martedì 13 gennaio 2009

LE PROPORZIONI DEL GENOCIDIO

Di Giuliano Marrucci

La nostra storia inizia nel gennaio del 2006. A Gaza si tengono le elezioni amministrative. Hamas conquista 77 seggi sui 118 disponibili. Secondo gli osservatori, tra cui l’ex presidente USA Jimmy Carter, si è trattato di elezioni libere e democratiche. Ma a quanto pare le elezioni libere e democratiche valgono solo quando il risultato è quello sperato, e così tutto il mondo occidentale, Unione Europea in testa, si affretta a dichiarare di non riconoscere la leggittimità del vincitore. D’altronde Hamas è il diavolo, lo dicono tutti, come ha fatto notare in un bell’articolo sul suo blog il prof. Domenico Losurdo. Losurdo cita alcuni editoriali apparsi recentemente. Il primo porta la firma di Piero Ostellino (corriere della sera, 29 dicembre). “L’articolo 7 della Carta di Hamas non propugna solo la distruzione di Israele, ma lo sterminio degli ebrei”. Qualche giorno dopo, il 3 gennaio, sul solito giornale, a rincarare è Ernesto Galli della Loggia secondo il quale “Hamas auspica l’eliminazione di tutti gli ebrei dalla faccia della terra”. Secondo la sua analisi, i «terroristi» palestinesi si propongono di liquidare la macchina bellica non solo di Israele ma anche degli Usa. Magari a suon di razzi qassam prodotti in garage (questa l’ho aggiunta io). Ambiziosi ‘sti fondamentalisti. In questa gara a chi la spara più grossa la Stampa non ha voluto rimanere indietro, e due giorni dopo, per voce del suo celebre editorialista Enzo Bettiza, ha dato la sua interpretazione della missione Piombo fuso: “E’ una drastica e violentissima operazione di gendarmeria di un Paese minacciato di sterminio da una setta che ha giurato di estirparlo dalla faccia della terra”.
Ovviamente Hamas non dice niente di tutto questo….ma a noi che ce frega, noi dobbiamo combattere il diavolo.
Il bello è che quando Al-Fatah ha capito che per l’occidente Hamas era il diavolo, non s’è lasciato sfuggire l’occasione ed ha cercato in tutti i modi di impedirgli di sostituirla al potere. Anzi, visto che c’era lei in prima linea a combattere contro il diavolo, ha pensato bene di farsi dare qualche aiutino. Ecco spiegata quella specie di guerra civile che si è consumata a gaza nei primi mesi del 2007, almeno fino al 14 giugno, quando contro tutto e tutti Hamas riesce comunque ad impadronirsi anche della sede militare dell’ANP e a ottenere così il controllo sull’intera striscia.
Una vittoria che alla popolazione civile costerà cara. Non passa manco una settimana che Israele dichiara la striscia di Gaza “entità ostile”. Il resto dell’occidente, ovviamente, si allinea; niente più aiuti umanitari per un popolo colpevole di aver eletto il partito sbagliato. E a Gaza senza aiuti umanitari non si va avanti. Perché Gaza è una striscia di terra lunga manco quaranta chilometri e larga meno di dieci. Un fazzoletto come quello che va da Livorno a Viareggio e nell’interno arriva a malapena a Pisa. Solo che ci vivono un milione e mezzo di abitanti. Più di un terzo in campi profughi, 8 in tutto. Come quello di Jabilya, un quartiere grosso come il C.E.P. ma con più di 100.000 abitanti. La disoccupazione supera il 50%, e per l’80% della popolazione il reddito non supera i due dollari al giorno. Troppa grazia per questo popolo di fondamentalisti. Per punirli come si deve ci vuole l’embargo: impietoso, totale. Tra i prodotti non permessi ci sono anche il caffè, il the, le sigarette, l’acqua, ogni sorta di attrezzatura medica….tutto. Sbaglia chi dice che Gaza è una prigione, ai detenuti il cibo si puo’ portare, i detenuti vanno curati. Più che una prigione Gaza è un grande, enorme campo di concentramento. Non lo dico io, e non lo dice neanche Amadinehjad. Lo dice il Cardinal Raffele Martino, presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace.
Ad esempio a Gaza ogni 1000 bambini che nascono ne muoiono circa 35 (in Israele, per fortuna, solo 4) e 1 bambino su 10 è affetto da ritardi della crescita, a causa della malnutrizione cronica.
Ora succede che tra questo milione e mezzo di persone che ogni giorno è costretto a subire ogni sorta di angherie, ovviamente, ce n’è qualcuna che si incazza. Se avessero a disposizione gli f-16 di Tsahal (l’esercito israeliano) magari penserebbero anche loro a un’attacco in grande stile. E invece non c’hanno niente, e quindi non trovano niente di meglio da fare che lanciare un po’ a casaccio in territorio israeliano della ferraglia assemblata alla meno peggio negli scantinati. Sono I famosi razzi qassam, roba più adatta ai botti di capodanno che non alla guerra. E infatti gli effetti sono modesti: nonostante ne vengano lanciati a centinaia, in due anni le vittime superano di poco la decina. Quanto basta comunque a Israele e al suo esercito, il quarto al mondo per tecnologia e potenza di fuoco, per sentirsi minacciati. E così, non contenta delle centinaia di palestinesi, in gran parte bambini, morti a causa dell’embargo, Israele comincia a dedicarsi anima e cuore a missioni di guerra e a cosiddetti assassinii mirati contro esponenti palestinesi giudicati particolarmente pericolosi per la sua sicurezza. Fino al primo marzo 2008, quando viene lanciata l’operazione “inverno-caldo”: Gaza viene invasa dai blindati e dagli f-16, tra i palestinesi si contano 112 morti e oltre 150 feriti. Da parte israeliana i numeri sono invece rispettivamente 3 e 7. Le proporzioni del genocidio vengono mantenute.
Intanto l’egitto comincia a lavorare ad un accordo di cessate il fuoco. L’accordo arriva a giugno, Hamas si dichiara disponibile a interrompere il lancio di razzi qassam in cambio di un’alleggerimento dell’embargo. Ma qualcuno non rispetta I patti. L’alleggerimento del blocco è soltanto di facciata. Dei 450 camion di aiuti umanitari previsti ogni giorno, Israele ne fa passare a malapena una settantina. I soliti “fondamentalisti” rispondono con qualche razzo (senza fare vittime), e Israele fa in modo che le proporzioni del genocidio vengano rispettate anche questa volta, le vittime sono una cinquantina, circa 20 soltanto a novembre.
E finalmente arriviamo a dicembre 2008. La tregua pattuita in giugno e mai rispettata sta per scadere. Hamas fa sapere che "non ci sarà nessun rinnovo della tregua senza un alleggerimento dell'assedio". Israele tace, e il 19 dicembre riecco apparire i razzi qassam. Per rispettare le proporzioni del genocidio Israele a questo punto decide di fare le cose in grande, e il 27 dicembre lancia l’operazione “piombo fuso”. In una sola giornata di bombardamenti i morti sono gia 200. “Obiettivi militari”, dicono da Israele. Ma anche se fossero in buona fede, e a breve le prove che non lo sono diventeranno evidenti, la storia degli obiettivi militari non regge. Quando si bombarda dal cielo, non regge mai, ma qui a Gaza men che meno. A Gaza le case sono costruite casualmente una arroccata sull’altra, non c’è verso di colpire un’obiettivo sensibile senza fare una carneficina. E infatti di carneficina si tratta. Una carneficina senza soccorritori, perché tra i primi “obiettivi sensibili” ci sono anche quei tunnel scavati dio solo sa come al confine con l’egitto e che soli permettevano di accaparrarsi qualche medicinale. Ma per la Livni “a Gaza non c’è nessuna emergenza umanitaria”. E noi gli dobbiamo credere sulla parola, visto che Israele non permette ai giornalisti di entrare a Gaza, o almeno non ai giornalisti che non stanno dalla sua parte e che non sono disposti a fare da altoparlante alla versione del suo esercito.
Anche le organizzazioni umanitarie non hanno vita facile.
Ad esempio il 31 dicembre, a 90 miglie nautiche da Gaza, in piene acque internazionali, 11 navi da guerra israeliane speronano tre volte una barca del Free Gaza Movement con a bordo 3 tonnellate di medicinali e del personale medico, impedendone l’arrivo a destinazione. Intato arrivano notizie di attacchi massicci ad ospedali, moschee ed abitazioni private. Ma non è ancora niente, perchè il 3 gennaio, quando ormai il bilancio delle vittime ha superato quota 400, un quarto dei quali bambini, Israele rilancia entrando a Gaza con I suoi tanks via terra.
Nel frattempo invitano I civili a ripararsi negli edifici delle scuole dell’ONU. Come la scuola “Fakura” di Jabaliya. Peccato che non appena I civili accettano l’offerta, tsahal la comincia a bombardare, mietendo 42 vittime. Il portavoce dell'Unrwa (Onu), Chris Gunness ha riferito che, in privato, alti ufficiali israeliani hanno ammesso che nella scuola che non era presente alcun miliziano.
Intanto esce un rapporto del New Weapons Research Committee, l’unica organizzazione ad avere un medico occidentale nella striscia. Secondo questo rapporto "si sta ripetendo nella Striscia ciò che è già avvenuto in Libano nel 2006, quando lo stato ebraico utilizzò nel conflitto contro l'organizzazione sciita Hezbollah il fosforo bianco, il Dense inert metal explosive (Dime) e gli ordigni termobarici, tre tipologie di strumenti di offesa riconoscibili per le caratteristiche delle ferite che provocano, nonché le bombe a grappolo e i proiettili all'uranio, che hanno lasciato tuttora sul terreno nel Paese dei cedri tracce di radioattività e ordigni inesplosi". Insomma, per Israele Piombo Fuso è anche un’opportunità da non farsi sfuggire per testare nuove armi.
Difficile a questo punto continuare a sostenere che non ci sia nessuna emergenza umanitaria.
Tant’è che “l'Unione delle Comunità ebraiche italiane e la Comunità ebraica di Roma - si legge in un comunicato - mettono a disposizione 300 mila euro in medicinali”, 200 mila dei quali destinati “ai bambini e alla gente di Gaza”. Riccardo Pacifici, presidente della comunità romana, che pochi giorni prima aveva espresso il suo pieno appoggio ai bombardamenti su Gaza, dichiara che come per ogni operazione umanitaria non intendono “dare un giudizio politico dei torti o delle ragioni dell'una o dell'altra parte”. Una dichiarazione che mette subito in moto I bollenti spiriti del sionismo internazionale.
Un certo Shimon Fargion, un ebreo italiano emigrato a Gerusalemme, ha attaccato violentemente Pacifici sia per quelle parole che suonano troppo equidistanti sia per aver speso soldi della comunità in soccorso dei civili palestinesi di Gaza.
Il manifesto riporta la risposta di Pacifici, intercettata chissà come, a queste accuse.
«Posso garantirvi - scrive - che la scelta tutta mediatica di far arrivare medicinali ai bambini palestinesi e israeliani era ed è solo utilizzata per quando da lunedì comincerà la nostra battaglia sui media a sostegno di Israele». E per il 10 aveva annunciato «un megaevento» da 1500 persone selezionate con l'ambasciatore di Israele «per spiegare le ragioni di Israele e il suo diritto a fare questa guerra». Pacifici giura che la Comunità romana non ha tirato fuori «neanche un euro» per quei medicinali, donati «da un'organizzazione ebraica internazionale». In una mail personale a Fargion il linguaggio di Pacifici diventa più terra-terra: «Caro testa di cazzo... dammi il tuo indirizzo così ti vengo a prendere a calci nel culo... io qui Per Israele mi faccio un gran culo e vivo sotto scorta... STRONZO... Sappi che ho fatto tutto insieme all'ambasciata d'Israele... Che cazzo ne sai cosa stiamo facendo? STRONZOOOOOOOO».
Nel frattempo il governo di Israele, per agevolare il lavoro delle organizzazioni umanitarie, decide di concedere un “corridoio” che consiste in un cessate il fuoco giornaliero di tre ore durante le quali soccorrere i feriti e trasportare le vittime. Peccato che Israele non sia minimamente intenzionata a rispettarlo, e infatti, solo per fare une dei tanti esempi possibili, il 9 gennaio due operatori della croce rossa internazionale vengono uccisi proprio mentre approfittavano di questo “varco” per soccorrere alcune vittime.
L’attacco alle organizzazioni umanitarie sembra diventare prassi consolidata quando anche John Ging, direttore dell’UNRWA, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati palestinesi, annuncia che le attività verranno sospese a tempo indeterminato, per protestare contro gli attacchi, da parte delle forze di occupazione israeliane, contro i suoi lavoratori e le sue strutture. Nel frattempo sempre la croce rossa internazionale emette un comunicato dai toni particolarmente accesi dove accusa l'esercito israeliano di non rispettare il diritto umanitario internazionale che obbliga alla cura e all'evacuazione dei feriti. Per 4 lunghi giorni l’esercito israeliano ha impedito di soccorrere i feriti intrappolati in una struttura dove erano stati fatti rifugiare 110 civili, per poi bombardarli accanitamente uccidendone una trentina.
Ad oggi le vittime hanno abbondantemente superato quota 800, un terzo dei quali bambini. I feriti si avvicinano a quota 4000, 500 con ogni probabilità non vedranno la fine di questo conflitto, anche perché per ora all’orizzonte fine non ce n’è. Navi Pillay, Alto commissario dell'Onu per i diritti umani, denuncia "gravissime violazioni che possono costituire crimini di guerra".
La comunità internazionale è complice, anche la sinistra. Il Pd, domani mercoledi 14 gennaio, sarà rappresentato dall’ex segretario DS Fassino e da altri esponenti di prestigio all’iniziativa organizzata dall'Associazione parlamentare di Amicizia Italia-Israele al titolo «Con Israele, per la libertà, contro il terrorismo». Gli organizzatori ci tengono a farci sapere che «E' giunto il momento di manifestare pubblicamente il nostro sostegno alla democrazia israeliana impegnata in una dolorosa e difficile operazione di guerra contro il terrorismo di Hamas». Per fortuna anche dentro al PD c’è chi si dissocia, D’Alema in primis. Anche da queste fratture dovremmo partire per allargare il movimento. L’unica iniziativa concreta a livello internazionale l’ha presa il Venezuela dove Chavez pochi giorni fa ha cacciato l’ambasciatore israeliano.
Intanto la guerra continua, anche con una certa calma, e la propaganda pure. Venerdi scorso l’esercito israeliano ha lanciato decine di migliaia di volantini. Vi leggo la traduzione di uno
"Ai cittadini di Gaza. Prendetevi la responsabilità del vostro destino! A Gaza i terroristi e coloro che lanciano i razzi contro Israele rappresentano una minaccia per le vostre vite e per quelle delle vostre famiglie. Se desiderate aiutare la vostra famiglia e i vostri fratelli che si trovano a Gaza, tutto quello che dovete fare è chiamare il numero indicato di seguito e darci informazioni riguardo alle posizioni in cui si trovano i responsabili dei lanci dei razzi e le milizie terroriste che fanno di voi le prime vittime delle loro azioni. Evitare che vengano commesse atrocità è ora vostra responsabilità! Non esitate!.. E' garantita la più totale discrezione. Potete contattarci al seguente numero: 02-5839749.Oppure scriverci a questo indirizzo di posta elettronica per comunicarci qualunque informazione abbiate riguardo a qualsiasi attività terroristica: helpgaza2008@gmail.com ". il prefisso internazionale per israele è 00972, nel caso voleste dire ciao.
Noi, come da giorni chiude i suoi resoconti Vittorio Arrigoni, l’unico italiano presente nella striscia, restiamo umani.

Nessun commento: