In questi primi mesi di attività il governo Berlusconi ha già eroso alcuni dei pilastri fondamentali della nostra Costituzione democratica. Il decreto sicurezza, che con le schedature e le impronte ai rom, adulti e bambini, e l'introduzione del reato di immigrazione clandestina, ha alimentato in misure intollerabili i fenomeni di razzismo e sessismo (come ci dimostrano gli assalti ai campi rom, la vicenda di Abdul Guibrè, ucciso qualche giorno fa a Milano, le aggressioni ai gay nelle strade di diverse città italiane). La «manovra finanziaria» che, a fronte di una crisi economica mondiale senza precedenti, aggrava le condizioni materiali di vita dei lavoratori, dei pensionati e dei giovani, non intervenendo sul «caro vita» e nello stesso tempo riducendo le risorse per i beni pubblici. Il federalismo stesso, che si prospetta minaccioso poiché contribuisce a tagliare risorse ai Comuni spingendoli a ridurre i servizi sociali, a privatizzare le municipalizzate e ad alienare il patrimonio pubblico. L’attacco concentrico al contratto collettivo nazionale e al ruolo del sindacato, come dimostra la vicenda Alitalia. Il disegno di legge Aprea, che trasforma le scuole in fondazioni, con l’ingresso dei privati nei C.d.A.
Si tratta di un vero e proprio «laboratorio» di politiche di destra, aggressive e populiste, avallato in tutto dalla Confindustria, che trova crescente consenso facendo leva sulle paure e le insicurezze degli strati sofferenti della popolazione.
A questo non si è contrapposta sino ad ora alcuna reale opposizione parlamentare. Non quella del Pd, che ha scelto una linea emendativa, che considera Berlusconi un avversario normale, non comprendendo la eccezionalità e la profondità della modificazione intervenuta nel Paese (un vero e proprio «regime leggero», come lo ha definito Fausto Bertinotti sull’ultimo numero di Alternative), e che spesso gli si è contrapposto scavalcandolo a destra, come sui temi della violenza negli stadi e del rapporto tra Italia e Libia.
Non l’Italia dei Valori, da un lato imbrigliata nel puro giustizialismo e dall’altro lato – sul terreno delle proposte di carattere economico e sociale – ancorata ad una prospettiva classicamente moderata e conservatrice.
Qui si colloca il ruolo di Rifondazione Comunista e del fronte ampio della sinistra alternativa. Nelle settimane scorse è stato promosso un appello – lanciato attraverso la grande assemblea del Brancaccio del 14 settembre – teso ad attivare forze per una mobilitazione di lungo periodo contro il governo Berlusconi e le politiche della Confindustria. Un appello, cui il Prc ha immediatamente aderito, compilato allo scopo di segnare un colpo dopo il disastro di aprile e di ricostruire, nella pratica del conflitto di piazza, un fronte largo di opposizione.
La manifestazione dell'11 ottobre nasce dalla volontà di ricostruire una presenza adeguata della sinistra – e in particolare del Prc – nell’agenda del conflitto politico e sociale, e per questo individua con chiarezza le priorità di lotta: razzismo e pace, lavoro, caro-vita e salari, scuola, autodeterminazione delle donne e lotta alla violenza maschile, lotta contro le leggi ad personam e il rischio di uno snaturamento anticostituzionale della nostra democrazia.
Per dare voce e corpo ai problemi concreti che coinvolgono la vita quotidiana di donne e uomini, comunità e soggetti a cui vogliamo dare rappresentanza politica una manifestazione non è sufficiente. Ma oggi, in questo stato di crisi e regressione democratica, la manifestazione dell’11 ottobre risulta essenziale.
Essenziale per il Paese, per i lavoratori, i giovani precari, i disoccupati, ed essenziale per il nostro Partito, che ha pagato – con la sconfitta traumatica di aprile – tutta la fragilità del progetto dell’Arcobaleno e la sua incapacità di provare una qualche utilità sociale e di suscitare rapporti di «connessione sentimentale» con il nostro elettorato.
A questa manifestazione aderiamo convintamente come Giovani Comuniste/i, lavorando per mobilitare il più ampio numero di compagne e compagni e per costruire in piazza un nostro spezzone (che abbia per tema innanzitutto l’opposizione alla riforma Gelmini, al ddl Aprea e ai tagli di Tremonti) aperto a tutte/i coloro che condividono con noi la volontà di aprire una fase di conflitto sociale e politico, in primo luogo nelle scuole, nelle università, nei luoghi del lavoro precario e in tutti gli spazi della nostra generazione.
Simone Oggionni
Amedeo Babusci
Iacopo Di Gaspero
Daniele Maffione
Alessandro Serra