sempre. Commettere ogni ingiustizia, ma ritenersi puri. Uccidere, demolire, affamare, imprigionare e umiliare ed essere nel giusto; per non parlare dei virtuosi. I guerrafondai colmi di virtù non potranno permettersi questi lussi.

Chiunque giustifichi questa guerra ne giustifica anche ogni crimine. Chiunque la veda come una guerra difensiva deve essere moralmente responsabile delle sue conseguenze. Chiunque adesso incoraggi i politici e l'esercito a continuare sappia che dopo la guerra avrà il marchio di Caino sulla fronte. Tutti quelli che appoggiano la guerra ne sostengono pure l'orrore.

(testo inglese: http://www.haaretz.com/hasen/spages/1054158.html

traduzione di Andrea Piccinini e Paola Canarutto)

E’ in edicola il nuovo numero di “trentadue”, il primo del 2009


E’ in edicola il nuovo numero di “trentadue”, il primo del 2009

E’ interamente dedicato alla Strage di Bardine San Terenzo oggetto di una recente polemica che tendeva a presentarla come dovuta alla responsabilità dei partigiani che avrebbero avuto il torto di fare i partigiani, cioè di attaccare il nemico.



Sommario


Memorie divise
anche a Bardine
Polemiche e valutazioni del dopoguerra che sembravano superate, tornano di moda oggi.
L’uso pubblico della pseudostoria di pseudoscoop scandalistici, punta a creare nuovamente, come tra il ‘45 e il ‘60, un clima di delegittimzione e condanna della Resistenza madre della nostra Repubblica e della nostra democrazia, per giustificare la modifica in senso autoritario, della Costituzione, nell’agenda politica del governo
M. P.



I testimoni

Strage di San Terenzo
Molte insinuazioni
nessun fatto
Una certezza: si vuole infangare, per scopi politici,
la Resistenza
Parla uno che c’era
Giorgio Mori

La narrazione dello scontro
Giorgio Mori

Quando la belva ha sete di sangue...*
Spietata caccia e massacro di uomini, donne, bambini
Impiccagioni in massa con filo di ferro
I superstiti fuggono terrorizzati nei boschi *
Padre Lino Corrado Delle Piane

Da Sant’Anna a Bardine
Ecco perché io partigiano
sparavo e fuggivo
Il vento è cambiato: il rispetto e la riconoscenza per chi ha messo a rischio la sua vita per la libertà di tutti, hanno lasciato il campo alla diffamazione e alla ostilità
La disinvoltura e le analisi, le insinuazioni diffamatorie e il ricorso ai pettegolezzi storici e ai “si dice” hanno lo scopo di scrediatare la lotta di Liberazione e le radici democratiche e antifasciste della nostra Repubblica e della Carta Costituzionale e a rivalutare nazisti, fascisti e combattenti saloini al servizio dei nazisti.
di Giorgio Bocca

Gli alleati smentiscono l’attendismo


Valutazioni

Il sensazionalismo, grimaldello del revisionismo

Risposta ai partigiani dell’ANPI
Roberto Oligeri pres.Comitato vittime Civili di San Terenzo Monti

Contro i luoghi comuni
Alessandro Conti

Bardine e Valla
Al di là
dei si dice
Un giudizio storico meditato e spassionato che fa piazza pulita di pettegolezzi pseudostorici, insinuazioni calunniose, scoop in ritardo di decenni attraverso una rigorosa rassegna dei più recenti studi apparsi sulla vicenda
Massimo Michelucci

Intervista a Ferdinando de Leoni Presidente onorario nazionale Anpi
Una domanda che aleggia
Perché si ripresenta il disprezzo per la vita, che la resistenza ha combattuto nel fascismo? E cosa è necessario oggi per affrontarlo e scofiggerlo? Siamo immersi in un nuovo fascismo
Marianna de Leoni

martedì 20 gennaio 2009

Settimana di Mobilitazione per la Palestina aMassa Carrara



Ecco i primi Appuntamenti!
martedì 20 gennaio presidio sotto il comune di Massa dalle ore 17 alle ore 19.
Giovedì 22 gennaio nel pomeriggio presidio a Carrara in via Roma.
Venerdì 23 gennaio nel pomeriggio proiezione film e dibattito ridotto degli animosi Carrara (domani comunicheremo l'orario preciso).

Domenica sera cena di sottoscrizione per sostenere le spese della campagna di Solidarietà in favore del popolo palestinese(domani vi comunicheremo la sede e gli orari).

Contro il malcostume nelle università non serve sparare nel mucchio

Contro il malcostume nelle università non serve sparare nel mucchio
Su “Panorama” del 15 gennaio, cogliendo l’occasione dell’uscita del libro di Davide Carlucci e Antonio Castaldo dal titolo “Un paese di baroni”, vengono pubblicati gli stralci di una discussione (tutt’oggi online) a cui partecipai lo scorso marzo sul blog della Rete Nazionale dei Ricercatori Precari in cui dibattemmo in maniera anche animata del malcostume imperante nelle università italiane. Fu una discussione molto intensa in cui ebbi modo di confrontarmi con la rabbia e la frustrazione dei nostri migliori cervelli ancora esclusi da un sistema inquinato. In quella circostanza si parlò anche della mia condizione di ricercatore “figlio d’arte” e quindi potenzialmente parte di quel sistema che a parole diciamo tutti di voler combattere. Naturalmente “Panorama” pubblica una selezione ben congeniata di quella discuss ione per cercare di screditare, attraverso me, quel partito che oggi stiamo cercando faticosamente di ricostruire. Colpire un soggetto collettivo cercando di delegittimare la dignità di chi vi partecipa è un vecchio metodo fascista a cui i giornali della destra italiana sono piuttosto avvezzi. Mi riempiono dunque di gioia le decine di email di solidarietà ricevute proprio da parte di quei precari che allora parteciparono alla discussione e che oggi sono disgustati dalla strumentalizzazione di cui essi stessi si sentono vittime.
Dal giornale di Belpietro non mi sarei aspettato di meglio; mi spiace invece che due giornalisti bravi e di cultura democratica scelgano di pubblicare parte di quel dibattito assolutamente pubblico (dunque lo scoop dell’acqua calda) a conclusione di un libro che parla di altro e cioè dei tanti casi di truffa, abusi di potere e criminalità organizzata che si verificano negli atenei italiani. In questo senso il lavoro di Carlucci e Castaldo sarebbe in parte meritorio anche se crediamo che una battaglia contro certi casi di malcostume non si possa realizzare sparando nel mucchio, mostrando una triste subalternità alla cultura giustizialista e scandalistica oggi imperante nella società italiana.
La questione degli accessi all’università è un problema serio che va affrontato nell’ambito di una battaglia di sistema che sia in primo luogo battaglia culturale oltre che politica. Per questa ragione, nell’Onda, ci siamo battuti e ci battiamo contro le finte riforme della Gelmini che per nulla ledono certi abusi e anzi ne sollecitano la proliferazione. Io stesso avrei potuto tirarmi indietro da quel dibattito, come avrebbe fatto qualsiasi politico più prudente. Ma decisi di parteciparvi, trasferendolo anche sul mio blog personale, proprio per denunciare certe dinamiche. All’università tutti hanno un padre e una madre a prescindere dal cognome che portano. Poi per fortuna esiste anche una comunità scientifica (meglio se internazionale) che valuta i tuoi lavori in maniera spesso anonima e allora il merito (o demerito) di ognuno può e mergere.
Dire che essere cresciuto in una casa di intellettuali mi abbia favorito in termini di conoscenze e competenze è quasi un’ovvietà. Per questo lottiamo per l’eguaglianza e ci spaventa chi parla a sproposito non di merito (che va sempre valorizzato) ma di meritocrazia, che presuppone la logica di un sistema competitivo in cui si trascurano le disuguaglianze di partenza di cui sopra; un sistema dunque in cui io, figlio di professore, o amico di professore, o protetto da professore, posso diventare professore, mentre altri sono destinati quasi per diritto naturale a rimanere fuori. Sono innamorato del mio mestiere almeno quanto lo sono della lotta per una società di eguali, l’uno e l’altra compongono la mia identità. Rivendicherò sempre la mia scelta politica, intellettuale e professionale che intrapresi in autonomia di giudizio. Ecco il grande privilegio di essere nato in quel contesto. A quindici anni avevo già gli strumenti per stabilire le mie aspirazioni. In fondo a tredici cominciai a fare politica tra i giovani del partito comunista.
Per questa ragione continuerò a lottare con le unghie e con i denti per una università di massa e di qualità fino a quando le mie compagne e i miei compagni, che sono la famiglia che ho scelto, riterranno opportuno che io possa e debba farlo. Per una università dove chiunque possa essere messo nelle condizioni di accedere alla conoscenza per riprodurre conoscenza. Perché così cresce una società democratica. Combatterò al fianco di studenti, ricercatori e docenti per una università dove nessuno sia pregiudizialmente escluso, né il figlio di professore, che non può essere privato della possibilità di fare lo stesso mestiere del padre o della madre per qualche strano vizio genetico, né il figlio dell’operaio a cui non deve essere negato il diritto all’emancipazione sociale. Sono certo che, con Rifond azione Comunista e attraverso la vitalità espressa dai movimenti, questo disegno utopico diventa una possibilità.
Fabio de Nardis
Responsabile Nazionale Università e Ricerca PRC-Se

Bilancio di un massacro

Col ritiro graduale e unilaterale di Israele dalla Striscia arriva il momento di scrivere qualche breve ragionamento sul complesso degli eventi che hanno investito quel lembo di Palestina.
Dopo Mesi di embargo e blocco ad un'area tra le più popolose del pianeta, il governo di Israele ha pensato bene di rispondere alle provocazioni di Hamas (il lancio dei Kassam sul sud dello stato Israliano) con una imponente operazione militare. Dispiego di ogni arma a disposizione droni teleguidati, elicotteri d'assalto, navi, caccia bombardieri, artiglieria di terra, tank e fanteria d'assalto. oltre 20 giorni di "operazioni". Migliaia di feriti oltre 1.200 morti palestinesi. Centinaia i Bambini trucidati le donne e i vecchi massacrati. Migliaia di episodi di saccheggio furto e cominciano a uscire anche storie raccapriccianti di omicidi a sangue freddo, senza contare il numero incalcolabile di violazioni ad ogni norma internazionale che regola i conflitti. Paradosso nel paradosso, perché se è assurdo regolare un conflitto con delle regole scritte, ancora più assurdo è utilizzare la categoria di conflitto in questa situazione. Ma tant'è.
Di fronte a questo prezzo altissimo si dovrebbe supporre che per lo meno il fine realizzato fosse altrettanto alto e strategico. Ammettendo come legittimo lo scopo di questo "conflitto"- cosa che è ben lungi da esser tale- , quali vantaggi ne ha riportato lo stato di Israele?

-è diminuita la capacità di Hamas di lanciare Razzi verso lo stato di Israele?
-è diminuita la capacità di controllo di Hamas sulla striscia di Gaza?
-è migliorata la situazione di sicurezza per lo stato di Israele e per i suoi cittadini?
-diminuirà il contrabbando e la capacità di riarmarsi di Hamas?
-sono modificate in meglio le condizioni di pace con i palestinesi?

a livello internazionale
- Israele è uscita rafforzata da questo conflitto?
- Sono aumentati gli amici dello stato di Israele?


I fatti di queste ore parlano da soli.
Di sicuro Israele si è macchiato di osceni crimini contro l'umanità e ne dovrà rispondere, anche per dimostrare la sua eventuale innocenza.
Il rifiuto ad essere sottoposta ad un giudizio imparziale intenzionale corrisponderà ad una dichiarazione di colpevolezza, e i paesi che riconoscono il diritto internazionale ne dovranno tenere di conto.

Vedremo se Obama sarà migliore del suo predecessore, non dal colore della palle ma da come saprà comportarsi di fronte a questo ulteriore grave affronto alla giustizia ed al diritto internazionale.

venerdì 16 gennaio 2009

Per chi non riesce ad andare a roma Presidio PER LA PALESTINA sabato ore 16 Piazza Menconi Marina di Carrara

Per quanti non fossero riusciti o non potessero andare a Roma L'ANPI di Carrara ha organizzato un presidio in favore del popolo palestinese per la Pace e la Giustizia in Palestina.

Sabato
ore 16
Piazza Menconi
Marina di Carrara

per chiedere:
-L’immediato cessate il fuoco
e il ritiro delle truppe di occupazione

-La fine del massacro in atto nella striscia di Gaza

L’ANPI come ente morale fedele al principio della Resistenza di ogni popolo oppresso, ribadisce con questa iniziativa, l’attaccamento alle Lotte di Liberazione per la difesa dei diritti e della Libertà, riportando all’attenzione di tutti,l’Articolo 11 della nostra Costituzione che pone come principio cardine che
L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA!

giovedì 15 gennaio 2009

Come i coloni israeliani educano alla convivenza i propri figli

eccovi un filmato che attesta come i coloni israeliani educhino i loro figli e quale sia il ruolo dell'esercito nella costruzione della reciproca accettazione

Senza Vergogna!

16:11 Olmert: "Miliziani di Hamas sparavano da sede Urnwa"

La sede Unrwa delle Nazioni Unite è stata bombardata dall'aviazione israeliana come risposta ad alcuni militanti di Hamas sparavano da lì. Lo ha detto il premier israeliano Ehud Olmert. "Le conseguenze però sono state tragiche e ce ne scusiamo", ha aggiunto. "Commenti senza senso" ha ribattuto John Ging, uno dei funzionari Onu presenti nell'edificio al momento dell'esplosione.

mercoledì 14 gennaio 2009

2 pullman da Massa Carrara per Roma


Il presidio permanente per la Palestina (Massa Carrara) ha organizzato due pullman per partecipare alla manifestazione nazionale che si terrà sabato 17 a Roma. Per motivi organizzativi è importante fin da oggi comunicare le adesioni (al momento attuale sono circa 40). Il costo del viaggio è di 10 euro. La partenza è fissata per sabato alle ore 08.00 (ritrovo 07.30) in largo Matteotti a Massa (ex piazza delle corriere). Ci raccomandiamo la puntualità.
Per prenotazioni Massimo 33331154213
Marco 3400692837

saluti

presidio permanente per la palestina MassaCarrara

è già qualcosa, ma non basta!!!!!!

18:43 Croce rossa italiana si mobilita per aiuti

Croce Rossa Italiana si mobilita per l'emergenza umanitaria nella Striscia di Gaza. Il Comitato centrale ha sollecitato l'intera struttura nazionale per la raccolta di beni da portare alla popolazione palestinese. Inoltre Croce Rossa fornirà, come da accordi con il ministero degli Esteri, il supporto logistico presso tutti i capoluoghi di provincia agli enti locali che vorranno contribuire alla raccolta dei materiali

un miltare democratico


E sì sembrava roba da anni '70-dell'ottocento- ma continua nelle forze armate l'impossibilità di esprimersi liberamente.
Riportiamo la storia del Maresciallo dell’Aeronautica Militare Italiana Luca Marco Comellini, un militare democratico, democristiano(!!!), che esprime le sue idee democraticamente, ma nell'Italia nel 2009 non c'è spazio per la libera espressione e pertanto sarà processato.
Avrà commesso qualcosa di grave? Avrà detto qualcosa di sconveniente od osceno per il sistema democratico? Nulla di tutto ciò. Il Maresciallo Luca Marco Commellini sarà processato per aver espresso liberamente suoi pensieri sulla condizione militare in Italia oggi, così il 28 agosto del 2007 è stato contestato al militare di aver divulgato per iscritto il proprio pensiero, di avere assunto un incarico nell'ambito di un partito politico e di aver presentato una petizione ai Presidenti del Parlamento.
L'obiettivo di Comellini? Avere liberi sindacati anche per i militari ed uno Statuto dei diritti dei militari sulla falsa riga di quello di tutti gli altri lavoratori italiani (e come già esiste in tantissimi paesi aderenti all’Unione Europea) .
Son queste richieste eversive?
Vi paionoi esternazioni degne di un processo?


Al fine di far sentire la propria voce, nel disinteresse di stampa e forze parlamentari il Maresciallo ha iniziato uno sciopero della fame che prosegue da una settimana.
A lui va la nostra solidarietà, che se condivisa può essere espressa attraverso questi mezzi:
1)Esprimere solidarietà al Maresciallo Comellini direttamente (3335350305 -3463778484
Tel/Fax.. 069943865)
2) Sollecitare la Presidenza della Repubblica ad intervenire urgentemente (il Presidente della Repubblica è anche Capo delle Forze Armate)scrivendo a https://servizi.quirinale.it/webmail/
3) Inviare lettere ai quotidiani per segnalare il grave caso.
4)Far circolare la notizia sul web e attraverso i vostri indirizzi di posta elettronica.
5)Esprimere alle Associazioni dei militari (Assodipro ASSODIPRO@ASSODIPRO.ORG ,Ficiesse segretariogenerale@ficiesse.org ) e alle riviste on-line dei militari (redazione@grnet.it per WWW.GRNET.IT , 53raffaele@tin.it per WWW.SOLDATO LIBERO.IT solo per citarne alcune) il pieno sostegno per quanto riguarda la rivendicazione,il bisogno del diritto ad avere liberi sindacati anche per i militari ed uno Statuto dei diritti dei militari sulla falsa riga di quello di tutti gli altri lavoratori italiani ( e come già esiste in tantissimi paesi aderenti all’Unione Europea) .

per saperne di più l'articolo dell'Amid (associazione militari democratici) clicca qui

martedì 13 gennaio 2009

LE PROPORZIONI DEL GENOCIDIO

Di Giuliano Marrucci

La nostra storia inizia nel gennaio del 2006. A Gaza si tengono le elezioni amministrative. Hamas conquista 77 seggi sui 118 disponibili. Secondo gli osservatori, tra cui l’ex presidente USA Jimmy Carter, si è trattato di elezioni libere e democratiche. Ma a quanto pare le elezioni libere e democratiche valgono solo quando il risultato è quello sperato, e così tutto il mondo occidentale, Unione Europea in testa, si affretta a dichiarare di non riconoscere la leggittimità del vincitore. D’altronde Hamas è il diavolo, lo dicono tutti, come ha fatto notare in un bell’articolo sul suo blog il prof. Domenico Losurdo. Losurdo cita alcuni editoriali apparsi recentemente. Il primo porta la firma di Piero Ostellino (corriere della sera, 29 dicembre). “L’articolo 7 della Carta di Hamas non propugna solo la distruzione di Israele, ma lo sterminio degli ebrei”. Qualche giorno dopo, il 3 gennaio, sul solito giornale, a rincarare è Ernesto Galli della Loggia secondo il quale “Hamas auspica l’eliminazione di tutti gli ebrei dalla faccia della terra”. Secondo la sua analisi, i «terroristi» palestinesi si propongono di liquidare la macchina bellica non solo di Israele ma anche degli Usa. Magari a suon di razzi qassam prodotti in garage (questa l’ho aggiunta io). Ambiziosi ‘sti fondamentalisti. In questa gara a chi la spara più grossa la Stampa non ha voluto rimanere indietro, e due giorni dopo, per voce del suo celebre editorialista Enzo Bettiza, ha dato la sua interpretazione della missione Piombo fuso: “E’ una drastica e violentissima operazione di gendarmeria di un Paese minacciato di sterminio da una setta che ha giurato di estirparlo dalla faccia della terra”.
Ovviamente Hamas non dice niente di tutto questo….ma a noi che ce frega, noi dobbiamo combattere il diavolo.
Il bello è che quando Al-Fatah ha capito che per l’occidente Hamas era il diavolo, non s’è lasciato sfuggire l’occasione ed ha cercato in tutti i modi di impedirgli di sostituirla al potere. Anzi, visto che c’era lei in prima linea a combattere contro il diavolo, ha pensato bene di farsi dare qualche aiutino. Ecco spiegata quella specie di guerra civile che si è consumata a gaza nei primi mesi del 2007, almeno fino al 14 giugno, quando contro tutto e tutti Hamas riesce comunque ad impadronirsi anche della sede militare dell’ANP e a ottenere così il controllo sull’intera striscia.
Una vittoria che alla popolazione civile costerà cara. Non passa manco una settimana che Israele dichiara la striscia di Gaza “entità ostile”. Il resto dell’occidente, ovviamente, si allinea; niente più aiuti umanitari per un popolo colpevole di aver eletto il partito sbagliato. E a Gaza senza aiuti umanitari non si va avanti. Perché Gaza è una striscia di terra lunga manco quaranta chilometri e larga meno di dieci. Un fazzoletto come quello che va da Livorno a Viareggio e nell’interno arriva a malapena a Pisa. Solo che ci vivono un milione e mezzo di abitanti. Più di un terzo in campi profughi, 8 in tutto. Come quello di Jabilya, un quartiere grosso come il C.E.P. ma con più di 100.000 abitanti. La disoccupazione supera il 50%, e per l’80% della popolazione il reddito non supera i due dollari al giorno. Troppa grazia per questo popolo di fondamentalisti. Per punirli come si deve ci vuole l’embargo: impietoso, totale. Tra i prodotti non permessi ci sono anche il caffè, il the, le sigarette, l’acqua, ogni sorta di attrezzatura medica….tutto. Sbaglia chi dice che Gaza è una prigione, ai detenuti il cibo si puo’ portare, i detenuti vanno curati. Più che una prigione Gaza è un grande, enorme campo di concentramento. Non lo dico io, e non lo dice neanche Amadinehjad. Lo dice il Cardinal Raffele Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace.
Ad esempio a Gaza ogni 1000 bambini che nascono ne muoiono circa 35 (in Israele, per fortuna, solo 4) e 1 bambino su 10 è affetto da ritardi della crescita, a causa della malnutrizione cronica.
Ora succede che tra questo milione e mezzo di persone che ogni giorno è costretto a subire ogni sorta di angherie, ovviamente, ce n’è qualcuna che si incazza. Se avessero a disposizione gli f-16 di Tsahal (l’esercito israeliano) magari penserebbero anche loro a un’attacco in grande stile. E invece non c’hanno niente, e quindi non trovano niente di meglio da fare che lanciare un po’ a casaccio in territorio israeliano della ferraglia assemblata alla meno peggio negli scantinati. Sono I famosi razzi qassam, roba più adatta ai botti di capodanno che non alla guerra. E infatti gli effetti sono modesti: nonostante ne vengano lanciati a centinaia, in due anni le vittime superano di poco la decina. Quanto basta comunque a Israele e al suo esercito, il quarto al mondo per tecnologia e potenza di fuoco, per sentirsi minacciati. E così, non contenta delle centinaia di palestinesi, in gran parte bambini, morti a causa dell’embargo, Israele comincia a dedicarsi anima e cuore a missioni di guerra e a cosiddetti assassinii mirati contro esponenti palestinesi giudicati particolarmente pericolosi per la sua sicurezza. Fino al primo marzo 2008, quando viene lanciata l’operazione “inverno-caldo”: Gaza viene invasa dai blindati e dagli f-16, tra i palestinesi si contano 112 morti e oltre 150 feriti. Da parte israeliana i numeri sono invece rispettivamente 3 e 7. Le proporzioni del genocidio vengono mantenute.
Intanto l’egitto comincia a lavorare ad un accordo di cessate il fuoco. L’accordo arriva a giugno, Hamas si dichiara disponibile a interrompere il lancio di razzi qassam in cambio di un’alleggerimento dell’embargo. Ma qualcuno non rispetta I patti. L’alleggerimento del blocco è soltanto di facciata. Dei 450 camion di aiuti umanitari previsti ogni giorno, Israele ne fa passare a malapena una settantina. I soliti “fondamentalisti” rispondono con qualche razzo (senza fare vittime), e Israele fa in modo che le proporzioni del genocidio vengano rispettate anche questa volta, le vittime sono una cinquantina, circa 20 soltanto a novembre.
E finalmente arriviamo a dicembre 2008. La tregua pattuita in giugno e mai rispettata sta per scadere. Hamas fa sapere che "non ci sarà nessun rinnovo della tregua senza un alleggerimento dell'assedio". Israele tace, e il 19 dicembre riecco apparire i razzi qassam. Per rispettare le proporzioni del genocidio Israele a questo punto decide di fare le cose in grande, e il 27 dicembre lancia l’operazione “piombo fuso”. In una sola giornata di bombardamenti i morti sono gia 200. “Obiettivi militari”, dicono da Israele. Ma anche se fossero in buona fede, e a breve le prove che non lo sono diventeranno evidenti, la storia degli obiettivi militari non regge. Quando si bombarda dal cielo, non regge mai, ma qui a Gaza men che meno. A Gaza le case sono costruite casualmente una arroccata sull’altra, non c’è verso di colpire un’obiettivo sensibile senza fare una carneficina. E infatti di carneficina si tratta. Una carneficina senza soccorritori, perché tra i primi “obiettivi sensibili” ci sono anche quei tunnel scavati dio solo sa come al confine con l’egitto e che soli permettevano di accaparrarsi qualche medicinale. Ma per la Livni “a Gaza non c’è nessuna emergenza umanitaria”. E noi gli dobbiamo credere sulla parola, visto che Israele non permette ai giornalisti di entrare a Gaza, o almeno non ai giornalisti che non stanno dalla sua parte e che non sono disposti a fare da altoparlante alla versione del suo esercito.
Anche le organizzazioni umanitarie non hanno vita facile.
Ad esempio il 31 dicembre, a 90 miglie nautiche da Gaza, in piene acque internazionali, 11 navi da guerra israeliane speronano tre volte una barca del Free Gaza Movement con a bordo 3 tonnellate di medicinali e del personale medico, impedendone l’arrivo a destinazione. Intato arrivano notizie di attacchi massicci ad ospedali, moschee ed abitazioni private. Ma non è ancora niente, perchè il 3 gennaio, quando ormai il bilancio delle vittime ha superato quota 400, un quarto dei quali bambini, Israele rilancia entrando a Gaza con I suoi tanks via terra.
Nel frattempo invitano I civili a ripararsi negli edifici delle scuole dell’ONU. Come la scuola “Fakura” di Jabaliya. Peccato che non appena I civili accettano l’offerta, tsahal la comincia a bombardare, mietendo 42 vittime. Il portavoce dell'Unrwa (Onu), Chris Gunness ha riferito che, in privato, alti ufficiali israeliani hanno ammesso che nella scuola che non era presente alcun miliziano.
Intanto esce un rapporto del New Weapons Research Committee, l’unica organizzazione ad avere un medico occidentale nella striscia. Secondo questo rapporto "si sta ripetendo nella Striscia ciò che è già avvenuto in Libano nel 2006, quando lo stato ebraico utilizzò nel conflitto contro l'organizzazione sciita Hezbollah il fosforo bianco, il Dense inert metal explosive (Dime) e gli ordigni termobarici, tre tipologie di strumenti di offesa riconoscibili per le caratteristiche delle ferite che provocano, nonché le bombe a grappolo e i proiettili all'uranio, che hanno lasciato tuttora sul terreno nel Paese dei cedri tracce di radioattività e ordigni inesplosi". Insomma, per Israele Piombo Fuso è anche un’opportunità da non farsi sfuggire per testare nuove armi.
Difficile a questo punto continuare a sostenere che non ci sia nessuna emergenza umanitaria.
Tant’è che “l'Unione delle Comunità ebraiche italiane e la Comunità ebraica di Roma - si legge in un comunicato - mettono a disposizione 300 mila euro in medicinali”, 200 mila dei quali destinati “ai bambini e alla gente di Gaza”. Riccardo Pacifici, presidente della comunità romana, che pochi giorni prima aveva espresso il suo pieno appoggio ai bombardamenti su Gaza, dichiara che come per ogni operazione umanitaria non intendono “dare un giudizio politico dei torti o delle ragioni dell'una o dell'altra parte”. Una dichiarazione che mette subito in moto I bollenti spiriti del sionismo internazionale.
Un certo Shimon Fargion, un ebreo italiano emigrato a Gerusalemme, ha attaccato violentemente Pacifici sia per quelle parole che suonano troppo equidistanti sia per aver speso soldi della comunità in soccorso dei civili palestinesi di Gaza.
Il manifesto riporta la risposta di Pacifici, intercettata chissà come, a queste accuse.
«Posso garantirvi - scrive - che la scelta tutta mediatica di far arrivare medicinali ai bambini palestinesi e israeliani era ed è solo utilizzata per quando da lunedì comincerà la nostra battaglia sui media a sostegno di Israele». E per il 10 aveva annunciato «un megaevento» da 1500 persone selezionate con l'ambasciatore di Israele «per spiegare le ragioni di Israele e il suo diritto a fare questa guerra». Pacifici giura che la Comunità romana non ha tirato fuori «neanche un euro» per quei medicinali, donati «da un'organizzazione ebraica internazionale». In una mail personale a Fargion il linguaggio di Pacifici diventa più terra-terra: «Caro testa di cazzo... dammi il tuo indirizzo così ti vengo a prendere a calci nel culo... io qui Per Israele mi faccio un gran culo e vivo sotto scorta... STRONZO... Sappi che ho fatto tutto insieme all'ambasciata d'Israele... Che cazzo ne sai cosa stiamo facendo? STRONZOOOOOOOO».
Nel frattempo il governo di Israele, per agevolare il lavoro delle organizzazioni umanitarie, decide di concedere un “corridoio” che consiste in un cessate il fuoco giornaliero di tre ore durante le quali soccorrere i feriti e trasportare le vittime. Peccato che Israele non sia minimamente intenzionata a rispettarlo, e infatti, solo per fare une dei tanti esempi possibili, il 9 gennaio due operatori della croce rossa internazionale vengono uccisi proprio mentre approfittavano di questo “varco” per soccorrere alcune vittime.
L’attacco alle organizzazioni umanitarie sembra diventare prassi consolidata quando anche John Ging, direttore dell’UNRWA, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati palestinesi, annuncia che le attività verranno sospese a tempo indeterminato, per protestare contro gli attacchi, da parte delle forze di occupazione israeliane, contro i suoi lavoratori e le sue strutture. Nel frattempo sempre la croce rossa internazionale emette un comunicato dai toni particolarmente accesi dove accusa l'esercito israeliano di non rispettare il diritto umanitario internazionale che obbliga alla cura e all'evacuazione dei feriti. Per 4 lunghi giorni l’esercito israeliano ha impedito di soccorrere i feriti intrappolati in una struttura dove erano stati fatti rifugiare 110 civili, per poi bombardarli accanitamente uccidendone una trentina.
Ad oggi le vittime hanno abbondantemente superato quota 800, un terzo dei quali bambini. I feriti si avvicinano a quota 4000, 500 con ogni probabilità non vedranno la fine di questo conflitto, anche perché per ora all’orizzonte fine non ce n’è. Navi Pillay, Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, denuncia "gravissime violazioni che possono costituire crimini di guerra".
La comunità internazionale è complice, anche la sinistra. Il Pd, domani mercoledi 14 gennaio, sarà rappresentato dall’ex segretario DS Fassino e da altri esponenti di prestigio all’iniziativa organizzata dall'Associazione parlamentare di Amicizia Italia-Israele al titolo «Con Israele, per la libertà, contro il terrorismo». Gli organizzatori ci tengono a farci sapere che «E' giunto il momento di manifestare pubblicamente il nostro sostegno alla democrazia israeliana impegnata in una dolorosa e difficile operazione di guerra contro il terrorismo di Hamas». Per fortuna anche dentro al PD c’è chi si dissocia, D’Alema in primis. Anche da queste fratture dovremmo partire per allargare il movimento. L’unica iniziativa concreta a livello internazionale l’ha presa il Venezuela dove Chavez pochi giorni fa ha cacciato l’ambasciatore israeliano.
Intanto la guerra continua, anche con una certa calma, e la propaganda pure. Venerdi scorso l’esercito israeliano ha lanciato decine di migliaia di volantini. Vi leggo la traduzione di uno
"Ai cittadini di Gaza. Prendetevi la responsabilità del vostro destino! A Gaza i terroristi e coloro che lanciano i razzi contro Israele rappresentano una minaccia per le vostre vite e per quelle delle vostre famiglie. Se desiderate aiutare la vostra famiglia e i vostri fratelli che si trovano a Gaza, tutto quello che dovete fare è chiamare il numero indicato di seguito e darci informazioni riguardo alle posizioni in cui si trovano i responsabili dei lanci dei razzi e le milizie terroriste che fanno di voi le prime vittime delle loro azioni. Evitare che vengano commesse atrocità è ora vostra responsabilità! Non esitate!.. E' garantita la più totale discrezione. Potete contattarci al seguente numero: 02-5839749.Oppure scriverci a questo indirizzo di posta elettronica per comunicarci qualunque informazione abbiate riguardo a qualsiasi attività terroristica: helpgaza2008@gmail.com ". il prefisso internazionale per israele è 00972, nel caso voleste dire ciao.
Noi, come da giorni chiude i suoi resoconti Vittorio Arrigoni, l’unico italiano presente nella striscia, restiamo umani.

giovedì 8 gennaio 2009

Quello che non sapete su Gaza

dal NYT (New York Times)

di Rashid Khalidi

Quasi tutto quello che siete stati portati a credere su Gaza è sbagliato. Alcuni punti essenziali sembrano mancare dal discorso, svoltosi per lo più sulla stampa, circa l’attacco di Israele alla striscia di Gaza.

Il popolo di Gaza
La maggioranza di chi vive a Gaza non è lì per scelta. Un milione e cinquecentomila persone stipate nelle 140 miglia quadrate della striscia di Gaza fanno parte per lo più di famiglie provenienti dai paesi e dai villaggi attorno a Gaza come Ashkelon e Beersheba. Vi furono condotte a Gaza dall’esercito israeliano nel 1948.

L’occupazione
Gli abitanti di Gaza vivono sotto l’occupazione israeliana dall’epoca della Guerra dei sei giorni (1967). Israele è tuttora considerata una forza di occupazione, anche se ha tolto le sue truppe e i suoi coloni dalla striscia nel 2005. Israele controlla ancora l’accesso all’area, l’import e l’export, e i movimenti di persone in ingresso e in uscita. Israele controlla lo spazio aereo e le coste di Gaza, e i suoi militari entrano nell’area a piacere. Come forza di occupazione, Israele ha la responsabilità di garantire il benessere della popolazione civile della striscia di Gaza (Quarta Convenzione di Ginevra).

Il blocco
Il blocco della striscia da parte di Israele, con l’appoggio degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, si è fatto sempre più serrato da quando Hamas ha vinto le elezioni per il Consiglio Legislativo Palestinese nel gennaio 2006. Carburante, elettricità, importazioni, esportazioni e movimento di persone in ingresso e in uscita dalla striscia sono stati lentamente strozzati, causando problemi che minacciano la sopravvivenza (igiene, assistenza medica, approvvigionamento d’acqua e trasporti).

Il blocco ha costretto molti alla disoccupazione, alla povertà e alla malnutrizione. Questo equivale alla punizione collettiva –col tacito appoggio degli Stati Uniti- di una popolazione civile che esercita i suoi diritti democratici.

Il cessate-il-fuoco
Togliere il blocco, insieme con la cessazione del lancio dei razzi, era uno dei punti chiave del cessate-il-fuoco fra Israele e Hamas nel giugno scorso. L’accordo portò a una riduzione dei razzi lanciati dalla striscia: dalle centinaia di maggio e giugno a meno di venti nei quattro mesi successivi (secondo stime del governo israeliano). Il cessate-il-fuoco venne interrotto quando le forze israeliane lanciarono un imponente attacco aereo e terrestre ai primi di novembre; sei soldati di Hamas vennero uccisi.

Crimini di guerra
Colpire civili, sia da parte di Hamas che di Israele, è potenzialmente un crimine di guerra. Ogni vita umana è preziosa. Ma i numeri parlano da soli: circa 700 palestinesi, per la maggior parte civili, sono stati uccisi da quando è esploso il conflitto alla fine dello scorso anno. Per contro, sono stati uccisi 12 israeliani, per la maggior parte soldati. Il negoziato è un modo molto più efficace per affrontare razzi e altre forme di violenza. Questo sarebbe successo se Israele avesse rispettato i termini del cessate-il-fuoco di giugno e tolto il suo blocco dalla striscia di Gaza.

Questa guerra contro la popolazione di Gaza non riguarda in realtà i razzi. Né riguarda il “ristabilire la deterrenza di Israele”, come la stampa israeliana vorrebbe farvi credere. Molto più rivelatrici le parole dette nel 2002 da Moshe Yaalon, allora capo delle Forze di Difesa israeliane:”Occorre far capire ai palestinesi nei recessi più profondi della loro coscienza che sono un popolo sconfitto.”

Perchè la stampa non può entrare a gaza?

Quattro risposte semplicissime:


La Croce Rossa internazionale (Cicr) ha oggi accusato le forze israeliane a di avere ritardato l'accesso ai feriti in un quartiere di Gaza, tra cui quattro bambini che per quattro giorni sono rimasti in casa senza cibo e acqua accanto al cadavere della madre. Il Cicr sostiene che le forze dello stato ebraico rallentano i soccorsi e impediscono alle ambulanze di evacuare i feriti dalle zone colpite. "Quanto è accaduto è semplicemente scioccante", ha detto il responsabile del Cicr in Israele, Pierre Wettach. Le aumbulanze, ha aggiunto, sono state autorizzate a intervenire solo mercoledi, ossia quattro giorni dopo l'inizio dell'offensiva terrestre. "I militari israeliani dovevano sapere bene qual era la situazione ma non hanno fatto niente per soccorrere i feriti", ha proseguito Wettach. In un duro comunicato diffuso oggi a Ginevra, il Cicr sostiene che "in questa circostanza gli israeliani non hanno fatto fronte ai loro obblighi in base al diritto umanitario internazionale".


14:20 Israele colpisce convoglio Onu con aiuti durate la "tregua", morto l'autista

L'aviazione israeliana ha colpito un mezzo delle Nazioni Unite impegnato nella consegna di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza: l'autista del mezzo è rimasto ucciso, secondo quanto confermato da fonti dell'Onu. Il portavoce dell'organizzazione internazionale, Adnan Abu Hasna ha detto che l'incidente ha avuto luogo durante la pausa di tre ore dei bombardamenti, dichiarata da Israele per consentire la consegna degli aiuti. Il mezzo colpito portava le insegne e la bandiera dell'Onu quando è stato colpito nel nord di Gaza.

13:04 Times rilancia: Israele usa proiettili al fosforo bianco

Il Times di Londra rilancia: Israele sta usando proiettili al fosforo bianco - vietati da accordi internazionali in zone popolate da civili - nella sua offensiva a Gaza, e questo uso viene ora provato dalle ustioni sui corpi di vittime palestinesi e da immagini di tali munizioni che compaiono in foto delle stesse forze armate israeliane. Il quotidiano pubblica in particolare una foto dei presunti proiettili al fosforo bianco - di colore azzurro chiaro, contrassegnati dalla sigla M825A1, di fabbricazione americana - con un militare che ne sta maneggiando uno. Le munizioni vengono usate per creare schermi fumogeni a protezione delle truppe, ma la densità abitativa di Gaza rende probabile che il fosforo - che a contatto con la pelle prove gravissime ustioni, perchè è difficile da spegnere - finisca per colpire anche i civili.


12:26 Croce Rossa: "A Beit Lahiya cadaveri per le strade"

Cadaveri, a decine e decine, giacciono sulle strade e i feriti muoiono davanti gli occhi dei soldati israeliani che a distanza di pochi metri non fanno niente per soccorrerli": è solo una delle frasi del drammatico racconto di Ayad Nasr, portavoce della croce rossa internazionale riuscito ad entrare a Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza, dove infuriano da giorni i combattimenti tra le forze speciali israeliane e i miliziani palestinesi. In collegamento telefonico con la tv satellitare araba Al Jazeera, il rappresentante dell'organizzazione umanitaria ha lanciato "un pressante e urgente appello alle autorità israeliane per permettere alle nostre auto ambulanze di entrare nelle zone di Abraj Al Awda e Abraj Sheikh Zaid per raccogliere i feriti che molti di loro sono morti perchè nessuno ha prestato loro soccorso".