martedì 27 novembre 2007

Los angeles 1992-Parigi 2007




Politiche diverse
Stessi risultati.

La repressione non paga!




L’esercito delle banlieue

di Gianni Marsilli

su l'Unità del 28/11/2007

Molotov e petardi, pietre e sbarre di ferro, ma anche fucilate. Bruciano automobili scuole e biblioteche ma ci sono proiettili che mirano ad uccidere il flic, il «porco» in uniforme. La rabbia del 2005 è ancora lì, intatta e rovente. Ma si è fatta più lucida e affilata, quasi omicida. La rivolta potrebbe essere meno estesa della sollevazione di due anni fa.
Ma anche più cattiva e determinata, non solo nichilista e disperata. Dicono le cronache che quelle centinaia di ragazzi - tutti neri o maghrebini - che hanno messo a ferro e fuoco Villiers-le-Bel stavolta hanno avuto il sostegno della gente intorno, come si aiutano i resistenti. Perché nulla è cambiato da due anni a questa parte, malgrado le promesse e i cantieri per nuovi alloggi popolari e le leggi - non applicate - che incoraggiano l’occupazione. Si vive sempre male, disoccupati ed etnicamente separati, in banlieue. Anche se si è francesi a tutti gli effetti. Capita allora che un incidente diventi una provocazione, qualsiasi sia stata la sua dinamica. Che la violenza sia spontanea, scontata, pavloviana. Era colpa dei poliziotti? Pare di no, pare. Ma non ha più molta importanza. La scintilla è scattata e l’incendio è scoppiato, travolgendo torti e ragioni.
Oggi Nicolas Sarkozy, appena rientrato dal suo viaggio in Cina, dovrebbe ricevere all’Eliseo le famiglie dei due ragazzi morti domenica sera. Prima, avrà reso visita ai gendarmi feriti, in particolare ai sei impallinati da un ignoto fucile da caccia. Sarkozy, si spera, è il primo a sapere che il tempo cammina molto in fretta, nelle banlieues. Che l’esperienza del 2005 non ha più molto da insegnare. Che le grandi manovre di anti-guerriglia urbana di migliaia di gendarmi non servono più a gran cosa, davanti a ragazzi pronti a diventare snipers. Che la faccenda, quindi, potrebbe farsi molto più pericolosa in questo autunno. Che il ministero degli Interni è in mano a Michèle Alliot Marie, che prima reggeva la Difesa, ed è portata a confondere i rivoltosi delle periferie con truppe di un esercito nemico. Alliot Marie ha cominciato male. Lunedì, già prima degli scontri più aspri, li aveva archiviati nella cartella della «delinquenza organizzata». Quei ragazzini di tredici, quindici anni relegati al rango di spacciatori, ladri, banditi. Ha così negato implicitamente l’esistenza del disagio nel quale vivono, che è grande. È parsa scordare che ci sono aziende che catalogano le richieste di lavoro a seconda del colore della pelle: nella colonna 1 i neri, in quella 2 i maghrebini, in quella 3 gli asiatici, nella 4 i «pure whites», come dire gli ariani. Che i senza lavoro toccano punte del 40-50 per cento. Che le ZUS (zone urbane sensibili) comprendono cinque milioni di francesi. Per questo l’Eliseo ha tenuto a far sapere che da Shanghai Sarkozy aveva telefonato ad Alliot Marie, e le aveva rivolto «un certo numero di raccomandazioni». La signora ministro è insomma sotto stretta tutela. Al timone è tornato lui, il suo predecessore diventato presidente. Con un rischio: che alzando il livello della gestione della crisi, si alzi anche il livello dello scontro. Malgrado la linea di Sarkozy, che si vorrebbe meno aggressiva di due anni fa, quando annunciava a gran voce di voler «ripulire» quei quartieri, come si disinfesta un tugurio.
Era stato lo stesso Sarkozy, però, a promettere in campagna elettorale un grande «piano Marshall» per le banlieues, del quale non si è vista ancora traccia. Ci sta lavorando Fadela Amara, ministro alle politiche urbane, di origine algerina, da sempre di sinistra, nel governo grazie alla «ouverture» politica presidenziale. Ma è ancora «in fase di concertazione» con sindaci e associazioni, e non sarà pronta prima di gennaio. Nel frattempo, i sindaci temono il peggio.

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