Visualizzazione post con etichetta pace. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta pace. Mostra tutti i post

mercoledì 5 marzo 2008

Álvaro Uribe e George Bush vogliono Ingrid Betancourt morta

Interessantissimo articolo
di Gennaro Carotenuto
di cui si consiglia fortemente la visione (clicca qui)




Il fatto saliente della crisi andina non sono i carrarmati. Il fatto politico saliente è che la Colombia (con la qualificata eccezione degli Stati Uniti) è completamente isolata nel continente. Ed è completamente isolata perché l’ha fatta grossa. Dal Cile al Brasile tutti temono la volontà di escalation militare e il tentativo di incendio della regione voluto da Bogotà ed esprimono tale preoccupazione alla OEA. L’altro fatto politicamente saliente è che, come avevamo anticipato già una settimana fa, il presidente colombiano Álvaro Uribe e quello statunitense George Bush stanno mettendo in atto una strategia che impedisce deliberatamente la liberazione dei sequestrati delle FARC, a partire da Ingrid Betancourt, e anzi ne auspica la morte.

Adesso è tutto chiaro. Secondo quanto ha denunciato il presidente ecuadoriano Rafael Correa le trattative con le FARC per portare alla liberazione di Ingrid Betancourt erano ad un passo dal raggiungere l’obbiettivo. Ha rincarato la dose il portavoce del Ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner: “Álvaro Uribe era a conoscenza del fatto che Raúl Reyes [che appena poche ore prima aveva parlato con il ministro stesso], era il mediatore (come già lo fu per anni nell’epoca di Pastrana)”, ed è per questo che si è preso il rischio di una crisi internazionale uccidendolo.

Quindi il governo colombiano ha innescato una cortina di fumo di menzogne, da quella della morte in combattimento di Reyes, facilmente svelata, i guerriglieri sono stati uccisi nel sonno, a quelle più fantasiose. Tra queste quella che Hugo Chávez starebbe addirittura finanziando la bomba atomica delle FARC. E’ evidente che quando c’è di mezzo il petrolio, gli Stati Uniti cercano sempre di accoppiare il pericolo atomico per trovare buone scuse per un’aggressione militare, diretta o per interposta persona.

Ieri non solo Ecuador e Venezuela, ma con durezza anche Brasile ed Argentina e perfino la moderatissima cilena Michelle Bachelet, solitamente distante dai governi integrazionisti, si sono schierati fermamente contro Bogotà. Lo hanno fatto appoggiando anche le decisioni più dure di Ecuador e Venezuela, come la rottura di relazioni diplomatiche con la Colombia, considerandole giustificate di fronte alla gravità dell’aggressione dell’esercito di Uribe. Questo è l’unico armato fino ai denti nella regione e il rapporto in spese militari tra Colombia e Venezuela, in cifra assoluta, è di 4 a 1, senza contare gli aiuti statunitensi al primo.

Tanto più resta isolato nel continente, tanto più Álvaro Uribe alza i toni e si appoggia a George Bush e alla traballante ideologia della guerra al terrorismo che dall’Afghanistan a Gaza, dall’Iraq alla selva colombiana ha raccolto solo fallimenti e lutti. Ieri, nel vertice della OEA (Organizzazione degli Stati Americani), convocato d’urgenza per discutere dello sconfinamento dell’esercito colombiano in Ecuador, solo un veto da guerra fredda opposto dagli Stati Uniti ha impedito una condanna senza appello della Colombia. Uribe non poteva essere più soddisfatto: “appoggiamo completamente il governo colombiano e il presidente Uribe”, ha affermato l’ambasciatore statunitense alla OEA. Tutto il resto per Uribe non conta.

Non è obbligatorio dar credito alla famiglia Betancourt, che disperatamente denuncia il “sabotaggio” di Uribe alla liberazione di Ingrid. Non è obbligatorio neanche dar credito a Correa quando dice che “la liberazione di Ingrid Betancourt era ad un passo”. Non è neanche obbligatorio dar credito a Chávez o al ministro francese Kouchner. Ma è obbligatorio dar credito ai fatti degli ultimi mesi. Di fronte a una sequenza di aperture da parte delle FARC, due liberazioni di sequestrati in gennaio e quattro in febbraio, e all’azione sempre più positiva di un concerto di paesi che, capitanati dall’odiato Chávez va dalla Francia all’Argentina, dall’Ecuador alla Svizzera, stava aprendo una prospettiva di pace, il regime colombiano ha prima fatto muro e poi è passato all’azione uccidendo l’uomo della mediazione. E lo ha fatto “internazionalizzando il conflitto” che è proprio quello che da oltre un decennio gli Stati Uniti vogliono (dal Plan Colombia in avanti) e soprattutto il Brasile vuole evitare.

In queste ore si possono leggere alcune rivalutazioni da parte di alcuni media, anche di sinistra, che in precedenza avevano scelto di stare con il neoliberale e narcoparamilitare regime colombiano, considerandolo un utile cordone sanitario verso quello bolivariano di Caracas. In questo caso non è questione di esprimere giudizi politici su Hugo Chávez e il suo movimento, i limiti, gli errori o i risultati conseguiti in questo decennio. In questo caso ci troviamo di fronte a due opzioni politiche chiare. Da una parte c’è il partito della guerra al terrorismo, quello di Uribe e Bush, dall’altra c’è quello della trattativa e della persecuzione di un difficile processo di pace in Colombia, che è quello dei governi integrazionisti latinoamericani.

Chi scrive ha più volte espresso un giudizio negativo delle FARC. Nonostante le peculiarità della situazione colombiana e la sterminata violenza della quale oligarchie e narcotraffico sono capaci, per la Colombia una guerriglia con quelle caratteristiche è una parte del problema e non la soluzione. Nonostante sia colpevole in maniera documentata forse del 5% della violenza nel paese, laddove il 95% è documentatamente responsabilità della narcopolitica e del terrorismo di Stato, la guerriglia non aiuta a risolvere i problemi del paese soprattutto quando si macchia di crimini come il sequestro di persona. Detto ciò le FARC esistono e sussistono tutte le condizioni date dal diritto internazionale per considerarle una forza belligerante. Solo l’ipocrisia della guerra al terrore impedisce di farlo. Anche adesso, di nuovo, delle due l’una, o si sta con il dialogo che può aprire una prospettiva di pace, o si sta con l’escalation e lo sterminio, ovvero con Uribe e Bush.

giovedì 10 gennaio 2008

Chavez 2 - Uribe 0

Chavez 2 - Uribe 0
Sono liberi i due ostaggi delle Farc che la guerriglia colombiana aveva promesso di consegnare al presidente venezuelano Hugo Chavez.!!!!!!!!

domenica 16 dicembre 2007

Dal corte di vicenza

Siamo tornati ieri sera verso mezzanotte, così mi guardo un po' di giornali, pare che la manifestazione non ci sia stata... per raccontare il corteo ci affidiamo ad un grottesco articolo dedicato dal Giornale. Schizzofrenico come ogni buon pezzo del Tg4 quando tratta di sinistra della sinistra. Ottimo esempio di anti-giornalismo italiano.
Da notare la chicca finale del topos letterario che vuole i cittadini "bene" delle città invase -da orde di estremisti- rimanere disturbate difronte a cotanto anacronismo, mentre fanno l'attività che si addice ad ogni buon cittadino onesto, lo shopping!!!


Il popolo del «No» sfila a Vicenza: «Prodi traditore»
«Votan per la guerra, marcian per la pace: il centrosinistra è peggio dell'antrace». Pescando fior da fiore, abbiamo scelto un incipit soft e dalla divertente rima, certi che il lettore, non avvezzo al turpiloquio, apprezzerà.
Ma il resoconto del gran raduno anarchico, centrosocialesco, verderosso e no global di Vicenza dovrebbe, per onestà di cronaca riportare, tra le virgolette d'obbligo, tutte le pesantissime, testuali parole con cui il presidente Napolitano, Prodi e il suo governo «traditori dell'Italia e degli elettori» sono stati fatti a pezzi e presi a calci da quarantamila persone (per qualcuno ventimila, per altri ottantamila) che hanno protestato contro la nuova base americana a Vicenza che troverà collocazione nell'area dell'aeroporto civile Dal Molin. Lo spirito è un puro antiamericanismo di maniera.
Cominciamo dalla fine, dalla ciliegina sulla torta, di questa carnascialata, giustamente conclusa, in quanto tale, da un forbita prolusione di Dario Fo. «È questo un governo che fa di tutto per essere disprezzato perché ha tradito tutte le promesse. Un governo - sbotta dal palco di piazza Stazione il premio Nobel - a cui io dico: figli di puttana, voi avete distrutto il rapporto di fiducia con chi vi aveva scelto e votato. Noi non vi vogliamo più, non vi accettiamo più. Siete solo dei bugiardi». È soltanto il là. Il là che consente anche a don Andrea Gallo di andar su con la voce, apostrofando allo stesso modo di Dario Fo «i nostri responsabili». Vescovi e gerarchie ecclesiastiche, tutti figli di.... Anche loro? Mah.
Certo che oramai la quinta è innestata tanto che Cinzia Bottene, portavoce del presidio permanente “No al Dal Molin” rimanda al mittente, cioè al sindaco di Vicenza Enrico Hüllweck, le accuse di «imbecillità» che aveva rivolto ai più esagitati tra i suoi concittadini. E, a proposito di missili, ne lancia uno contro Napolitano: «Torni al suo posto. Torni a fare il garante della Costituzione e la smetta di fare la first lady del presidente Bush».
Nel corteo si eccitano gli animi, suonan le grancasse, i tamburi. E persino i saxofoni che accompagnano i vari Bella Ciao e Bandiera rossa. Mentre i bar proletari, sui camion al seguito, propongono a cinque euro bottiglioni di vino. Rosso naturalmente. Che il variegato popolo dei contestatori si passa fraternamente di bocca in bocca. Marciando al freddo e al gelo in una Vicenza distratta. E anche un po' scocciata."