venerdì 30 novembre 2007

REPRESSIONE ALLA SPEZIA

direttamente dalla lista dell'RDA MayDay di La Spezia

Stasera (29 novembre 2007) alle 18 una trentina di compagne e compagni hanno effettuato un
presidio con blocco stradale in v.le Amendola di fronte alla portadell'Arsenale, diffondendo volantini alla popolazione: volevano richiamarel'attenzione sul processo ai 25 manifestanti processati a Genova per ifatti del G8 del 2001, mettendo in evidenza l'assurdità delle pene
richieste dal Pm anche in confronto alla probabile impunità delle forzedell'ordine.

Il presidio si è sciolto all'arrivo delle prime volanti, cinque minutidopo il suo inizio, e immediatamente si è scatenata una caccia all'uomoper le strade della città (tuttora in corso) che ha portato al fermo di due compagni, a quanto risulta ancora trattenuti in questura.

Il tutto mentre a poca distanza gruppi neofascisti svolgevano attività dipropaganda senza che nessuno contestasse loro il reato di "ricostituzionedel partito fascista"!
La Spezia si conferma una città tranquilla solo per chi abbassa la testa:solidarietà ai compagni fermati.



29 novembre 2007

giovedì 29 novembre 2007

2007 : UN ANNO PER LE PARI OPPORTUNITA’ ?


Secondo un rapporto preparato per una sessione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile, dall'università di Harvard, la violenza e' la prima causa di morte e di invalidità per le donne tra i 15 ed i 44 anni, ancor più del cancro , della malaria, degli incidenti stradali e persino della guerra. Secondo il Parlamento europeo, in Europa, la violenza e' la prima causa di morte per le donne tra i 16 ed i 55 anni. Emerge cosi una realtà drammatica che non risparmia nessun Paese.

Il più delle volte la violenza si consuma dentro le mura domestiche ad opera, di mariti, fidanzati, padri , fratelli. L'organizzazione mondiale della sanità ha stimato che il 70% delle donne, vittime di omicidio, e' stata uccisa dal partner.

Questa violenza può essere di matrice culturale e religiosa, ma non necessariamente e non nasce solamente da problemi di arretratezza culturale o religiosa ma si tratta di un problema globale, ricorrente in tutti gli stati, dai più arretrati ai giganti dell'economia: negli Usa sono stati nel solo 2001, 700.000 i casi di violenza domestica.

Le pratiche violente si manifestano in diversi modi e ambiti: abusi domestici , violenze nei luoghi di lavoro, tratta delle schiave del sesso e dello sfruttamento della prostituzione.

Ciò dimostra che la violenza sulle donne è intrinsecamente legata alla struttura socio-culturale delle nostre società, e che si estende ad altre sfere: la discriminazione nel mondo del lavoro e l'accesso alle istituzioni. Quindi non solo violenza fisica e sessuale, ma il problema si manifesta in modo più complesso e ha radici giuridiche, politiche, economiche e culturali , cosicchè la donna, ancora oggi, si trova in una condizione di inferiorità nelle relazioni sociali, familiari e lavorative.

La piattaforma di Pechino ribadisce il legame fra la violenza sulle donne ed i diritti umani, affermando che "la violenza contro le donne costituisce una violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle donne e pregiudica o annulla il loro godimento di tali diritti e libertà" ed i diritti umani sono fonte di diritto ed hanno dunque una validità giuridica a livello internazionale.

Nonostante tali proclami la violenza sulle donne non accenna a diminuire, anzi e' in crescita esponenziale anche in Europa come già detto,ed i governi non lo affrontano come un problema politico a tutto tondo, ma solo dal punto di vista repressivo.

E’ invece fondamentale riconoscere gli atti di violenza al di fuori della loro legittimazione culturale, nella loro vera luce discriminatoria e delittuosa, non più violenza di genere nascosta nelle pieghe del delitto d’onore, né legata ai comportamenti delle singole donne, ma frutto di una radice ben più dura da estirpare.

In Europa la questione e' particolarmente inquietante, perchè, pur essendo oggi pervasa da forti contraddizioni di classe, da nuove conflittualità indotte dall'emigrazione, dalla riduzione dello stato sociale, e' stata nel passato il luogo della rivoluzione francese, della rivoluzione d'ottobre, delle lotte del movimento operaio, e soprattutto del femminismo.

La domanda che dobbiamo porci e': perchè questa crescita della violenza sulle donne nel cuore dell'Europa civile e nelle società a capitalismo sviluppato?

Non residuo di persistenti arretratezze, ma fenomeno in crescita, che ha sicuramente relazioni con un certo tipo di sviluppo economico-sociale, pervaso dal liberismo e dall'ideologia del mercato, che ha favorito l’indebolirsi della solidarietà sociale, della capacità dell' accoglienza di culture diverse, che ha dato l’impulso a fenomeni di violento razzismo, e che ha prodotto la precarietà del lavoro e dunque della vita, che rende tutti meno sicuri e più fragili.

Ciò che appare scoraggiante e' che non si vedono i segni di un'inversione di tendenza: il mercato sembra controllare non più solo la produzione, ma ogni aspetto della vita, della cultura, dell'espressione, delle relazioni personali pervase dall'esigenza di consumare tutto e subito, senza capacità di attesa e di costruzione.

Soprattutto i giovani appaiono particolarmente vulnerabili, perchè difficilmente riescono ad incontrare nella loro esperienza di vita, espressioni e soggetti portatori di valori alternativi.

Quale futuro può avere una società che produce insicurezza economica e sociale, perdita di chance, abbassamento della qualità dell'istruzione, ritmi di lavoro elevati, relazioni tra individui conflittuali ed aggressive?

I ripetuti episodi di violenza, abusi e molestie nei confronti di minorenni, spesso praticata in gruppo riprendendo le scene con i cellulari ci ricordano che la violenza si impara e si pratica da giovanissimi. Ciò riflette società imbarbarite, sotterraneamente violente, perdute nei valori, e circondati da adulti che non riescono a farsi carico della loro crescita.

La Commissione europea per le pari opportunità ha designato il 2007 come “Anno europeo delle pari opportunità per tutti” con l’intenzione di aprire campi di confronto sulle discriminazioni.

L’Anno europeo 2007 si concentrerà sulla lotta a tutte le discriminazioni, quelle di genere, di razza, etniche, religiose per incentivare la presa di coscienza da parte dei cittadini europei del proprio diritto a non essere discriminati.

Auspichiamo che tale iniziativa stimoli dibattiti e riflessioni sulla possibilità di incrementare la rappresentatività e la partecipazione delle donne alla vita sociale e politica.

Tanti sono i temi che incidono direttamente sulla vita di molte donne, quali il precariato, la disoccupazione, la doppia presenza e la difficile conciliazione dei tempi, la violenza.

Dentro il peggioramento generalizzato delle condizioni materiali, l’erosione dei diritti fondamentali del lavoro, i tagli allo stato sociale, siamo noi donne quelle che pagano il prezzo più alto, le più povere, le meno garantite.

Vorremmo che si sviluppassero momenti di discussione e aggregazione con il fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sul riconoscimento e la valorizzazione della diversità e della parità per la costruzione di una società più solidale.

Ilaria Paladini – Segreteria Provinciale PRC Massa - Carrara


mercoledì 28 novembre 2007

Indagine choc sulle abitudini dei giovani
Secondo un'indagine condotta dalla società di pediatri italiani, molti dei ragazzini di oggi, sotto i 14 anni, hanno già avuto il primo rapporto sessuale, bevono alcolici e passano il sabato pomeriggio in discoteca.
Dopo le baby prostitute e le baby cubiste, si torna a parlare degli adolescenti e del loro rapporto con sesso e alcol.Ed i risultati sono, secondo pediatri e psicologi, alquanto allarmanti.Tutto è iniziato quando, due giorni fa, Giuliano Amato ha denunciato la presenza di baby squillo sulle strade italiane, costrette a prostituirsi da compagni di scuola che devono pagare “debiti di gioco” o che si prostituiscono per i loro stessi debiti contratti giocando a dadi o al videopoker.Immaginare un ragazzino di dodici anni che ha già debiti di gioco e vergognandosi di confessarlo ai genitori cerca altre strade per risolvere il problema è inquietante.
Si delinea così un quadro piuttosto preoccupante della realtà giovanile attuale.Secondo un'indagine condotta nel 2006 dalla Società dei pediatri italiani su 1251 ragazzini tra 12 e 14 anni, al 61,8% degli intervistati capita a volte di fare qualcosa che considerano rischioso e tra i principali comportamenti considerati rischiosi c'è anche fare sesso senza protezione; il 53% bevono birra e al 37,4% è capitato, spesso o solo a volte, di vedere gli amici ubriachi; il 30,3% dei ragazzi fuma e nel 44,3% dei casi hanno amici che fumano le canne.Inoltre la maggior parte degli intervistati maschi da grandi vorrebbero fare i calciatori, mentre le ragazze vorrebbero diventare personaggi famosi, magari della tv.

Per una percentuale molto elevata per essere apprezzati dal gruppo bisogna essere belli e alla moda.Insomma, i ragazzi di oggi hanno le idee ben chiare su quello che vogliono e su quali sono le caratteristiche per avere successo: calcio e televisione.
Se una volta a 12 anni si era ancora bambini e si giocava con le bambole o le macchinine, adesso i dodicenni seguono la moda per essere accettati, hanno il cellulare, escono con gli amici, bevono e fanno sesso.Il sabato pomeriggio si passa rigorosamente in discoteca, perché, come questi ragazzi affermano senza problemi “altrimenti, dove vado il sabato pomeriggio?”I genitori spesso non sanno che i loro figli trascorrono le ore pomeridiane nei locali e non immaginano nemmeno il cambiamento da quando escono da casa a quando entrano nelle discoteche.Ma a dodici anni età si è veramente pronti per tutto ciò?
I giovani si sentono liberi di poter fare quello che vogliono senza alcuna restrizione, certi di essere pronti a tutto?Ma in questo modo non si rischia di bruciare le tappe prima del tempo?

martedì 27 novembre 2007

I SAVOIA CHIEDONO I DANNI E GAETA RISPONDE




Dopo i lunghi anni dell’esilio e la grande trattativa per rientrare in Italia i Savoia sembravano pronti a riconquistare la fiducia del popolo italiano tramite il dialogo e la cooperazione, senza colpi di teatro o atti intimidatori. Invece non è stato così. Anzi forse covando in seno un odio smisurato verso il popolo che li ha esiliati hanno pensato bene di uscire allo scoperto con una richiesta scioccante, quella del risarcimento per gli anni trascorsi con la forza fuori dal nostro paese.



In molti hanno pensato ad uno scherzo, in molti auspicavano in un dietrofront della casa reale, ma così non è stato, anzi i Savoia hanno fatto anche la loro precisa richiesta di risarcimento in denaro che vorrebbero ottenere al più presto dal Governo italiano.
Sono 260 milioni di euro di spese, a tanto ammonterebbe la richiesta dei reali per essere stati cacciati ingiustamente dall’Italia dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando ci avevano lasciato in mano a Mussolini e ai tedeschi e si erano rifugiati a Brindisi, sorvegliati dagli americani.
Una bella cifra non c’è che dire, ma siamo certi che il Governo non scenderà a patti con i Savoia. Però Vittorio Emanuele e Emanuele Filiberto non potevano sospettare che ad andare contro la loro scelta ci fossero anche dei rappresentanti della casa reale.
Infatti Maria Gabriella e Maria Beatrice, sorelle di Vittorio Emanuele e figlie del Re esiliato Umberto II, si tirano fuori da questa battaglia intrapresa dalla propria famiglia e così commentano il gesto del fratello e del nipote: "Come componenti della Casa reale di Savoia teniamo a significare che non aderiamo in alcun modo alla richiesta di danni avanzata contro l'Italia da nostro fratello e da suo figlio, Emanuele Filiberto. Nostro padre, il re Umberto II, è morto dopo un interminabile e sofferto esilio avendo sempre cara l'immagine della patria lontana. Italia innanzitutto fu il punto di riferimento di ogni suo pensiero". Chiaro quindi l’intento di non schierarsi al fianco dei familiari in questa crociata contro l’amato popolo italiano anche per non disonorare la memoria di Umberto II.
Poi continuano affermando, nella lettera letta a “Porta a Porta” che ormai i due, padre e figlio, perseguono un strada a senso unico senza alcuna possibilità di riuscita e soprattutto non possono contare sull’aiuto dei familiari che sono contrari a questa battaglia.
Di contro il Re e suo figlio dicono che quei soldi sarebbero usati con scopi di beneficenza e non perché servano realmente. Emanuele Filiberto sembra quello più interessato al risarcimento, anche perché a lui spetterebbero ben 90 dei 260 milioni di euro richiesti.
Il futuro Re si giustifica così: "Per 30 anni sono stato privato del diritto di vivere come un italiano libero. Non ho potuto godere la mia patria o servirla". Il nostro Governo è pronto invece a fare una contro richiesta di danni ai Savoia per aver abbandonato il paese nel momento di bisogno.






GAETA CHIEDE I DANNI AI SAVOIA: 500 MILIONI
«Faremo un consiglio comunale a metà dicembre per intentare una causa ai Savoia e vogliamo denunciare alla Corte dell'Aia l'invasione infame, senza alcuna dichiarazione di guerra, del 1860-61 che causò 1 milione di morti e 25 milioni di emigranti. Vogliamo che Vittorio Emanuele II sia condannato per crimini di guerra». A dichiararlo è l'assessore al Demanio del Comune di Gaeta Antonio Ciano.«Stiamo raccogliendo gli atti dell'archivio comunale storico - spiega l'assessore - dove sono descritte le sofferenze di questa città e i danni subiti dall'invasione delle truppe piemontesi. Gaeta fu rasa al suolo, completamente saccheggiata dalle truppe, con danni ingenti che nessuno ha pagato».E, in merito all'ammontare dei danni, Ciano spiega che «si arriverebbe intorno ai 500 milioni di euro», annunciando che «cancelleremo tutte le strade intitolate ai Savoia. Vogliamo riprenderci la nostra identità repubblicana. I savoia hanno esautorato le ricchezze del Sud, portandole al Nord - continua l'assessore - Il Mezzogiorno era ricchissimo: su 668 milioni di lire, che facevano parte del tesoro italiano, 443 appartenevano al Regno delle Due Sicilie, mentre il Piemonte era indebitatissimo. Tutti debiti che abbiamo pagato noi del Sud. Gaeta sarà capofila di questa battaglia, noi siamo repubblicani, la nostra patria è nata il 2 giugno del 1946».

Los angeles 1992-Parigi 2007




Politiche diverse
Stessi risultati.

La repressione non paga!




L’esercito delle banlieue

di Gianni Marsilli

su l'Unità del 28/11/2007

Molotov e petardi, pietre e sbarre di ferro, ma anche fucilate. Bruciano automobili scuole e biblioteche ma ci sono proiettili che mirano ad uccidere il flic, il «porco» in uniforme. La rabbia del 2005 è ancora lì, intatta e rovente. Ma si è fatta più lucida e affilata, quasi omicida. La rivolta potrebbe essere meno estesa della sollevazione di due anni fa.
Ma anche più cattiva e determinata, non solo nichilista e disperata. Dicono le cronache che quelle centinaia di ragazzi - tutti neri o maghrebini - che hanno messo a ferro e fuoco Villiers-le-Bel stavolta hanno avuto il sostegno della gente intorno, come si aiutano i resistenti. Perché nulla è cambiato da due anni a questa parte, malgrado le promesse e i cantieri per nuovi alloggi popolari e le leggi - non applicate - che incoraggiano l’occupazione. Si vive sempre male, disoccupati ed etnicamente separati, in banlieue. Anche se si è francesi a tutti gli effetti. Capita allora che un incidente diventi una provocazione, qualsiasi sia stata la sua dinamica. Che la violenza sia spontanea, scontata, pavloviana. Era colpa dei poliziotti? Pare di no, pare. Ma non ha più molta importanza. La scintilla è scattata e l’incendio è scoppiato, travolgendo torti e ragioni.
Oggi Nicolas Sarkozy, appena rientrato dal suo viaggio in Cina, dovrebbe ricevere all’Eliseo le famiglie dei due ragazzi morti domenica sera. Prima, avrà reso visita ai gendarmi feriti, in particolare ai sei impallinati da un ignoto fucile da caccia. Sarkozy, si spera, è il primo a sapere che il tempo cammina molto in fretta, nelle banlieues. Che l’esperienza del 2005 non ha più molto da insegnare. Che le grandi manovre di anti-guerriglia urbana di migliaia di gendarmi non servono più a gran cosa, davanti a ragazzi pronti a diventare snipers. Che la faccenda, quindi, potrebbe farsi molto più pericolosa in questo autunno. Che il ministero degli Interni è in mano a Michèle Alliot Marie, che prima reggeva la Difesa, ed è portata a confondere i rivoltosi delle periferie con truppe di un esercito nemico. Alliot Marie ha cominciato male. Lunedì, già prima degli scontri più aspri, li aveva archiviati nella cartella della «delinquenza organizzata». Quei ragazzini di tredici, quindici anni relegati al rango di spacciatori, ladri, banditi. Ha così negato implicitamente l’esistenza del disagio nel quale vivono, che è grande. È parsa scordare che ci sono aziende che catalogano le richieste di lavoro a seconda del colore della pelle: nella colonna 1 i neri, in quella 2 i maghrebini, in quella 3 gli asiatici, nella 4 i «pure whites», come dire gli ariani. Che i senza lavoro toccano punte del 40-50 per cento. Che le ZUS (zone urbane sensibili) comprendono cinque milioni di francesi. Per questo l’Eliseo ha tenuto a far sapere che da Shanghai Sarkozy aveva telefonato ad Alliot Marie, e le aveva rivolto «un certo numero di raccomandazioni». La signora ministro è insomma sotto stretta tutela. Al timone è tornato lui, il suo predecessore diventato presidente. Con un rischio: che alzando il livello della gestione della crisi, si alzi anche il livello dello scontro. Malgrado la linea di Sarkozy, che si vorrebbe meno aggressiva di due anni fa, quando annunciava a gran voce di voler «ripulire» quei quartieri, come si disinfesta un tugurio.
Era stato lo stesso Sarkozy, però, a promettere in campagna elettorale un grande «piano Marshall» per le banlieues, del quale non si è vista ancora traccia. Ci sta lavorando Fadela Amara, ministro alle politiche urbane, di origine algerina, da sempre di sinistra, nel governo grazie alla «ouverture» politica presidenziale. Ma è ancora «in fase di concertazione» con sindaci e associazioni, e non sarà pronta prima di gennaio. Nel frattempo, i sindaci temono il peggio.

Comunicato degli Ultrà della Carrarese



Carrara 25.11.2007

Comunicato Curva Nord Lauro Perini

Anche noi come Curva Nord Lauro Perini aderiamo alla forma di protesta che è stata decisa, fra le altre, dagli incontri avvenuti a Milano. Questo perché riteniamo giusta una risposta Ultras al susseguirsi delle vicende iniziate dall’uccisione di Gabriele Sandri. Domenica mattina 11 Novembre 2007, infatti, un poliziotto uccideva con un colpo di pistola alla testa questo ragazzo, solamente perché partecipe di una presunta rissa (?!). Da questo purtroppo è scaturito, come sempre ormai succede, una condanna unanime da parte delle istituzioni (in primis dal nostro “carissimo” ministro Amato, già autore del precedente decreto assieme al ministro Meandri), dai vertici di polizia e dalla quasi totalità degli organi di informazione verso il mondo Ultras.


I fatti di quella mattina, avvenuti alle 9:00, sono stati volontariamente tenuti nascosti fino alle 13:00. Da subito si voleva far passare l’accaduto come accidentale (colpi sparati in aria) ed oltre a questo senza sospendere, come già avvenuto per il caso Raciti, le partite:


LA MORTE E’ UGUALE PER TUTTI!


Questo ha fatto si che, dalla rabbia per questi assurdi e vergognosi comportamenti tenuti dalle istituzioni, avvenissero nel pomeriggio degli scontri a Bergamo, Taranto, Milano e a Roma in serata, dopo la conferenza stampa delle 19:00, in cui il questore di Arezzo (probabilmente pilotato dai vertici), senza il benché minimo umano rispetto per la vita spezzata, parlava ancora di colpi sparati in aria, quando la realtà dei fatti era già fin troppo chiara a tutti, cioè Omicidio!!!


Questi scontri sarebbero stati evitati dando chiaramente notizia immediata della verità, e trattando il poliziotto come qualsiasi cittadino, che invece è tuttora in libertà, senza essere mai stato sottoposto ad esami alcolemici e tossicologici subito dopo il fatto, come di consueto avviene in questi casi.

Forse tutto questo era proprio studiato e voluto…..?!


Questa decisione allo sciopero del tifo oggi non va comunque ad intaccare la nostra mentalità Ultras, né a modificare il nostro giudizio su quelle tifoserie che continuano ad impugnare orgogliosamente le lame, a lucrare sul tifo e, e più recentemente, a sottomettersi per sporchi interessi alle autorizzazioni per striscioni, impianti audio e quant’altro.


Noi siamo contro a tutto questo da sempre, ritenendo proprio suddetti comportamenti, da parte di certe curve, il pretesto per le istituzioni di varare decreti anticostituzionali (vedi libertà di espressione scritta e verbale!!!) e conferire poteri speciali alle forze dell’ordine (vedi Daspo preventivi, sommari, arbitrari e ingiustificati!!!!!).



Non ci avrete mai come volete voi!!!


Curva Nord Lauro Perini

lunedì 26 novembre 2007

Sabato 24 Manifestazione contro le violenze sulle donne


Effetto palco, fuori programma

di Ida Dominijanni

su Il Manifesto del 25/11/2007



Si fa presto a dire «intolleranza», come fa la presidente del Telefono Rosa, o addirittura «ingiustificabile prevaricazione», come fa la presidente dei senatori dell'Ulivo Anna Finocchiaro. Si fa presto a giocare con le parole, come fa la ministra Melandri, dando delle «violente» alle militanti anti-violenza che l'hanno contestata. Si fa presto a titolare sulle contestazioni a Melandri, Turco, Pollastrini, Prestigiacomo, come fanno in coro le tv, dopo aver contribuito con le dirette a mettere al centro della scena le politiche di professione.
La verità è che le organizzatrici erano state chiare nelle loro intenzioni della vigilia: non volevano tra loro personalità politiche che avessero aderito al family day, che avessero preso posizioni familiste contrarie vuoi all'autodeterminazione femminile vuoi al riconoscimento di gay trans e lesbiche, che avessero dato il loro ok al pacchetto sicurezza, che avessero dato fiato alle campagne razziste anti-migranti in nome della tutela delle donne. Non erano esclusioni ad personam, e nemmeno riportabili alle consuete discriminanti dello scacchiere politico, destra-sinistra o governo-opposizione. Erano discriminanti politiche di merito, rivolte a destra e a sinistra, all'opposizione e al governo, che sarebbe stato opportuno prendere sul serio, perché sul serio vincolavano il programma anti-violenza della manifestazione a un orientamento anti-familista, anti-omofobico, anti-securitario, anti-razzista.
Ministre ed ex-ministre non l'hanno preso sul serio, bypassando allegramente i loro trascorsi familisti (Prestigiacomo) e le loro connivenze securitarie (Turco, Pollastrini, Melandri). E figurandosi - al solito - una manifestazione di donne come un giulivo raduno impolitico, tenuto insieme dal minimo comun denominatore del no alle botte e agli stupri e indifferente al (o manipolabile dal) modo in cui la politica istituzionale declina quotidianamente il tema della violenza. Ci hanno aggiunto infine il sale e il pepe dell'arrivo al corteo sotto scorta (Prestigiacomo, anche se su questo particolare le testimonianze divergono), e dell'automatico accomodarsi sotto i riflettori de La7 (Turco, Pollastrini e Melandri). Come non avessero mai sentito dire, queste ultime, che alle forme della rappresentazione mediatica il movimento femminista è da sempre sensibile quanto e più che alle forme della rappresentanza politica. E che se una manifestazione sceglie di concludersi in una piazza senza palco e senza leader, non è per fare spazio a una leadership di governo su un palco televisivo.

lunedì 19 novembre 2007

Il nostro Sarkò ha promesso!


Il buon Sarkozy Apuano, durante le celebrazioni del 63° anniversario della prima liberazione della città, incalzato dalle domande della giornalista di Antenna3 Cinzia Chiappini, ha promesso che si occuperà del caso delle scritte neofasciste dai noi denunciato. Stasera alle 19.55 il TG che conterrà l’intervista. Diretta disponibile anche in streaming (clicca qui) all’indirizzo http://www.antenna3.tv/mainSite/index.php .

Sabato 17 novembre. Un bilancio in cifre.



Come sempre quando si assiste ad un evento importante, di rilievo nazionale, è riflesso quasi incondizionato andarsi a vedere come la stampa tratta dell’argomento. Spassosa constatazione della distanza-vicinanza che lega il lettore al giornalista. Aprendo il Giornale on-line (clicca qui per andare all’articolo) si assiste ad un curioso bilancio del corteo di Genova. Inoltre Sabato si è svolta la strabiliante raccolta di firme di Silvio per mandare a Casa il governo Prodi…tralasciando l’acume politico dimostrato in queste ore hihihih :-) . Anche qui ci sono dei numeri su cui ragionare.

Prendendo spunto dai dati riportati, armato di calcolatrice, mi permetto di fare qualche divisione:

-50.000 + o – i manifestanti arrivati nel capoluogo ligure

-20.000 quelli stimati dalla questura

>Cambio internazionale praticato 2,5 , hanno fatto di peggio.

-800 i poliziotti in borghese presenti al corteo

-20.000 i manifestanti

> Poliziotti in borghese 1 su 28 partecipanti , ma non era un corteo per “infagare le forze dell’ordine”. A leggere questi numeri si direbbe che la DIGOS è l’organizzazione che ha portato più persone al corteo, prossima volta vogliamo anche lo striscione e il camion con la musica!

-200.000 euro di costi al comune di Genova causati dal corteo secondo la Dot.ssa Mariangela Danzì

-30.000 per gli straordinari dei 100 Vigili impiegati.

-30.000 per gli straordinari dei 60 spazzini


>un vigile costa 300 euro di straordinario a giornata

>uno spazzino 500 !! e poi dicono che questi lavoratori dipendenti non arrivano a fine mese…

>e i restanti 140.000? il Giornale non si interroga. Ah sì sono le cene che ha pagato il comune per rifocillare i manifestanti dopo 4 ore di Tramontana. Grazie dot.ssa DANZI!

E quanto sono costati i 700 lavoratori in borghese che non hanno dovuto muovere un dito? Non è una domanda lecita probabilmente.

Passiamo ora a valutare invece le 8.000.000 di firme. Accidenti 8 milioni di firme un italiano su 7 è andato al gazebo. A Carrara siamo si e no 60.000 a massa idem ,giusto?, ergo per stare in media sarebbero dovute andare circa 8.500 persone per città. Considerando che FI è anche il primo partito a Carrara! Dai facciamo circa 7.000. Se andiamo a vedere gli appuntamenti del banchetto dal sito degli Azzurri di Carrara (clicca qui ci sono anche le foto con le interminabili code :-) vediamo che i banchetti per firmare tra Sabato e domenica sono stati aperti:

Sabato 17 Novembre dalle ore 9.00 via Roma - piazza Matteotti

E dalle ore 15.00 piazza Ingolstad c/o Lombardi

Domenica 18 Novembre – dalle ore 15.00 via Roma - piazza Matteotti e dalle ore 15.00 piazza Ingolstad c/o Lombardi.

Ergo circa 16 ore di attività, 960 minuti, quindi circa 8 persone al minuto 7,5 secondi a firma! Dico, almeno un briciolo di coda si sarebbe dovuta creare, o no?

Mi spiegate perché Sabato mattina a Massa, in piazza Aranci ho osservato due poveri disgraziati al freddo sotto il gazebo con nessuno di fronte per almeno mezzora, e a Carrara domenica pomeriggio con l’apertura dei negozi durante una fiera, una discreta quantità di persone in giro, ho assistito alla stessa triste scenetta?

Misteri della numerologia Berlusconiana!

K.

venerdì 16 novembre 2007

Il triangolo nero

Violenza, propaganda e deportazione. Un manifesto di scrittori, artisti e intellettuali contro la violenza su rom, rumeni e donne.

Per firmare la petizione clicca qui.


La storia recente di questo paese e’ un susseguirsi di campagne d’allarme, sempre piu’ ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando “emergenze” e additando capri espiatori.
Una donna e’ stata violentata e uccisa a Roma. L’omicida e’ sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena e’ la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L’odioso crimine scuote l’Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.
Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena e’ stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignita’? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che e’ italiana, e che l’assassino non e’ un uomo, ma un rumeno o un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all’uscita di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome, senza storia, senza umanita’. Delle loro condizioni, nulla e’ piu’ dato sapere.
Su queste vicende si scatena un’allucinata criminalizzazione di massa. Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell’ordine sgomberano la baraccopoli in cui viveva il presunto assassino. Duecento persone, tra cui donne e bambini, sono gettate in mezzo a una strada.
E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i rumeni sono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono essere espulsi dall’Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra gareggiano a chi urla piu’ forte, denunciando l’emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalita’ (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli piu’ bassi dell’ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L’omicidio volontario in Italia e l’indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima e’ una donna; piu’ di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro e’ sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide piu’ della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto.
Nell’estate 2006 quando Hina, ventenne pakistana, venne sgozzata dal padre e dai parenti, politici e media si impegnarono in un parallelo fra culture. Affermavano che quella occidentale, e italiana in particolare, era felicemente evoluta per quanto riguarda i diritti delle donne. Falso: la violenza contro le donne non e’ un retaggio bestiale di culture altre, ma cresce e fiorisce nella nostra, ogni giorno, nella costruzione e nella moltiplicazione di un modello femminile che privilegia l’aspetto fisico e la disponibilita’ sessuale spacciandoli come conquista. Di contro, come testimonia il recentissimo rapporto del World Economic Forum sul Gender Gap, per quanto riguarda la parita’ femminile nel lavoro, nella salute, nelle aspettative di vita, nell’influenza politica, l’Italia e’ 84esima. Ultima dell’Unione Europea. La Romania e’ al 47esimo posto.
Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo?
Succede che e’ piu’ facile agitare uno spauracchio collettivo (oggi i rumeni, ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi) piuttosto che impegnarsi nelle vere cause del panico e dell’insicurezza sociali causati dai processi di globalizzazione.
Succede che e’ piu’ facile, e paga prima e meglio sul piano del consenso viscerale, gridare al lupo e chiedere espulsioni, piuttosto che attuare le direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all’assistenza sanitaria, al lavoro e all’alloggio dei migranti; che e’ piu’ facile mandare le ruspe a privare esseri umani delle proprie misere case, piuttosto che andare nei luoghi di lavoro a combattere il lavoro nero.
Succede che sotto il tappeto dell’equazione rumeni-delinquenza si nasconde la polvere dello sfruttamento feroce del popolo rumeno.
Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio rumeno e’ vittima di un omicidio bianco.
Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene costrette a prostituirsi, meta’ delle quali minorenni, sono cedute dalla malavita organizzata a italianissimi clienti (ogni anno nove milioni di uomini italiani comprano un coito da schiave straniere, forma di violenza sessuale che e’ sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere).
Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani - dopo aver “delocalizzato” e creato disoccupazione in Italia - pagano salari da fame ai lavoratori.
Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti capipopolo giocano agli apprendisti stregoni per avere quarti d’ora di popolarità. Non si chiedono cosa avverrà domani, quando gli odi rimasti sul terreno continueranno a fermentare, avvelenando le radici della nostra convivenza e solleticando quel microfascismo che e’ dentro di noi e ci fa desiderare il potere e ammirare i potenti. Un microfascismo che si esprime con parole e gesti rancorosi, mentre gia’ echeggiano, nemmeno tanto distanti, il calpestio di scarponi militari e la voce delle armi da fuoco.
Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come con gli armeni in Turchia nel 1915, come con serbi, croati e bosniaci, reciprocamente, nell’ex-Jugoslavia negli anni Novanta, in nome di una politica che promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di liberta’, dignita’ e civilta’; che rende indistinguibili responsabilita’ individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi; che invoca al governo uomini forti e chiede ai cittadini di farsi sudditi obbedienti.
Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell’intolleranza il triangolo nero degli asociali, il marchio d’infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei rom.
E non sembra che l’ultima tappa, per ora, di una prolungata guerra contro i poveri.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la dismissione dell’intelligenza e della ragione.
Delitti individuali non giustificano castighi collettivi.
Essere rumeni o rom non e’ una forma di “concorso morale”.
Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
Nessun popolo e’ illegale.

giovedì 15 novembre 2007

Missione quasi compiuta…










Carrara 15/11/07

Missione quasi compiuta…

Seconda lettera aperta al sindaco del Comune di Carrara

Caro sindaco nonostante i nostri solleciti le siano stati inoltrati da oltre due mesi, nonostante la nostra prima lettera aperta non abbia avuto ancora risposta, le possiamo comunicare che Sabato pomeriggio abbiamo ripulito altre zone della città offese da scritte razziste e simboli offensivi per la storia e la cultura cittadina. Come sempre lo abbiamo fatto a nostre spese e a nostro rischio, ma tutto è andato per il verso giusto.

Se vorrà fare un giro sotto la galleria del Lombardi di Marina di Carrara, sui muri della D’Avenza sulla via Aurelia, sui muri della Ragioneria sul viale XX Settembre, sotto il sottopasso ferroviario da Baudoni potrà verificare di persona.

Purtroppo altre deturpazioni continuano a fare “bella mostra” in zone di interesse turistico, come sulla scultura in marmo bianco “La Vela” sulla passeggiata di Marina di Carrara che per ragioni di competenza tecnica, così come per il Murales di Battilana, non possiamo curare direttamente.

Le rinnoviamo pertanto un caldo invito a rendere effettive le operazioni di pulizia in questione per il decoro morale e civile prima che paesaggistico della città.

Invitiamo inoltre la cittadinanza ad inviarci segnalazioni di deturpazioni all’indirizzo e-mail: collettivo.carrara@gmail.com, provvederemo nei limiti della nostra competenza tecnica, delle nostre disponibilità economiche e del nostro tempo a rimuovere ulteriori incresciosi ed incivili messaggi che dovessero apparire in città.

Sempre pronti a difendere la storia e la cultura aperta, laica, tollerante e antirazzista della nostra città .

ANPI Giovani Carrara

Giovani Antifascisti

Fermiamo il degrado!



Carrara, 3 novembre 2007

Lettera aperta al Sindaco della Città di Carrara.

Come antifascisti dell’ “A.N.P.I. Giovani” sentiamo un forte disagio perchè il volto della nostra città -recentemente decorata con la massima onorificenza al valor civile per l’impegno nella lotta di liberazione- viene infangato da messaggi fortemente lesivi della dignità del nostro popolo e della nostra storia. Queste offese sono segni esteriori di un disagio profondo che cova nella nostra società e a cui la nostra città non è immune. Questo è inaccettabile. Non sarà certo cancellando una scritta che si porrà rimedio alle difficili questioni che la nostra generazione si trova di fronte: disoccupazione, sfruttamento, precarietà, privilegi contro miseria, mercato immobiliare fuori controllo, microcriminalità unite all’impotenza della politica. Ma è un azione che non possiamo esimerci dal compiere.

Purtroppo le risposte che recentemente vengono prospettate, ci paiono assolutamente inadeguate. Non sono divieti e multe a far cambiare la mentalità di chi non rispetta la propria città, ma piuttosto la coscienza della propria identità e della propria storia.

-Coscienza che si può trasmettere attraverso parole, oppure per fatti concreti, che non esitiamo a mettere in pratica.

-Identità che non è chiusa, che vede nella Resistenza le sue radici, nella Costituzione il suo spirito, nella tolleranza e nel rispetto per diversità e minoranze la sua ragione.

Con questo gesto abbiamo ribadito cosa significhi per noi essere giovani che si riconoscono nei Valori per cui i “nostri vecchi” hanno dato la vita 60 anni fa. Lo abbiamo fatto con un azione, un esempio, senza tanti giri di parole:

-su viale Potrignano, (1,2,3)

-sulle strade di Torano, (4,5)

Con la speranza che anche a chi ricopre le cariche nelle istituzioni che sono il frutto di quella lotta di liberazione, stiano a cuore quei Valori che hanno ispirato la Resistenza: tolleranza, antirazzismo e rifiuto di soluzioni demagogiche. Invitiamo il comune a curarsi maggiormente del decoro morale della città e indichiamo come prima opera da un restauro il Murales del Muraglione che per ovvie ragioni logistiche non possiamo curare direttamente.

A.N.P.I. Giovani Carrara

Giovani Antifascisti