giovedì 13 dicembre 2007

VITE DA PRECARI, MORTI DA LAVORO


Ancora una volta, 4 ragazzi, 4 operai morti in una tragedia sul lavoro. I 4 della ThyssenKroup si aggiungono ad altre migliaia di uomini e donne, vittime di una battaglia dura e difficile, quella nel luogo di lavoro. Sono quasi mille le lavoratrici ed i lavoratori che dal 1 gennaio ad oggi sono morti perché le imprese non hanno rispettato le norme di sicurezza, perché gli ispettori hanno deciso colpevolmente di chiudere un occhio, perché uomini e donne sono stati ricattati perché precari o in nero e costretti a lavorare in condizioni di pericolo.

Ognuno che viene ucciso, è una parte dei diritti di tutti e tutte noi che se ne vanno. La democrazia, quando anche la vita è a rischio, nel silenzio di una solitudine, non esiste più. Un grido di dolore, di indignazione, di solidarietà deve farsi lotta collettiva. Possiamo farlo, vogliamo dire basta.

Sappiamo riconoscere le responsabilità, gli operai di Torino le hanno denuciate, noi vogliamo farlo con loro.

La prima quelle di molte imprese che in questo paese rincorrono il profitto ad ogni costo, anche al costo della vita dei propri lavoratori, che continuano a chiedere risorse ad ogni finanziaria, che non spendono per garantire sicurezza e fare prevenzione, che sfruttano lavoratori e lavoratrici. Si apre un baratro se la ThyssenKroup può permettersi di chiedere, dopo una tragedia così, che l'industria riapra, che gli operai tornino in fabbrica, che i profitti continuino a crescere. 'Portafoglio pieno e senza cuore', ha ragione il padre di Bruno Santino. Ogni imprenditore nella cui impresa si verifica un incidente sul lavoro per negligenza nella garanzia delle norme di sicurezza, è per noi il responsabile morale e penale della morti bianche. Omicidi dunque che hanno dei mandanti e degli assassini, lo Stato italiano non può non perseguirli.

E ancora altre numerose responsabilità. Il governo che ha varato norme severe ma che poco o nulla ha fatto perché queste fossero rispettate. Il parlamento che chiude gli occhi di fronte alla precarietà e al ricatto che l'accompagna, che fa mostra di non vedere quando il tempo di lavoro invade l'intero tempo della vita, quando precari e precarie fanno lavori massacranti, pericolosi, con orari indecenti per un paese civile, accanto a macchine di morte: chi non fa nulla quando il lavoro diventa una moderna schiavitù porta con sé una responsabilità politica imperdonabile e inaccettabile. Pacchetto Treu, legge 30, l'ultima colpevole beffa con il protocollo sul welfare, dove si è impedito di fare passi in avanti sostanziali, firmato anche da tutte le parti sociali. Che si può dire ora della detassazione degli straordinari? Che si può dire di chi continua a negare un'organizzazione del lavoro democratica? Che si può dire di chi pensa che va impedita l'organizzazione del conflitto sociale dentro e fuori il lavoro?

Confidustria intanto ha continuato a ripetere negli ultimi mesi una sfacciata litania: 'guadagna di più chi lavora di più'. Noi sappiamo invece che 'vive di meno chi lavora di più', l'abbiamo sempre saputo, lo sappiamo ora con il dolore di quei quattro ragazzi morti nel cuore, con altre 3 vite appese ad un filo, lo sappiamo anche con le storie di chi continua a vivere con stipendi da fame, nell'ansia di un lavoro precario dietro l'altro, di una collaborazione a progetto sopra l'altra. Di chi lotta per una formazione, nella scuola e nell'università, che non sia pensata in funzione del mercato del lavoro, per la produzione di profitto. Per questo è prioritaria la riscrittura totale dell'attuale rapporto tra il mondo del lavoro e la formazione.

Migliaia sono le studentesse e gli studenti in stage, sfruttati e senza diritti, inseriti nei cilcli produttivi per garantire alle imprese manodopera a costo zero.

E' prioritario, quindi, che il governo accolga la nostra proposta di statuto dei diritti per gli studenti in stage, mettendo fine ad un'altra anomalia italiana, inedita in Europa.

Sono troppi i luoghi dove il tempo di lavoro diventa solo l'incubo dello sfruttamento e la vita, così, poco a poco scompare perché scompare il futuro e il presente diventa solo un soffrire per pagare l'affitto.

Sentiamo un legame tra noi e quegli operai che gridavano la propria rabbia al corteo di Torino.

Manifesteremo venerdì 14 dicembre, in coincidenza delle due ore di sciopero nazionale indette dai sindacati dei metalmeccanici, davanti a tutte le sedi di quella Confindustria che ci vorrebbe tutti e tutte invisibili. Il Governo faccia subito ciò che deve, investa risorse in questa finanziaria perché le norme sulla sicurezza siano rispettate, prenda provvedimento per diminuire l'orario di lavoro giornaliero, intervenga per una chiusura dei contratti nazionali favorevole ai lavoratori, cancelli le leggi che producono precarietà, costruisca un welfare innovativo che sottragga tutti e tutte dal ricatto e dall'insicurezza.

Noi non staremo ad aspettare, il futuro è ciò che chiedono indietro gli operai di Torino, ciò che anche noi vogliamo riprenderci!

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